Il Papa irritato dalla guerra e dai cattolici interventisti

Il Papa irritato dalla guerra e dai cattolici interventisti

L’irritazione della Sede Apostolica per l’intervento occidentale in Libia appare crescente. Dopo l’angelus domenicale, Benedetto XVI è tornato a far sentire la sua voce e ieri, nell’udienza generale, parlando a lungo del cappuccino san Lorenzo da Brindisi, ha sottolineato come il mondo abbia bisogno di pace, invitando “tutti coloro che credono in Dio” a “essere sempre sorgenti e operatori di pace”. Con queste considerazioni generali e, tuttavia, immediatamente collegabili agli avvenimenti libici, il pontefice ha voluto probabilmente dare la linea a un mondo cattolico che, nei giorni scorsi, è apparso diviso e incerto sulla necessità e l’opportunità di un intervento militare “alleato” in Libia. Alle cautele della Segreteria di Stato vaticana, esemplificate dal riserbo de L’Osservatore Romano, ha, infatti, fatto da contraltare il cauto favore di numerose personalità e istituzioni ecclesiastiche. Particolarmente significativo il caso italiano, con i vertici della Cei e L’Avvenire, che ancor ieri invocava una maggior efficacia nell’offensiva della coalizione, assai più interventisti degli ambienti d’Oltretevere. Significativi, però, anche i giudizi espressi da alcuni porporati e vescovi stranieri, portati a sottolineare le caratteristiche umanitarie e di difesa dei civili dell’intervento militare.

Di fronte a questa pluralità di atteggiamenti, la cautela della Santa Sede deriva da due motivi. La contrarietà al ricorso alla forza, che non viene contemplato dalla dottrina cattolica, se si esclude il principio di guerra giusta (difficilmente applicabile in questo caso); la complessiva politica vaticana nel Medio Oriente e nel mondo arabo. La prima è una ragione teorica, che ha conosciuto diversi adattamenti a seconda delle situazioni e dei pontificati. La seconda, eminentemente politica, si intreccia con una delle maggiori preoccupazioni del papa e della Segreteria di Stato in questo momento: la sicurezza, o quantomeno la sopravvivenza, delle antiche comunità cattoliche del mondo arabo e islamico.

Nel recente passato, durante il pontificato di Wojtyla, la posizione della Santa Sede è stata molto diversa nelle varie crisi internazionali. Pacifista nel Golfo, nel 1991 e, in modo ancor più radicale, nel 2003, il papa polacco fu interventista nei Balcani, nel 1995 e nel 1999. I due casi, ovviamente non si equivalevano. L’Iraq baathista, uno degli stati più laici della regione, garantiva la tranquillità e il benessere della Chiesa caldea, unita a Roma, alcuni membri della quale facevano parte delle élite economiche e politiche del paese. Di fronte a questa situazione appare ovvio che il Vaticano non potesse guardare con favore a interventi militari che avrebbero inevitabilmente allargato il fossato tra mondo arabo e Occidente, islam e cristianesimo, minando al contempo uno dei regimi religiosamente più tolleranti della regione. Il tutto per difendere i piccoli stati petroliferi del Golfo, terrorizzati da Saddam e alleati dell’Occidente, ma difensori perlomeno dubbi della libertà religiosa e dei cristiani della regione. Diverso il caso della Bosnia e del Kosovo, ove l’avversario dell’intervento “umanitario” era, in entrambi i casi, rappresentato dai serbi-ortodossi, e finiva per coincidere con lo storico antagonista religioso di Roma nella regione.

La Libia rappresenta il primo intervento militare occidentale in grande stile del pontificato di Benedetto XVI. La crisi libanese del 2006, infatti, vide l’invio di una spedizione italo-francese solamente a ostilità concluse, con il preciso, e condivisibile compito, di interporsi tra Hezbollah e Tzahal. In quel caso, poi, l’antica e consolidata amicizia tra la Santa Sede e il Libano determinarono un indubbio favore per un’iniziativa volta a stabilizzare la regione e proteggere l’integrità e l’indipendenza del piccolo paese levantino. Nel caso attuale, al contrario, di fronte a un intervento militare vero e proprio, la preoccupazione della Segreteria di Stato sembra quella di non apparire schiacciata sulle posizioni atlantiche, o peggio francesi, accreditando l’immagine di un Papa “cappellano d’Occidente”, che i romani pontefici hanno sempre rifuggito con fastidio. La Libia, infatti, pur non avendo una significativa popolazione cattolica, né cristiana, è parte integrante del mondo arabo e l’atteggiamento vaticano nella crisi appare inevitabilmente destinato ad avere una qualche ripercussione sulla presenza ecclesiastica nella regione e, cosa che più conta, sulla sua percezione da parte delle masse arabe. Proprio per questo il Papa ha dovuto esprimersi criticamente sulla guerra, pur non entrando nei dettagli politici, dopo che la Lega araba, inizialmente favorevole alla risoluzione Onu, ha iniziato a smarcarsi, privando gli occidentali del suo importante avallo.

