Entra livida nella saletta al piano terra di Palazzo Marino. Sembra ancora più piccola, stretta nella sua giacca chiara. Non vuole neppure sedersi, ma i fotografi e i cameraman la obbligano per questioni tecniche. Allora trascorre qualche minuto in cui si offre ai flash e alle telecamere, smarrita. Poi si siede e inizia a parlare (vedi il video realizzato dal Fatto Quotidiano). Letizia Moratti, sindaco uscente di Milano e in corsa per il secondo mandato, annuncia una conferenza stampa frettolosamente apparecchiata per contrastare di lì a pochi metri, in piazza della Scala, quella del candidato per il centro-sinistra Giuliano Pisapia. Una campagna elettorale strana, questa. Con un colpo di scena improvviso, a pochi giorni dal voto e con i sondaggi ancora in bilico. Qualcuno parla di autogol in zona Cesarini. Qualcuno, soprattutto dal cuore romano-milanese del Pdl, la pensa diversamente.
In conferenza stampa, il sindaco la racconta a modo suo: «Il contesto politico in cui si muoveva Pisapia in quegli anni è quello attestato dalla autorità giudiziaria di primo grado. Sul piano politico quindi ho inteso dire che la storia di Pisapia non è la storia di una persona moderata senza entrare nel merito del giudizio». La interrompe una cronista: «Ma lei ha citato una sentenza..». Replica: «Ribadisco, il mio era un giudizio politico, ma la sentenza c’era». I giornalisti insistono: Perché non ha citato l’assoluzione in appello? Acrobazie verbali: «Volevo rimarcare una differenza sul piano politico». Poi tenta una rimonta: «Quando vengo accusata di essere asservita ai poteri forti, quando vengo accusata di essere serva di un padrone questo è leale? Accusarmi di tutto questo è una bassezza. La mia storia è la storia di una persona moderata per nascita e per crescita dall’altra parte vi è una persona che non può certo considerarsi moderata. Io ho detto solo questo e null’altro senza voler mettere in difficoltà nessuno».
Il portavoce, Alessandro Usai, la indirizza all’uscita, annunciando alla stampa che la conferenza è conclusa. Nel frattempo, fuori dal Palazzo, in Piazza della Scala, Pisapia legge un comunicato stampa in cui ribadisce la sua innocenza, e annuncia querela. Pochi minuti prima dell’arrivo del segretario Bersani, giunto in città per uno degli ultimi endorsement alla campagna del candidato di centro-sinistra. Qualcuno, dentro il partito, ascrive la manovra a una consigliera sempre più vicina al sindaco, in particolare nell’ultima settimana: Daniela Santanché. «La cosa non mi stupirebbe affatto – racconta un suo collaboratore – Non dimentichiamo che è un politico molto vicino al “Giornale” di Alessandro Sallusti. Un quotidiano ormai specializzato in indagini e inchieste. Chissà, magari le indiscrezioni gliele hanno fornite proprio loro». Di sicuro, Daniela Santanchè aderisce esplicitamente alla linea, dichiarando alle 20.30 circa: «La Moratti ha ragione, Pisapia non può fare il sindaco». Alla prima linea in difesa del sindaco, si iscrive anche Maria Stella Gelmini: «È sicuramente una moderata e una garantista, mentre Pisapia è stato vicino agli estremisti e non può governare una città moderata come Milano».
