L’Aventino è ormai una consuetudine per il Pd

L’Aventino è ormai una consuetudine per il Pd

ROMA – «In questo clima le opposizioni devono dare battaglia. Finché sarò capogruppo io, da parte del Pd non ci sarà nessun “Aventino” o abbandono dell’aula». Il presidente dei deputati del Pd Dario Franceschini ha preso la sua decisione e non saranno ammesse repliche. A Montecitorio maggioranza e opposizione si scontrano sul processo breve? Il Partito democratico scende in trincea. Con buona pace del presidente Rosy Bindi che l’altro giorno  – durante un battibecco con l’ex segretario Massimo D’Alema – aveva proposto con insistenza la linea dell’assenteismo.

Quella dell’abbandono dell’aula è un’ipotesi che il capogruppo Franceschini non vuole neppure prendere in considerazione. E già viene da ridere. Perché tra Camera, Senato e commissioni varie dall’inizio della legislatura il Pd è già salito sull’Aventino parecchie volte. L’ultima? Due giorni fa, in commissione Giustizia di Montecitorio. Guarda caso proprio sul provvedimento del processo breve. Quando durante la convocazione del Comitato dei nove il Pd ha disertato la riunione per protestare contro la maggioranza.

Ancora più drammatica la sollevazione di due settimane prima, durante la discussione del decreto legislativo sul nucleare nelle commissioni congiunte Ambiente e Attività produttive. Nel bel mezzo della votazione la piccola pattuglia Pd aveva abbandonato polemicamente l’aula. «Non ci faremo prendere in giro dal governo – aveva urlato ai giornalisti presenti il capo delegazione Andrea Lulli, visibilmente irritato – di fronte alle incoerenze della maggioranza noi preferiamo disertare il voto». L’Esecutivo aveva ringraziato ed era riuscito a far approvare il decreto sul nucleare senza troppi patemi.

Giustizia, nucleare, ma anche crisi libica. Non c’è argomento su cui il Pd non sia riuscito ad abbandonare il lavori parlamentari per protesta. Il 23 marzo scorso erano stati i senatori del Partito democratico a lasciare l’emiciclo di Palazzo Madama poco prima della votazione sulla risoluzione di maggioranza sulla questione nordafricana. «Non siamo interessati ad argomentazioni che servano a coprire le miserie di una maggioranza e di un governo in stato confusionale» aveva chiarito il segretario Pier Luigi Bersani. E la battaglia in aula promessa da Franceschini?

Al Senato, più che un’eccezione, quella dell’Aventino sembra una scelta ricorrente. Già a gennaio il gruppo del Pd aveva deciso di uscire dall’aula durante lo svolgimento di un’interrogazione urgente. Il ministro Frattini era intervenuto sulla vicenda dell’appartamento monegasco finito in mano al cognato di Gianfranco Fini. E la pattuglia Pd aveva rumorosamente deciso di disertare la seduta. «Perché nonostante le esortazioni del capo dello Stato a non mischiare le questioni politiche con le istituzioni – la spiegazione del capogruppo Anna Finocchiaro – oggi si piega il Senato alle esigenze della maggioranza».

La lista delle “fuoriuscite” democrat è ancora lunga. Nel giugno del 2010 i parlamentari del Pd avevano abbandonato Palazzo Madama durante la votazione del disegno di legge sulle intercettazioni. Nel settembre precedente non avevano partecipato ai lavori sul decreto correttivo del provvedimento anticrisi (quello dello scudo fiscale). Curiosamente poche settimane prima il gruppo alla Camera aveva avuto la stessa idea, disertando le votazioni delle commissioni sullo stesso documento.

E come dimenticare il duro braccio di ferro consumato nella commissione Affari costituzionali della Camera sulla legge elettorale europea. Era l’ottobre del 2008. Anche allora il Pd scelse di uscire al momento del voto, dopo che la maggioranza aveva bocciato tutti gli emendamenti dell’opposizione. «Non possiamo accettare in silenzio lo stravolgimento delle più elementari regole democratiche» aveva tuonato il capogruppo in commissione Sesa Amici.
La prima secessione? Probabilmente nel giugno del 2008, a poche settimane dall’insediamento del nuovo governo. Quel giorno il Pd abbandonò l’aula di Palazzo Madama prima del voto sul decreto sicurezza. «Stiamo assistendo a un film già visto – dichiarò all’epoca Anna Finocchiaro – non è questa la politica che avremmo voluto vedere». Siamo d’accordo.

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