Queste considerazioni ci conducono al punto più importante, e conclusivo, di questa breve analisi: la cautela della Santa Sede deriva dalla fatica di comprendere la rapida evoluzione della situazione del Medio Oriente e, soprattutto, dalla difficoltà di ricalibrare l’azione diplomatica rispetto ai nuovi e contradditori scenari profilatisi. L’ansia di democrazia e libertà, di per sé positiva, appare, infatti, pericolosa se vista nell’ottica della difesa degli interessi cattolici nelle regione. Già abbiamo visto come la brusca caduta del regime baathista in Iraq abbia significato l’inizio di un dramma non ancora concluso per i cattolici di quel paese. La situazione religiosa in Egitto, paese nel quale è numerosa la minoranza cristiana (in prevalenza copta), ma sono pochissimi i cattolici, si mantiene tesa e incerta. In gennaio, un eccidio perpetrato ad Alessandria contro fedeli copti, indusse la Santa Sede a intervenire con fermezza, ma senza risultati apprezzabili. Non solo, infatti, le autorità statuali egiziane respinsero l’ingerenza straniera, ma anche il patriarca copto Shenuda III valutò con sospetto la non richiesta solidarietà. Un importante segnale di come tra i copti sopravvivano profonde diffidenze verso “l’annessionismo” romano.

Se a questo non entusiasmante quadro uniamo la situazione siriana e libanese e il riemergere delle tensioni in Terra Santa e nella stessa Gerusalemme, è facile capire come l’atteggiamento della Santa Sede debba necessariamente mantenersi cauto. Le agitazioni in Siria, infatti, se fanno ben sperare per il futuro democratico di quel paese, da troppo tempo sotto il giogo di una dittatura politico-familiare, impongono alcuni interrogativi sul futuro religioso della regione. Il regime baathista degli Assad è, fino a ora, riuscito ad assicurare una buona convivenza religiosa nel paese. A patto di parlare male di Israele, infatti, tutte le comunità hanno sempre potuto esercitare liberamente le proprie attività cultuali e sociali. Ma cosa potrà accadere nel caso di una crisi del regime? Lo spettro di una soluzione irachena si affaccia, rendendo meno affascinante la ribellione siriana.

Non meno delicata appare, infine, la situazione in Libano, il paese che, da oltre un cinquantennio, rappresenta la pietra angolare della politica mediorientale della Santa Sede e la dimostrazione della possibile convivenza tra cristiani e musulmani su un piano di parità. Qui il campo cristiano appare diviso: con la comunità maronita divisa tra partigiani del “fronte occidentale” filo sunnita e sostenitori del generale Aoun, principale alleato di Hezbollah nella formazione del nuovo governo. Né va dimenticato che, proprio in questi giorni, è stato eletto il nuovo patriarca maronita, monsignor Bechara Rahi, in sostituzione del cardinal Nasrallah Boutros Sfeir, che ha lasciato la guida della Chiesa maronita per limiti di età. Un avvicendamento su cui il Vaticano punta molto, per ridare autorevolezza a un’istituzione patriarcale che, negli ultimi anni, è apparsa pericolosamente appiattita sulla parte più conservatrice dell’establishment maronita, finendo per divenire invisa a pare degli stessi fedeli. Un avvicendamento, però, che a breve termine, aumenta le incertezze nella guida della principale Chiesa cattolica orientale, mentre il paese, diviso in due contrapposte coalizioni, è tutt’ora senza governo.

Di fronte a questa pluralità di sfide la cautela della Santa Sede corrisponde a un’inderogabile necessità: non approfondire i contrasti con il mondo musulmano e con i paesi arabi, contraddicendo ogni interpretazione che vorrebbe identificare nei caccia francesi i moderni crociati, come ha maliziosamente asserito il premier russo Vladimir Putin.

La giornata

Venerdì 25 marzo

17.36 LIBIA: UA CHIEDE FINE OSTILITÀ, SI APRA DIALOGO TRA GHEDDAFI E RIBELLI (Adnkronos/aKI) – Il leader libico Muammar Gheddhafi ha inviato una delegazione di cinque membri guidati dal presidente del Congresso del Popolo, ovvero il Parlamento libico. Non vi era invece alcun rappresentante del Consiglio nazionale transitorio libico, assenza che ha creato malumeri tra i partecipanti al vertice. Un alto diplomatico africano che non ha voluto fornire le sue generalità ha detto che i ribelli si sono rifiutati di prendere parte ai colloqui e manterranno questa posizione fino a quando Gheddafi non lascerà il potere. Il vertice odierno è un tentativo, da parte dell’Unione Africana, di svolgere un ruolo di mediazione nella crisi libica. Ruolo che i diplomatici occidentali hanno richiesto, lamentando «l’assenza di una strategia africana» nei recenti negoziati di Parigi.