Sui giornali, della vicenda, si era anche parlato anche apertamente, in verità, e proprio su un giornale concorrente di Sallusti, Libero. in un articolo di Andrea Morigi, pubblicato su Libero, il 28 aprile di quest’anno. Nel pezzo si raccontano i presunti anni ruggenti della gioventù dell’avvocato. Declinata, secondo l’avviso del cronista, alla lotta armata. Però, il giornale di Vittorio Feltri e Maurizo Bielpietro scriveva anche: «Il 7 ottobre 1980 “Giuliano Pisapia è stato catturato”, scriveva il pm milanese Armando Spataro nella sua requisitoria contro Prima Linea, “a seguito delle rivelazioni di Roberto Sandalo”. Sta quattro mesi in galera, fino al febbraio 1981, quando gli viene concessa la libertà provvisoria. La Procura della Repubblica di Milano lo accusa di partecipazione semplice alla banda armata Prima Linea e di aver progettato insieme ad altri un sequestro di persona fra il settembre e l’ottobre del 1977. Capi d’imputazione pesanti, ma che si riveleranno inconsistenti, tanto da condurre nel giugno del 1982 al proscioglimento per il reato di banda armata e al rinvio a giudizio per il progettato sequestro, a cui seguirà un’assoluzione». L’articolo prosegue dipingendo un affresco di frequentazioni legate ad esponenti di Prima Linea. Tuttavia cita la sentenza con cui l’allora giudice istruttore Elena Paciotti liquidava la questione: «Pur nelle diverse interpretazioni del ruolo di Pisapia e Trolli fornite dalle dichiarazioni dei tre coimputati con loro in contatto (Barbieri, Donat Cattin e Sandalo) non risulta da nessuno affermato in termini di certezza l’avvenuto ingresso nella banda armata degli stessi».
Gli appuntamenti del sindaco uscente, nel frattempo, saltano. Un uomo dentro il pdl milanese racconta che il sindaco doveva ricevere il console cinese alla Camera di Commercio. Incontro cancellato. Intanto, dal partito, si registrano reazioni contrastanti. Se nella base in forze al comune si prende tempo, il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, preferisce non commentare. La Lega, invece, si affretta a segnare la misura dal pdl: «Invitiamo Letizia Moratti a contrastare Pisapia sul futuro e non sul passato. Siamo nel 2011 – ha commentato Salvini, potenziale vice leghista di un Moratti-bis – e alla Lega non interessa che si parli del Sessantotto ma del 2015. Quello che ci preoccupa di Pisapia non sono certo i suoi trascorsi ma il fatto che la sua Milano sarebbe quella delle moschee, dei campi rom e dei Leoncavallo ovunque». Poi arriva Bossi e bolla l’uscita come “inutile”.
Ma nel cuore romano del Pdl qualcuno è convinto che l’uscita di Letizia Moratti sia tutt’altro che un autogol. Anzi, per il berlusconiano di stretta osservanza Giorgio Stracquadanio, custode del Predellino fondativo, il colpo basso di oggi potrebbe persino di avvicinare il sindaco uscente alla rielezione. «Stando agli ultimi sondaggi – racconta il parlamentare – Letizia Moratti non raggiunge il 50 per cento delle preferenze solo in due zone di Milano: una parte consistente del pieno centro, zona 1, e l’area delle ville di San Siro». I quartieri della più ricca borghesia cittadina. Gli unici dove, a sentire Stracquadanio, il candidato del centrosinistra raccoglie gran parte del suo consenso. «Dopo il faccia a faccia di oggi – continua il parlamentare del Pdl – Pisapia non potrà più nascondere il suo passato e la sua contiguità al terrorismo rosso. Ma soprattutto, non potrà più presentarsi a quell’elettorato come un intellettuale illuminato, con i suoi toni molto civici e pulitini». Il risultato, secondo Stracquadanio? Un sensibile calo di voti che porterebbe Letizia Moratti a vincere al primo turno.
«Già da qualche giorno – racconta Stracquadanio – ricevo e-mail su quella vicenda». Il mittente? «Movimenti legati all’Italia dei Valori di Di Pietro». A Milano, insomma, la “storia” gira già da qualche giorno, mentre la sentenza definitiva di assoluzione risale al 1982. Tanto che Pisapia avrebbe provato a mettere a tacere le voci oscurando il suo sito internet. «Non credo sia un caso – continua Stracquadanio – che da lunedì scorso non è più possibile postare commenti sul suo blog».
Il Premier tace, e alle agenzie che parlavano di una sua “ira” per la vicenda replica, attraverso Paolo Bonaiuti, dichiarando «nessuna ira e nessun commento».
Uno stile davvero sobrio, di questi tempi.