Ora che Alessandro Campi, l’ideologo di Futuro e Libertà, è con un piede fuori, ora che la testa d’uovo più lucida rimasta nell’area politica di Gianfranco Fini è Mario Ciampi (con la “i”, una iota, a fare la differenza), tornano alla mente le parole di san Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei. Anche una piccola vite – diceva – ha un ruolo importante in una grande impresa: perché se non stringe abbastanza o salta, si allentano i pezzi più grandi e tutto andrà in frantumi. E una “piccola vite” dell’Opus Fini ha voluto assicurarla agli ingranaggi della sua fondazione. Alla direzione del think tank nato tre anni fa, il presidente della Camera ha chiamato proprio il giovane Ciampi, un intellettuale e studioso di politica, profondamente intriso dello spirito dell’Opus, mentre il professor Campi, il politologo, è direttore scientifico.
Classe 1976, lontanissime radici toscane, Ciampi è nato nella San Giovanni Rotondo di padre Pio e da lì ha percorso la strada del giovane meridionale di belle speranze. È andato a studiare fuori, a Roma: laurea in scienze politiche alla Sapienza, seguita da dottorato di ricerca in storia delle dottrine politiche. Nel lungo periodo di formazione accademica, Ciampi ha abitato in una residenza della Fondazione Rui, i collegi universitari italiani dell’Opus Dei fondati a partire dal secondo dopoguerra su suggerimento niente di meno che del futuro santo. Qui ha affinato quel «linguaggio cattolico moderato» contro cui ha tuonato ieri il professor Campi, parlando con un giornalista de Linkiesta.
Per qualche tempo, di quella rete di collegi Ciampi è stato anche responsabile nazionale, senza tralasciare incarichi più intellettualmente impegnativi, come la vicedirezione della rivista internazionale di filosofia Sensus communis, che ha come focus la riflessione epistemologica sui temi relativi alla verità, nell’intento tutto cattolico di contrastare le fughe in avanti del pensiero scettico o relativistico.
Ma che ci fa un intellettuale con questo background al fianco dell’ultimo Fini, quello che ha fatto perno sul concetto di laicità per differenziarsi all’interno di un Pdl pronto a compiacere il primo cardinale che passa? È proprio qui il punto, che spiega anche il crescente ruolo di Ciampi nell’entourage finiano, a partire da quando qualche anno fa il cofondatore del Pdl lo volle coordinatore della scuola di formazione politica di Alleanza nazionale. «Non ci sono dogmi nelle cose temporali», sosteneva il fondatore dell’Opus, che Ciampi cita volentieri durante i convegni. Di più: non si possono imporre «verità assolute in questioni in cui per forza ognuno guarda le cose dal suo punto di vista, secondo i suoi interessi particolari, le sue preferenze culturali e la sua peculiare esperienza».
Con una copertura così alta delle sue recenti evoluzioni in materia di laicità ed etica, Fini può stare tranquillo: grazie anche a Ciampi, sul futuro di Futuro e Libertà veglia benevolo dall’alto dei cieli Josemaría Escrivá. Resta da vedere se, con un santo in paradiso così, arriveranno anche i voti.