16.35 LIBIA: UA CHIEDE FINE OSTILITÀ, SI APRA DIALOGO TRA GHEDDAFI E RIBELLI (Aki) – Un immediato cessate il fuoco e l’avvio di un dialogo tra il governo di Muammar Gheddafi e i ribelli libici. È quanto ha chiesto oggi il presidente dell’Unione Africana, Jean Ping, aprendo la conferenza internazionale sulla Libia ad Addis Abeba. «L’azione dell’Unione Africana è un deciso passo politico che mira a facilitare un dialogo tra le parti sulle riforme da intraprendere per affrontare alla radice le cause del conflitto che sta dilaniando il Paese», ha detto Ping nella riunione di Addis Abeba. Ping ha aggiunto che l’Unione Africana chiede che venga stabilita una fase di transizione che porti a elezioni democratiche, sostenendo che «è importante che ci si trovi d’accordo su questo tipo di approccio che mira a promuovere in Libia una pace duratura, sicurezza e democrazia». Un appello per la fine dell’ostilità è stato rivolto ai rappresentanti presenti delle parti in causa. Al summit era rappresentato il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, così come erano rappresentati tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, i Paesi nordafricani vicini della Libia e i partner della coalizione internazionale che ha imposto la no-fly zone. Il leader libico Muammar Gheddhafi ha inviato una delegazione di cinque membri guidati dal presidente del Congresso del Popolo, ovvero il Parlamento libico. Non vi era invece alcun rappresentante del Consiglio nazionale transitorio libico, assenza che ha creato malumeri tra i partecipanti al vertice. Un alto diplomatico africano che non ha voluto fornire le sue generalità ha detto che i ribelli si sono rifiutati di prendere parte ai colloqui e manterranno questa posizione fino a quando Gheddafi non lascerà il potere. Il vertice odierno è un tentativo, da parte dell’Unione Africana, di svolgere un ruolo di mediazione nella crisi libica. Ruolo che i diplomatici occidentali hanno richiesto, lamentando «l’assenza di una strategia africana» nei recenti negoziati di Parigi.

15.53 LIBIA: OIM RIAVVIA OPERAZIONI EVACUAZIONE MIGRANTI DA PORTO DI BENGASI (Adnkronos) – Un team di valutazione composto da varie agenzie, tra cui l’Oim, riferisce ancora l’Organizzazione internazionale, sarà operativo al confine con il Ciad nei prossimi giorni, per verificare i bisogni e capire quali saranno i principali punti di entrata che saranno utilizzati dai migranti provenienti dalla Libia. Un crescente numero di ciadiani è anche fuggito nei giorni scorsi in Egitto e Tunisia. Di questi, quasi 1.700 sono stati evacuati dall’Oim, dall’Unhcr e dal governo ciadiano, che ha anche organizzato voli ad hoc per far rientrare i propri cittadini. Alla luce dell’imponente presenza di ciadiani in Libia, è probabile che il numero di richieste di assistenza aumenteranno ulteriormente nelle prossime settimane. Le attività di evacuazione dell’Oim, conclude la nota, continuano intanto in tutta la regione. Entro un paio di giorni il numero di migranti che l’Oim avrà evacuato dall’inizio della crisi da Egitto, Tunisia, Algeria, Niger e Malta, con il supporto dell’Unchr e di vari governi, toccherà quota 70.000.

14.43 SARKOZY, CON GB PREPARIAMO INIZIATIVA POLITICO-DIPLOMATICA = LA PRESENTEREMO MARTEDÌ A LONDRA, VOGLIAMO ASSOCIARE ANCHE LA GERMANIA (Adnkronos) – Francia e Gran Bretagna presenteranno «una soluzione politica e diplomatica» sulla Libia alla riunione di Londra di martedì. Lo ha annunciato il presidente francese Nicolas Sarkozy, al termine del vertice europeo a Bruxelles. «Ci sarà certamente un’iniziativa franco-britannica per dimostrare che la soluzione non è solamente militare», ha detto Sarkozy, precisando di voler «associare la Germania» a questi sforzi. Martedì a Londra si vedranno i ministri degli Esteri dei Paesi della ‘coalizione dei volenterosì impegnata nelle operazioni contro la Libia per fissare le linee guida politiche della missione. Alla riunione ci sarà anche il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen.

14.17: Libye : Sarkozy prépare une solution «diplomatique» (Le Figaro)

À l’issue d’un sommet européen à Bruxelles vendredi, Nicolas Sarkozy a annoncé que Paris et Londres préparaient une initiative en vue d’«une solution politique et diplomatique» pour la Libye. «Il y aura certainement une initiative franco-britanique pour bien montrer que la solution n’est pas seulement militaire», a-t-il dit à la presse. Le président Sarkozy n’en a pas précisé le contenu mais a affirmé qu’il aimerait «associer l’Allemagne» à toute initiative.

Plus tôt en marge du sommet, il avait justifié l’intervention militaire, arguant du fait qu’elle avait «évité des milliers et des milliers de morts». La population de Benghazi «aurait été victime d’un massacre», a-t-il jugé, ajoutant avoir évoqué devant ses homologues de l’UE le massacre de Srebrenica, en 1995.

