Se lo smottamento non viene arginato nelle sue prime fasi rischia di diventare una valanga. Così il centrodestra cagliaritano è andato incontro al disastro, annunciato, delle elezioni comunali che hanno sancito il trionfo del giovane Massimo Zedda. Uno dei nuovi enfant prodige della politica italiana, venuto su quasi per caso dalla nidiata che Nichi Vendola sta allevando nel laboratorio di Sel. Il risultato è impietoso: 55 mila crocette sul nome del candidato più giovane, quello portato in trionfo da centinaia di suoi coetanei nel corso dei festeggiamenti che a Cagliari sono andati avanti per tutta la notte di lunedì, poco più di 34 mila su quello dello sconfitto.
Massimo Fantola (esponente di una famiglia della Cagliari che conta, docente universitario, ex consigliere regionale ed ex senatore) non ha potuto far nulla per evitare che l’uragano lo travolgesse: il cambiamento di strategia durante la campagna elettorale per il ballottaggio non gli è bastato e ha anzi aggravato il distacco con l’elettorato. Tanto che lo svantaggio nei confronti del suo avversario, che ha continuato a parlare di cambiamento, trasparenza e innovazione, è passato dai 400 voti del 16 maggio ai quasi 16 mila del secondo turno. Il vecchio leader referendario (non tanto d’età quanto di militanza) ha dovuto chinare il capo, riflettendo sul vento del Nord, quello che da Torino e Bologna si è esteso poi a Milano, ha abbattuto le speranze del centrodestra a Napoli e interrotto un dominio cagliaritano che si perpetuava dal 1993. Lo stesso Fantola sa che non può prendersela solo con il berlusconismo in declino: al primo turno la sua coalizione è stata capace di portare a casa il 53 per cento dei voti. Consensi che sono spariti quando c’è stato da sostenerlo al ballottaggio.
E allora entrano in gioco anche altri fattori: la latitanza del presidente della Regione Ugo Cappellacci, che non ha fatto un solo giorno di campagna elettorale, il distacco non solo apparente del sindaco uscente Emilio Floris e un disagio evidente che è stato manifestato da parte degli elettori di Pdl e Udc. Perché, i numeri sono lì a testimoniarlo, la scelta di affidare al capo dei Riformatori sardi la guida dell’alleanza non è mai stata digerita fino in fondo dal resto della coalizione.
Ora, comunque, tocca a Zedda. Forte del quinquennio già maturato all’opposizione in Consiglio comunale (e del biennio di esperienza da rappresentante di Sel in quello regionale) il giovane che mangia pane e politica sin da quando era bambino è perfettamente conscio di quello che lo aspetta. Sa che la politica, ritappate le bottiglie di champagne e liberate le piazze, riserva insidie a ogni passaggio.
La prima è quella rappresentata dalla proclamazione degli eletti, prevista non prima di venerdì. C’è da sciogliere il dilemma dell’anatra zoppa: della possibilità, cioè, che il Consiglio comunale sia a maggioranza di centrodestra, complice il risultato ottenuto dalle liste al primo turno. L’ufficio elettorale del Comune e il ministero degli Interni dicono che è così ma il Pd ribatte esibendo una sentenza del Consiglio di Stato a proposito delle elezioni di Alba, in Piemonte. In quel caso la maggioranza dei seggi venne assegnata ai vincitori del ballottaggio e il centrosinistra cagliaritano pretende che lo stesso trattamento venga riservato a Massimo Zedda. A decidere, in prima istanza, sarà la commissione elettorale centrale, presieduta da un magistrato. Poi la parola, c’è da scommetterci, passerà al Tar.