La centralità di Montecitorio? Lavorare due giorni

La centralità di Montecitorio? Lavorare due giorni

Nello sviluppo del racconto, generalmente la vittima predestinata emerge con nettezza nella seconda parte, quando i personaggi hanno assunto contorni più o meno definiti. Ha il volto sereno dell’irresponsabilità, gestisce pensieri per conto terzi ma parla sempre “a titolo personale”, è disposto – come un antico samurai brianzolo – a immolarsi in nome del Capo. Essendoci ormai, nella seconda parte della legislatura, e qualcuno sussurra addirittura la parte finale, consiglieremmo di affezionarsi a queste figure laterali che per qualche giorno assumono, in termini di immagine, una forma più compiuta.

Se dunque, avete ancora negli occhi e nelle orecchie le prodezze dell’avvocato Lassini, ora abbandonatevi al piacere sublime e istituzionale di seguire le avventure del tenero Remigio, Remigio Ceroni, che nel suo sito, con quanto mai opportuni puntini di sospensione, si definisce un marchigiano autentico. Ma cos’ha fatto, cos’ha proposto il tenero Remigio, in nome e per conto del suo leader naturale? La più straordinaria delle semplificazioni, insieme alla più immaginifica delle demolizioni. Per semplificare, ha messo sotto un cono di attenzione la centralità del Parlamento, che nella sua architettura istituzionale dovrebbe ergersi sovrana rispetto a tutti gli altri poteri dello Stato (tipo Consulta e altri fastidi del genere).

Così facendo, ed ecco irrompere il tema della demolizione, si chiarirebbe una volte per tutte che se due istituzioni come il Parlamento e il capo dello Stato entrano in conflitto, a soccombere sarà sempre quest’ultimo. Finalmente un po’ di chiarezza, no? 

Remigio detto Silvio non si è fermato qui, ma da buon deputato ha esplicitato il tutto nel nuovo, novissimo, comma uno dell’articolo 1 della Costituzione che così reciterebbe: « L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale».

Detto tra noi, la centralità del Parlamento ci piace un sacco. E ci piace anche di più l’idea che il Presidente della Repubblica non sia una star come invece accade oggi. E che nei sondaggi di gradimento, lui arrivi ventottesimo dopo il gelato al pistacchio, e il parlamento primo con l’87, 4% dei consensi. Questo vorrebbe dire, caro Remigio e cari Remigi di tutti i colori, che vi siete messi a lavorare. Sì, avete capito bene: LA-VO-RA-RE.

Significherebbe che nel Paese è così estesa la consapevolezza del vostro impegno politico-parlamentare, che il capo dello Stato è rientrato finalmente nel suo guscio permeato di discrezione, mica taglianastri come qualcuno vorrebbe, ma lucido e orgoglioso testimone di una repubblica forte. Magari accadrebbe persino l’incredibile: girando per strada, a qualcuno verrebbe finalmente la voglia di parlare di politica, opponendo idea a idea, proposta a proposta, come una volta accadeva regolarmente in Galleria a Milano, o poco più in là, in piazza del Duomo. Era un’Italia più onesta.

Oggi, cari Remigi, avete un ben triste destino, che qui vi decliniamo in termini di orario di lavoro: arrivo a Roma nella prima mattinata di martedì, abbandono della mini-valigia in albergo (o monolocale in centro), ingresso con tutta calma in Parlamento, la cui centralità vi è così cara. Un po’ di commissione e magari un filo d’Aula. Nel tardo pomeriggio, riordino delle idee e decisione solenne sul ristorante della sera, dove ritemprerete le fatiche della giornata. Mercoledì, anche un poco di profumo e una cravatta sbagliata per la giornata più centrale della settimana. Una mezza votazione sul nulla intorno a mezzogiorno, e nel primo pomeriggio via da Roma, per tornare di nuovo nel collegio, a contatto con i cittadini che (non) vi hanno votato. Remigio, ma dove l’hai trovato il tempo per questa bella proposta?

X