«Tant que la population (libyenne) sera sous la menace de tanks, d’avions, nous serons là», a-t-il affirmé, refusant de donner une date butoir pour la fin de l’opération. Interrogé sur le sujet vendredi matin, le chef d’état-major des armées, l’amiral Edouard Guillaud, a déclaré sur France Info qu’il «pensait» que les opérations se prolongeraient pendant des «semaines» et «espérait» qu’elles ne dureraient pas «des mois».

Cette opération n’a pas pour but de destituer Kadhafi, a enfin assuré de son côté Nicolas Sarkozy. Le leader libyen devra, «s’il est convaincu de crimes contre l’humanité», être déféré devant un tribunal international, a-t-il jugé. «Mais ce n’est pas à nous de décider quel doit être le gouvernement libyen futur et quel doit être le sort politique de M. Kadhafi», a-t-il poursuivi. «L’avenir de la Libye, les choix politiques de la Libye (…), c’est le problème des Libyens, ce n’est pas notre problème», a ajouté le chef de l’État français. «Ce qui se passe en Libye crée une jurisprudence, et peut créer la confiance» chez les peuples arabes, a-t-il affirmé.

13.39 (Afp) Nicolas Sarkozy a annoncé aujourd’hui que Paris et Londres préparaient une initiative en vue d'”une solution politique et diplomatique” pour la Libye, à l’issue d’un sommet européen à Bruxelles.

Nato guidera’ operazioni. Da Ansa.it

La Nato assumera’ la guida di ”tutte le operazioni militari in Libia”. Lo riferiscono fonti dell’Alleanza precisando che la decisione sara’ finalizzata domenica. ”Cio’ significa – hanno precisato le fonti – che non ci sara’ piu’ la coalizione dei volenterosi e quella della Nato, ma solo una coalizione internazionale a guida Nato”.

STATO MAGGIORE FRANCIA, OPERAZIONE DURERA’ ‘SETTIMANE’ – Il capo di stato maggiore francese, Edouard Guillaud, ha affermato oggi in un’intervista a radio France Info, che “pensa” le operazioni alleate in Libia si prolungheranno per “settimane” e “spera” che non dureranno “mesi”.

VERTICE UE, PRONTI A SANZIONI SU IDROCARBURI – L’Unione Europea è pronta a formulare e adottare nuove sanzioni contro la Libia, in particolare introducendo misure destinate ad assicurare che gli introiti provenienti da petrolio e gas non finiscano nelle tasche del regime di Gheddafi: i paesi Ue presenteranno proposte in questo senso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E’ quanto si legge nella bozza delle conclusioni del vertice europeo in corso a Bruxelles.

FRANCIA, DISTRUTTA NELLA NOTTE POSTAZIONE ARTIGLIERIA – ”Un aereo francese ha distrutto una batteria di artiglieria stanotte, con una bomba teleguidata”. Lo ha dichiarato, parlando alla radio France Info, l’ammiraglio Edouard Guillaud, capo di Stato maggiore dell’esercito transalpino. L’installazione, ha precisato, si trovava nei pressi della citta’ di Ajdabiya, 160 km a sud di Bengasi, ”tuttora nelle mani del Comitato libico di transizione”, ma assediata dalle forze di Gheddafi. L’ammiraglio ha poi dichiarato che lo spazio aereo libico e’ ”sotto controllo”. ”Lo abbiamo provato ieri”, ha sottolineato, in riferimento all’aereo di Gheddafi distrutto da caccia francesi dopo un volo sulla zona proibita. ”La coalizione preferisce non colpire piuttosto che correre il rischio di ferire o uccidere civili innocenti” ha sottolineato in conclusione, ma ”nessuno puo’ fare promesse assolute” sull’assenza di vittime collaterali, perche’ ”la guerra e’ sempre uno stato instabile del mondo, e uno stato drammatico, per i militari in primo luogo.

LONDRA, DA CACCIA GB MISSILI SU BLINDATI AD AJDABIYA – Nella notte tra ieri e oggi Tornado britannici hanno lanciato missili su blindati libici che “minacciavano” civili nella città di Ajdabiya, nell’est del Paese. “Alcuni aerei da combattimento ‘Tornado’, in missione di ricognizione sulla Libia, hanno partecipato la notte scorsa ad un attacco missilistico coordinato contro unità dell’esercito libico del clolonnello Gheddafi, in appoggio alla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu” adottata il 17 marzo scorso. Lo rende noto un comunicato del ministero. “Aerei Tornado hanno lanciato un certo numero di missili Brimstone su veicoli blindati libici che minacciavano la popolazione civile ad Ajdabiya”, continua la nota, senza precisare tuttavia se gli obiettivi siano stati colpiti.

