Comunque vada a finire, il consiglio comunale di Milano sarà più giovane. Sia che il nuovo sindaco sia Giuliano Pisapia, sia che venga riconfermata Letizia Moratti, a Palazzo Marino ci sarà un sensibile svecchiamento delle poltrone. Nel consiglio uscente, infatti, l’età media dei componenti era di 51,4 anni. Su sessanta consiglieri solo tre erano under 35, vale a dire il 5% del totale, come dicono i numeri più recenti forniti da Anci Giovane (elaborazione Ifel – Ufficio studi autonomie locali e sistemi territoriali su dati dell’anagrafe degli amministratori del Ministero dell’Interno).
Il prossimo parlamentino milanese, invece, vedrà dagli otto ai nove under 35 su un totale di 45 componenti. Una percentuale tra il 16,6 e il 18,7%. Più del triplo rispetto ai predecessori. E se il più giovane degli uscenti era un 28enne, tra le new entry l’enfant prodige sarà il 20enne Mattia Calise, il candidato sindaco dei grillini. L’età media sarà compresa tra i 45,9 ai 47, 5 anni – tenendo conto anche del candidato più anziano del consiglio, il 75enne capolista del Pdl, che probabilmente rinuncerà alla carica per adempiere agli altri suoi obblighi istituzionali – mentre la media degli uscenti era di 51 anni. Certo, 4 o 5 anni in meno non fanno una rivoluzione, ma di sicuro qualcosa si muove.
Il dato milanese rientra così quasi nella media dei comuni: in Italia, su circa centomila amministratori, i giovani sono 25mila. Se per «giovane» prendiamo proprio la definizione dell’Anci, che definisce così gli amministratori sotto i 35 anni. «Una volta su quattro i cittadini scelgono questi candidati, sia che si tratti di un piccolo centro che di una grande città. Il risultato di Milano si allinea a questa tendenza», dice il presidente di Anci Giovane, Giacomo D’Arrigo. Ma i nuovi ingressi a Palazzo Marino non sono solo una questione di media aritmetica. I candidati più giovani hanno avuto anche una notevole affermazione alle urne, piazzandosi ai primi posti nella classifica delle preferenze, soprattutto nel centrosinistra.
Nella lista del Pd, dietro le oltre 13mila preferenze di Stefano Boeri, c’è l’inaspettato secondo posto del 30enne Pierfrancesco Maran, consigliere uscente che ha raccolto 3.530 voti superando molta della nomenclatura locale dei democratici. Nella lista civica per Pisapia è arrivata in testa, con 1034 preferenze, la 34enne insegnante di scuola primaria e scout Anna Scavuzzo. Per ottenere risultati così ci vuole il fisico. «Ogni estate con i ragazzi del mio gruppo facciamo un campo scout in Bosnia Erzegovina», ci racconta la Scavuzzo. Maran invece è stato il protagonista di una maratona elettorale da guinness: 24 comizi in 24 ore, all’ultimo giorno prima del silenzio elettorale. Non lo ha fermato neanche il diluvio di mezzanotte alle colonne di San Lorenzo. Imprese difficilmente alla portata degli over 60.
I nuovi signori delle preferenze si sono affermati anche a Bologna. Nelle liste di Pd e Sel, alle spalle dei big Cevenini e Frascaroli, sono arrivato il 26enne Andrea Colombo e la 30enne Cathy La Torre. Rispettivamente con 1.306 e 810 voti. Nessuno dei due era un esordiente. Colombo era già consigliere nel quartiere San Vitale, La Torre si era già candidata nel 2008. «Anche a Bologna c’è stato un generale ringiovanimento dei consiglieri», osserva Gianluca Passarelli, ricercatore dell’Istituto Cattaneo. Non male per una città in cui fino a poco tempo fa il consiglio comunale non c’era, facente funzioni la 67enne Anna Maria Cancellieri, commissario prefettizio. «Bisogna riconoscere che qui la loro parte l’hanno fatta i partiti, soprattutto il Pd, presentando liste in cui l’età media era più bassa del solito. Così c’erano già in partenza più probabilità che i giovani venissero eletti», commenta Passarelli.
Le preferenze, però, incominciano a muoversi in modo diverso dal solito. «Uno dei fattori che tradizionalmente influisce più sulla distribuzione di preferenze è la quantità di risorse economiche a disposizione», spiegano dal Cattaneo. Ovvero, più soldi ha il candidato, più è alta la probabilità di prendere voti. Il successo degli under 35 va contro questa tendenza: «I candidati più giovani sopperiscono alla minore quantità di risorse a disposizione con altri mezzi. Una presenza più attiva sul territorio o sui social network, ad esempio», aggiunge il ricercatore. Vantaggi dell’età. La Moratti ha scoperto Facebook e Twitter solo in questi giorni e fra l’altro con qualche goffaggine.
Da qui a dire che le ultime elezioni sono state il trionfo dei giovani ce ne passa. Basta guardare Napoli dove, in attesa della definizione del consiglio, tra i primi nelle liste non c’è traccia di under 35. «I meccanismi virtuosi che si sono messi in moto altrove qui non ci sono stati. Non ci si schioda dalla logica dei capobastone» dice Francesco Nicodemo, 32 anni, consigliere uscente del Pd che nonostante le 1.084 preferenze raccolte non sarà riconfermato. «Io avevo portato avanti le battaglie dei cosiddetti “rottamatori”, chiedendo che chi aveva già fatto tre o quattro mandati non venisse confermato. Macchè, erano tutti in lista». Così a Francesco non sono state sufficienti le cose già fatte in consiglio: «Il wifi nelle piazze, la pista ciclabile da Bagnoli a San Giovanni, rendere i dati del comune open source», elenca. Al massimo potrà consolarsi col fatto che se il candidato che sostiene ora, Luigi De Magistris, 43 anni, vincesse il ballottaggio, sarebbe uno dei sindaci più giovani della storia di Napoli: «A quel punto sarebbe da svecchiare non solo il consiglio, ma tutta la macchina amministrativa», dice Nicodemo.
A Torino – che aveva un consiglio dall’età media di 49,1 anni – invece ha festeggiato il 34enne Stefano Gallo, con 2415 voti è stato il più votato del Pd. Nella lista di Sel è arrivato in testa, con 2225 voti, Michele Curto, 31 anni. Gallo è un ingegnere informatico con già una legislatura alle spalle; Curto è da tempo impegnato nell associazionismo, ha fondato Flare, organizzazione vicina a Libera di Don Ciotti. Entrambi possono sperare in un posto nella nuova giunta Fassino. Il successo dell’ex segretario Ds era stato commentato così qualche giorno fa da Massimo D’Alema: «è un buon segnale per la vecchia guardia». Dagli scrutini del 16 maggio è arrivato qualche buon segnale anche per la nuova.