«O me o lui». Con qualche giorno di ritardo Letizia Moratti arriva al punto. O Roberto Lassini, promotore dei manifesti che equiparano Magistrati e brigatisti, ritira la candidatura al consiglio comunale, oppure lei stessa non si ricandiderà a sindaco di Milano. Siamo dunque al punto finale: comunque la si pensi sulla magistratura e la giustizia italiana, quei manifesti sono incompatibili con il governo democratico della città e del paese, perché la magistratura va riformata ma non la si può insultare.
Nel tardivo aut aut di Letizia Moratti, tuttavia, qualcosa non torna. Ricapitoliamo i fatti per capire di che parliamo. Venerdì Edmondo Bruti Liberati denuncia i manifesti. Poche ore dopo Linkiesta manda un suo cronista a fare un rapido sopraluogo e trova la città effettivamente tappezzata. Nelle ore seguenti i siti dei grandi giornali uno dopo l’altro riportano la notizia, che il giorno dopo è in prima pagina di Repubblica e Stampa. Il Corriere della Sera, la voce della borghesia illuminata di Milano, relega la storia lontano dagli occhi e dal cuore. Fino a ieri, quando riappare in prima pagina, con un duro commento del vicedirettore Giangiacomo Schiavi cui segue, oggi, un’altra dura presa di posizione da parte di Umberto Ambrosoli.
Nel pomeriggio di ieri, con la prudenza che è propria del ruolo e avendo atteso che le polveri si depositino un po’, interviene il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, denunciando uno scontro istituzionale arrivato (ancora una volta) oltre il limite.
Al quinto giorno, infine, arriva anche l’aut aut di Letizia Moratti: «La mia candidatura a sindaco è incompatibile con la candidatura di Lassini nel Pdl», lasciando intendere che adesso si apre la via – complicata, a liste chiuse – di un’uscita di Lassini dalla candidatura. A parte la tempistica biblica del sindaco, che tra l’altro oggi aveva una scadenza importante per il travagliato parto dell’Expo2015, a noi resta un dubbio di metodo e di merito che vogliamo rendere pubblici. Letizia Moratti non sapeva della “Associazione dalla parte della democrazia” di Lassini? Se sapeva, doveva dire la sua per prima, non per ultima. Se non sapeva, invece, è anche peggio: sarebbe bene sapere nel dettaglio chi si porta al governo della città. Sa tutto, il sindaco Moratti, degli altri candidati che vorrebbe la affiancassero nella prossima legislatura cittadina?
Si dice spesso che un leader, un capo, un amministratore delegato, un sindaco, si valutano sulla base della capacità di scegliere i collaboratori e le “truppe”. La vicenda dei manifesti di Lassini, aldilà del merito della questione, lascia qualche dubbio sulla mano ferma che si chiede a un capitano quando costruisce la sua squadra. Perché forse, sotto il cielo di Milano, succedono cose ben più importanti e gravi di quegli idioti e odiosi manifesti.