BRUXELLES – La Nato ha raggiunto un accordo per assumere il comando delle operazioni militari per imporre in Libia una no fly zone. Resta però ancora da precisare un suo ruolo più ampio e per il momento – ha indicato il segretario generale Anders Fogh Rasmussen – resteranno due missioni parallele: quella della coalizione dei volenterosi, che sabato ha sferrato il primo attacco per imporre la risoluzione 1973 dell’Onu, e quella della Nato, che dopo l’embargo delle armi si appresta ad assumere il comando della missione per fare rispettare l’interdizione dei voli sopra la Libia.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha però ribadito che per la Francia il coordinamento della missione deve “restare eminentemente politico”.

Dopo una settimana di consultazioni non-stop, che hanno registrato momenti altissimi di tensione al quartiere generale dell’Alleanza atlantica, è stata la Turchia ad annunciare per prima l’accordo raggiunto tra gli alleati. Secondo fonti diplomatiche, l’intesa prevede l’assegnazione alla Nato del coordinamento militare e la costituzione di una cabina di regia tra tutti i paesi che partecipano alle operazioni, sul modello della missione Isaf condotta in Afghanistan. Ma i dettagli del compromesso non sono stati resi noti e restano punti da chiarire. Parlando alla Cnn, Rasmussen, ha dichiarato che “per il momento ci sarà un’operazione della coalizione ed un’operazione della Nato”.

“Si sta ancora discutendo se la Nato prenderà un ruolo più ampio. Questa decisione non è ancora stata presa”, ha aggiunto Rasmussen. Ad impedire finora l’assunzione di un ruolo maggiore della Nato sono le differenze di opinione tra i 28 sull’opportunità di condurre raid aerei anche contro le truppe di terra del colonnello Gheddafi. Francia e Gran Bretagna lo ritengono necessario e pienamente conforme al mandato della risoluzione Onu, mentre la Turchia, li ritengono controproducenti e ne chiedono lo stop.

Le discussioni proseguiranno per concludersi, probabilmente, martedì a Londra alla riunione tra i ministri degli esteri dei paesi che partecipano alla coalizione dei volenterosi. Una riunione che, in sostanza, dovrebbe essere la ‘prima’ di questa cabina di regia.

Il compromesso è stato accolto con particolare soddisfazione dall’Italia, che si è battuta per imporre una catena di comando unico sotto l’ombrello della Nato. Tra l’altro, con il rientro sotto l’Alleanza del comando delle operazioni, sarebbe la base di Napoli ad ospitare il quartiere generale della missione. “Era esattamente quello che l’Italia chiedeva e anche se si tratta di un’intesa politica preliminare – hanno commentato alla Farnesina – il nostro giudizio è certamente positivo perché si tratta di un comando unico che evita una moltiplicazione di comandi”. La Farnesina ha poi spiegato che ci sarà un “comando operativo esclusivo della Nato” affiancato da “un gruppo internazionale di alto livello, cioé una cabina di regia che fisserà le grandi linee della strategia politica” dell’operazione, ma ciò – hanno precisato – “non intacca la catena di comando esclusiva della Nato”. Per la no fly zone il passaggio di consegne tra il comando Usa e la Nato dovrebbe avvenire “nel giro di un giorno o due”, ha precisato da Ankara il ministro degli esteri turco, Akhmed Davotoglu. L’accordo è stato raggiunto in una teleconferenza con Francia, Usa e Gran Bretagna. I contatti si sono tenuti tra il segretario di stato Hillary Clinton, il ministro degli esteri francese Alain Juppé, il ministro degli esteri della Gran Bretagna William Hague e Davotoglu. Alle 21, è tornato a riunirsi il Consiglio atlantico, ma a tarda notte la riunione è stata aggiornata. Le consultazioni tra le capitali proseguiranno anche domani.

TESTIMONI, VIOLENTI COMBATTIMENTI ALL’ENTRATA ORIENTALE DI AJDABIYA (Adnkronos/Aki) – Sono in corso in questi minuti violenti combattimenti presso l’entrata orientale della città di Ajdabiya, in Cirenaica. Secondo quanto riefriscono testimoni alla tv satellitare ‘al-Arabiyà, le brigate fedeli a Muammar Gheddafi hanno iniziato un pesante cannoneggiamento delle postazioni dei ribelli. La tv concorrente ‘al-Jazeerà ha mostrato in diretta il fumo che si eleva verso il cielo dalle zone colpite dalle truppe del regime poco fuori Ajdabiya.

Giovedì 24 Marzo

FONTI MEDICHE, 109 MORTI E 1300 FERITI A MISURATA IN UNA SETTIMANA  (Adnkronos/Aki) – Sarebbero 109 i morti e 1.300 i feriti in una settimana di scontri tra insorti e milizie fedeli al colonnello libico Muammar Gheddafi a Misurata, città della Tripolitania. Lo riferiscono fonti mediche locali citate dalla tv satellitare al-Arabiya.

