Capita di rado che un magistrato sia costretto a mettere mano a un comunicato stampa per smentire la notizia che un cittadino sia indagato. Ieri, dopo che l’agenzia Ansa ha anticipato il contenuto di un articolo de L’Espresso in edicola oggi, che chiama in causa un banchiere di primo piano in una vicenda di derivati, è successo. Con riferimento all’inchiesta sui «rapporti finanziari tra un’azienda (Divania) e un istituto bancario (Unicredit)», la Procura di Bari ha precisato che «fra gli indagati non risulta l’ex amministratore delegato dell’Unicredit, Alessandro Profumo». Una nota che fa chiarezza dopo il rumore suscitato dalle anticipazioni del settimanale, ma che apre nello stesso tempo un piccolo giallo. Perché se è vero che l’ex capo di Unicredit non è indagato, è altrettanto vero che, secondo quanto risulta a Linkiesta, lo è stato per un paio di mesi.
Alla vigilia di Natale del 2010 Profumo riceve un “bel regalo”: l’informazione di garanzia – la comunicazione ai sensi dell’articolo 369 del codice di procedura penale emessa a tutela dell’indagato – per la vicenda Divania. Non si conoscono le ipotesi di reato formulate dal pm Isabella Ginefra ma è plausibile che non siano state molto diverse da quelle contestate agli altri dirigenti e venditori del gruppo, in particolare la truffa. Dell’avviso di garanzia non si è saputo nulla fino a ieri mattina, quando esce il dispaccio Ansa («Derivati: L’Espresso, ex ad Unicredit Profumo indagato a Bari»).
La notizia è di quelle che accende subito la curiosità nella comunità finanziaria italiana. Fino al colpo di scena delle 17:59, con la smentita ufficiale: il banchiere non è (più) indagato. Che cosa è successo nel frattempo?
Le indagini sul caso Divania sono durate due anni. «La lista degli indagati, aggiornata a due settimane fa – scrive L’Espresso –, comprende 28 dirigenti di Unicredit, tra cui primeggia l’ex amministratore delegato Alessandro Profumo. Molti sono già stati interrogati in via riservata ed è possibile che le difese convincano ad archiviare qualche posizione».
Alla Procura di Bari, però, Profumo non s’è mai visto. Il 10 gennaio è stato sentito invece Pietro Modiano, all’epoca dei fatti capo di Ubm, la banca d’investimento del gruppo che ideava i derivati, e di Unicredit Banca d’impresa (Ubi), la rete di filiali corporate. Nella catena di comando che va dalla filiale Ubi fino all’amministratore delegato, Modiano, peraltro, è l’unico a non essere stato indagato. Da ieri non c’è più nemmeno Profumo. Si chiarisce così il piccolo giallo: a conclusione dell’indagine, il pm ha scelto di archiviare la posizione dell’ex ad di Unicredit.