Arriva da Modena il primo forte segnale di reazione dei colletti bianchi all’infiltrazione mafiosa tra le loro fila. «Il Professionista, gli Ordini e Collegi della Provincia di Modena e i loro rappresentanti riconoscono fra i valori fondanti della professione intellettuale il rifiuto di ogni rapporto con organizzazioni criminali, mafiose e con soggetti che fanno ricorso a comportamenti contrari alle norme di legge e alle norme etiche per sviluppare qualsiasi forma di controllo e vessazione». Così recita il primo articolo della Carta etica sottoscritta dagli Ordini professionali della provincia di Modena. La nuova frontiera del contrasto alla penetrazione mafiosa nel territorio emiliano. Ideata dall’Ordine degli ingegneri di Modena e condivisa dagli altri Ordini professionali, la Carta è destinata a fare scuola. I Professionisti di Modena, iscritti nei rispettivi albi e aderenti al C.u.p. (Comitato unitario delle professioni di Modena) hanno scelto la strada dell’etica. Un documento di undici articoli che, al momento (è stata presentata il 28 gennaio), rappresenta la prima esperienza a livello nazionale.
I Punti salienti
Le professioni si mettono al centro del dibattito sulla legalità e il rispetto delle regole. Già l’anno scorso l’Ordine degli ingegneri di Modena aveva organizzato un incontro sul Ruolo del professionista nel contrasto alle mafie. Il percorso intrapreso dall’Ordine degli ingegneri di Modena quest’anno ha coinvolto anche gli altri professionisti. L’approvazione della Carta etica da parte del C.u.p. non è vincolante, mentre il documento approvato dai singoli Consigli degli ordini vincola il professionista al rispetto della carta. I singoli ordini sono in procinto di approvarla, alcuni hanno già votato e la proposta ha trovato consenso unanime tra i consiglieri. Soltanto i farmacisti, da quanto risulta da alcune indiscrezioni, avrebbero deciso di appoggiare l’iniziativa da esterni senza discutere il documento. «L’Ordine degli ingegneri si è fatto promotore dell’iniziativa, frutto di un percorso iniziato l’anno scorso, a cui gli altri ordini hanno aderito con entusiasmo», spiega Pietro Balugani, presidente dell’Ordine degli ingegneri di Modena.
Tra i punti peculiari della Carta (versione integrale) la previsione, all’articolo 10 comma 1, della radiazione del professionista nel caso di condanna definitiva, di confisca con provvedimento definitivo dei beni e delle proprietà del professionista, la sospensione, anche cautelare, nel caso di condanne non definitive, d’indagini o rinvii a giudizio che riguardano il professionista o di misure cautelari a suo carico per i reati di associazione mafiosa, per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art 416 bis del codice penale e qualsiasi reato aggravato dall’articolo 7 della legge 203/91, ossia l’aver agevolato l’associazione mafiosa.
L’articolo 11 stabilisce che gli ordini possano valutare l’opportunità di costituirsi parte civile nei processi – nei quali sono contestati i reati di cui all’art. 416 bis – a professionisti iscritti all’Albo, qualora ritenessero che il comportamento colluso del professionista connivente abbia procurato un danno a tutta la categoria professionale. Due articoli che potrebbero rappresentare una svolta nel contrasto della mafie dei colletti bianchi. Organizzazioni mafiose che senza appoggi politici e consulenze professionali troverebbero molto più complicato penetrare nel sistema economico e finanziario. Il riciclaggio delle cosche mafiose che salda le due economie: legale e criminale. L’una funzionale all’altra. Due sistemi economici, un tempo ben distinti, che oggi appaiono come unico monolite nel quale boss e faccendieri iniettano liquidità illegale al suo interno.
I professionisti filtro
Di questa compenetrazione abbiamo parlato con Alberto Cisterna, magistrato della Direzione nazionale antimafia. «Il professionista si trova di fronte a tentativi d’investimenti puliti», ha spiegato a Linkiesta. «Il mafioso cerca investimenti legali e per fare ciò ha bisogno di facce pulite, d’insospettabili. Come fa il professionista, se non ha gli strumenti, ad accorgersi che quei capitali sono mafiosi? Ci vuole consapevolezza della situazione per rintracciare i pericoli e i rischi di fronte ai quali si può trovare». La sottovalutazione dei segnali spia e la poca conoscenza delle tecniche utilizzate dalle cosche mafiose per penetrare le opulente economie del Nord facilitano il radicamento dei capitali mafiosi su quei territori. «Per questo – aggiunge il magistrato – le azioni intraprese dagli Ordini dei professionisti di Modena dovrebbero essere prese a modello. I professionisti hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione delle infiltrazioni. E la prevenzione è essenziale per arginare il fenomeno. I professionisti hanno un ruolo di filtro tra l’investimento mafioso e la sua realizzazione. Potrebbero rappresentare il vero argine al radicamento degli interessi mafiosi».
Cosa sarebbe il fenomeno mafioso senza le connivenze politiche, dei professionisti collusi e dei colletti bianchi al soldo delle cosche? «Sarebbe un fenomeno criminale comune che avremmo già risolto. L’obiettivo delle organizzazioni mafiose è il controllo della società: gestione del voto, dell’economia e controllo del territorio. I mafiosi non cercano soltanto la ricchezza economica». Ma esistono ancora due economie, una criminale e una legale? «Quando il denaro è stato riciclato come si fa capire cosa è legale è cosa non lo è?», conclude Cisterna. «La distinzione non è più così netta. I soldi di un evasore e di un mafioso finiscono nel gigantesco calderone dell’economia sommersa italiana. Nel sommerso si trova di tutto, una parte è fatta di capitali mafiosi. Evasori e mafiosi riciclano allo stesso modo». È un’economia fondata sul sommerso. Un fiume nero che scorre sottopelle nell’economia italiana, ingrassandola senza soluzione di continuità.