LIBIA: FONTI DIFESA, I FRANCESI HANNO COLPITO L’AEREO LIBICO A TERRA (Adnkronos/Dpa) – L’aereo delle forze fedeli a Gheddafi che è stato distrutto dai caccia francesi è stato in realtà colpito mentre si trovava a terra e non in volo, come è stato riportato. Lo afferma una fonte del ministero della Difesa francese, secondo la quale «nessun aereo libico è stato abbattuto», aggiungendo che «un aereo è stato distrutto». Alla domada se l’aereo sia stato colpito al suolo, la fonte ha risposto «sì», senza però fornire ulteriri dettagli.

Francia abbatte jet libico. Misurata sotto assedio da Ansa.it

Un jet francese ha abbattuto un aereo militare libico che aveva violato la no-fly zone. Lo ha riferito la tv ABC sul suo sito. Intanto, gli abitanti della citta’ costiera di Misurata hanno detto che le forze di Gheddafi hanno preso il porto, e migliaia di lavoratori stranieri sono bloccati nello scalo, mentre tank lealisti sono ancora all’interno della citta’. L’unicef lancia l’appello per un corridoio umanitario per sostenere la popolazione. Sul fronte politico, la risoluzione della maggioranza incassa il si’ della Camera con uno scarto di sette voti. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, spiega che oltre ai 4 Tornado Ecr e ai 4 caccia F-16, gia’ messi a disposizione dall’Italia ‘potranno essere disponibili nei prossimi giorni per le operazioni a guida Nato’, un gruppo navale e altri velivoli.

LIBIA:INSORTI,PORTO MISURATA SOTTO NOSTRO CONTROLLO – “Il porto di Misurata è sotto il nostro completo controllo”. Lo ha affermato il portavoce dell’esercito rivoluzionario anti-Gheddafi, Ahmed Beny, colonnello dell’aviazione, in una conferenza stampa a Bengasi. “Le navi della coalizione internazionale si stanno avvicinando al porto della città” a 200 chilometri ad est di Tripoli, ha aggiunto Beny.

LIBIA: INSORTI, PROMESSE DI ARMI DA MOLTI PAESI – ”Abbiamo ricevuto promesse di armi da molti paesi. Abbiamo bisogno del sostegno dei nostri amici, spero che avremo presto le armi e le munizioni che servono a liberare la Libia”. Lo ha affermato il colonnello Ahmed Beny, portavoce dell’esercito rivoluzionario anti Gheddafi, in una conferenza stampa a Bengasi. ”Il nostro unico problema sono le munizioni e le armi. Stiamo affrontando i tank T-72 e T-92 dell’esercito di Gheddafi, per questo abbiamo bisogno di armi anti-carro”, ha spiegato il colonnello.

AEREO LIBICO ABBATTUTO DA JET FRANCIA – Un jet francese ha abbattuto un aereo militare libico che aveva violato la no-fly zone. Lo ha riferito la tv ABC sul suo sito. Citando fonti militari, la Abc ha riferito che l’aereo libico abbattuto da caccia dell’aeronautica francese era un Soko G2A-E Galeb, un vecchio jet di attacco a terra di produzione jugoslava. L’aereo e’ stato abbattuto nella zona di Misurata. Si e’ trattato del primo tentativo di Gheddafi di forzare la no fly zone imposta dagli alleati. Il comandante dell’Africa Command americano, generale Carter Ham, in un’intervista concessa all’emittente americana ha detto che le forze di Gheddafi, vestite con abiti civili, stanno avanzando nella zona di nordovest di Misurata. Il generale Ham ha precisato che le forze della coalizione hanno ancora numerosi obiettivi da colpire. Ufficiali del Pentagono hanno confermato alla Abc che le missioni aeree sulla Libia sono state finora 175, e che il numero di quelle americane ”non e’ in aumento”.

MISURATA, ESERCITO PRENDE IL PORTO – Gli abitanti della citta’ costiera libica di Misurata hanno detto alla Reuters che le forze di Gheddafi hanno preso il porto. Migliaia di lavoratori stranieri – secondo testimoni – sono bloccati nello scalo. I raid aerei occidentali hanno colpito ieri sera i carri armati del governo libico alla periferia di Misurata (città in mano agli insorti), ma i carri all’interno della città rimangono lì e non sono stati colpiti. Le forze pro-Gheddafi hanno preso ieri il controllo del porto di Misurata, bloccando migliaia di lavoratori immigrati dall’Egitto e dall’Africa sub-sahariana che cercavano di fuggire dal mare. Un jet francese ha abbattuto un aereo militare libico che aveva violato la no-fly zone. Lo ha riferito la tv ABC sul suo sito.

RAID AEREI COALIZIONE SU SABHA – La coalizione internazionale ha condotto intensi raid aerei ieri sera e stamani sulla città di Sabha, 750 km a sud di Tripoli, feudo della tribù cui appartiene Gheddafi. Lo ha reso noto un abitante della città. Nuovi raid aerei hanno colpito il sobborgo di Tripoli di Tajura. Secondo la fonte, “c’è stato un attacco nello stesso posto che era stato attaccato stanotte”.
APPELLO UNICEF, SERVE CORRIDOIO UMANITARIO – La popolazione in Libia”sta ancora soffrendo. Sappiamo che il cessate il fuoco nonostante la risoluzione dell’Onu” non e’ rispettato: ”chiediamo che si apra un corridoio umanitario per sostenere la popolazione”. E’ l’appello che lancia la rappresentante dell’Unicef in Tunisia, Maria Luisa Fornara, che si trova in un campo profughi (il Choucha Refugee Camp) al confine con la Libia.”In questo momento non si puo’ portare aiuto alla popolazione, ci sono ancora combattimenti e siamo preoccupati – aggiunge per telefono con l’ANSA – noi insieme alle altre agenzie umanitarie ci stiamo preparando per l’eventualita’ che si possa aprire il corridoio umanitario soprattutto sia dalla parte dell’Egitto sia della frontiera con la Tunisia. Ci auguriamo che cio’ si realizzi”.

JUPPE’, CONTINUEREMO I RAID AEREI – La coalizione internazionale, comandata da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, ”continuera’ i raid aerei” su bersagli militari in
Libia. Lo ha detto il capo della diplomazia francese Alain Juppe’.”Colpiremo i mezzi militari e nient’altro”, ha detto il ministro degli Esteri a radio RTL. ”I raid continueranno il tempo necessario”, ha aggiunto sottolineando che l’inizio delle operazioni lo scorso sabato e’ ”stato un successo”. L’obiettivo e’ di proteggere la popolazione civile”, ha ricordato Juppe’. Interrogato sui tiri della coalizione che avrebbero colpito i civili, Juppe’, citando i militari, ha risposto: ”e’ esattamente il contrario”.

FRANCIA: COLPITA BASE DI GHEDDAFI -Caccia dell’aviazione francese hanno colpito la notte scorsa una ”base” militare del regime libico di Muammar Gheddafi: lo ha detto lo Stato maggiore di Parigi. In particolare, l’aviazione francese ha condotto nella notte tra ieri e oggi un attacco contro una ”base aerea” della Libia ”250 chilometri a sud delle coste”, ha annunciato lo Stato maggiore dell’esercito francese nel corso di una conferenza stampa a Parigi. Il raid e’ stato condotto con missili Scalp lanciati da pattuglie aeree composte da Rafale e Mirage 2000-D, ha precisato il colonnello Thierry Burkhard, portavoce dello Stato maggiore, senza precisare l’esatta localizzazione della base. L’ufficiale ha semplicemente aggiunto che l’attacco ha colpito un obiettivo ad ovest della zona nella quale i caccia francesi hanno concentrato l’essenziale dei loro sforzi dall’inizio delle operazioni, sabato scorso, in particolare, i dintorni di Bengasi. Burkhard non ha voluto fornire ulteriori dettagli sui danni causati dall’attacco

COMANDO BRITANNICO: PASSAGGIO OPERAZIONI A NATO APPENA POSSIBILE – Il passaggio del controllo sulle operazioni in Libia deve passare alla Nato appena possibile. Lo ha detto il ministro degli esteri britannico William Hague in una comunicazione alla camera dei Comuni.

NAPOLITANO: SIAMO PIENAMENTE NELLA CARTA DELL’ONU – ”Stiamo pienamente dentro la Carta delle Nazioni Unite”. Cosi’ il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, commenta, lasciando il sacrario delle Fosse Ardeatine, la situazione che vede l’Italia coinvolta nelle operazioni militari in Libia. Gheddafi ordini il cessate il fuoco e poi si aprira’ una fase di mediazione. E’ il messaggio del premier Silvio Berlusconi, in un colloquio con il Corriere della Sera, nel quale il presidente del Consiglio afferma: ”siamo tutti tesi a chiedere a Gheddafi un vero cessate il fuoco, la fine delle ostilita’ da parte del Colonnello e’ la condizione sine qua non per ogni mediazione. Dopo si potra’ aprire la fase della diplomazia”.

Misurata, alta tensione tra gheddafiani e insorti. Città paralizzata. Gli schieramenti si controllano a vista e ormai mancano cibo e medicine – Misurata, città della Tripolitania, è alla paralisi, con gli insorti e le truppe fedeli al colonnello Gheddafi che hanno entrambi conquistato alcune postazioni chiave da cui controllano a vista gli avversari, impedendo ogni movimento. In questo stallo, la situazione umanitaria è drammatica, con acqua, cibo e medicinali ormai quasi introvabili. È il resoconto di un portavoce degli insorti, che ha raccontato il clima di Misurata all’inviata del quotidiano britannico The Guardian. «La gente non può neanche uscire di casa per i suoi bisogni di base, perchè i cecchini pro-Gheddafi sono sul tetto dell’ospedale principale, la clinica universitaria, intorno al quale hanno piazzato i loro carri armati», racconta l’uomo, identificato solo come Muhammad. «Nell’ospedale non ci sono più pazienti, è diventato la base delle forze del governo», prosegue. Al tempo stesso, «carri armati del regime sono bloccati all’interno del mercato e non possono venire fuori, perchè i ribelli li tengono sotto tiro», dice. In questa situazione, «al momento non ci sono combattimenti diretti, ma i cecchini non danno a nessuno la possibilità di muoversi, mentre i carri armati sparano a caso». «Ho aiutato a evacuare 19 corpi e più di 100 feriti – continua il portavoce – I ribelli si sono spostati verso un altro ospedale», i cui dieci piani «sono pieni di feriti». «Le loro famiglie non possono andare a trovarli, per paura dei cecchini, e c’è una grave carenza di medicinali. Anche la clinica al-Saeed per neonati è stata colpita dai carri armati e non sappiamo cosa sia accaduto ai pazienti». «Mio figlio di 14 anni, Hassan, è stato ferito alle gambe ed è stato necessario amputargliele, perchè non c’erano farmaci adatti a curarlo – prosegue Muhammad – L’elettricità va e viene nel centro, ma manca da tempo in tutta la periferia, dipendiamo dai generatori. Ma recuperare carburante non è per niente facile, quindi dobbiamo usarlo con parsimonia». «Cellulari e linea fissa sono ko, possiamo usare solo Skype per comunicare tra di noi e per scambiare informazioni tra le varie città del paese». Infine l’esponente degli insorti parla di una drammatica penuria di acqua e generi alimentari. «L’acqua era un grave problema in Libia ancor prima di questa guerra, ma ora è anche peggio, perchè la città che riforniva Misurata, Sekket, è sotto il controllo delle forze di Gheddafi». «Misurata era conosciuta come importante città commerciale – conclude Muhammad – ma non arriva più cibo e non sappiamo come andrà a finire. La gente cerca di condividere le poche scorte che ha a disposizione». 

Missile francese colpisce aereo di Gheddafi a Misurata – Lo riferisce l’emittente satellitare al-Arabiya, senza fornire ulteriori dettagli. «Non rilasciamo commenti sulle operazioni in corso», ha invece risposto il colonnello Thierry Burkhard, portavoce della Difesa francese, senza confermare né smentire la notizia. Secondo quanto riportato dall’emittente americana Abc, che ha citato un alto ufficiale francese, l’aereo libico è stato abbattuto mentre sorvolava Misurata. Burkhard ha annunciato per le prossime ore un briefing da parte del comando francese. Se confermato, l’abbattimento del caccia sarebbe il primo da quando è stata imposta la no fly zone.

A Tripoli è il giorno dei funerali delle vittime dei raid –  I funerali delle vittime dei raid aerei condotti dalla coalizione ieri sera sul quartiere di al-Tajura, periferia orientale di Tripoli, si sono tenuti nel pomeriggio al Cimitero dei Martiri. La tv di stato ha trsmesso le immagini della cerimonia funebre, sul lungomare di Tripoli. Le bare portate nel cimitero sono 22. In attesa della preghiera islamica per i defunti, centinaia di persone hanno scandito  slogan contro l’Occidente e a sostegno del regime libico. Secondo l’imam che guida la preghiera per i defunti, le bare appartengono a civili: «Dico ai giornalisti presenti – ha affermato parlando in arabo e in inglese – che queste vittime sono tutte civili. Sono morte a causa dei bombardamenti dei crociati, nemici dell’Islam e dei musulmani». Tra i presenti in molti gridavano: «Sarkozy assassino».  La guida religiosa ha letto poi i versetti del orano posizionato davanti alle 22 bare, sulle quali è stata posta la bandiera verde della ‘Jamahiriya libica. Alla fine della cerimonia è stato letto un comunicato nel quale i fedeli hanno definito i raid aerei «un’aggressione crociata» e rivolgendosi al presidente francese Nicolas Sarkozy e ai paesi della coalizione hanno promesso «di resistere perchè questi paesi hanno dichiarato guerra all’Islam. Sappiamo qual’è il ruolo di questi paesi crociati che da sempre umiliano la nazione islamica e rapinano i suoi beni»

La Merkel chiede l’embargo totale sul gas libico – Angela Merkel ha chiesto ai leader dell’Unione Europea di trovare un accordo su un embargo totale sull’export libico di petrolio. La Germania, ha assicurato il capo del governo tedesco, «sostiene senza riserve» gli obiettivi della risoluzione delle Nazioni Unite sulla Libia, sulla quale il Paese ha scelto di astenersi al momento del voto al Consiglio di Sicurezza. Ci siamo astenuti perché preoccupati «dell’attuazione militare degli obiettivi». Auspichiamo – ha concluso tuttavia – «un rapido e sostenibile raggiungimento di quegli obiettivi». Oltre all’«embargo totale sul petrolio», il cancelliere ha chiesto «restrizioni commerciali di vasta portata per la Libia». «Spero – ha concluso – che potremo finalmente raggiungere una posizione comune sulla questione», ha dichiarato in parlamento.

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