I nervi di Beppe Grillo non hanno retto l’impatto del voto. La vittoria del centrosinistra, dopo che lui stesso aveva toppato le previsioni, gli ha fatto davvero troppo male. Così, leggendo tra le righe dei suoi insulti e sproloqui non proprio informati su Milano, a noi viene un dubbio: vuoi vedere che è arrabbiato perché il suo Movimento Cinque Stelle, questa volta, non ha deciso neanche un sindaco?
Alle ultime regionali, dopo tutto, il Movimento era stato decisivo: aveva fatto perdere la governatrice piemontese Mercedes Bresso, ad esempio, a vantaggio del leghista Cota. Questa volta, invece, pur raccogliendo bei numeri al primo giro (soprattutto in Emilia Romagna), non ha condizionato il voto. O forse sì: e al comico genovese l’idea che molti dei suoi possano aver scelto al secondo turno un candidato di centrosinistra davvero è andata giù. L’idea che insomma a qualche grillino qualcuno sembri ancora perfino meno peggio di qualcun’altro risulta a Grillo del tutto intollerabile, anche perché contraria alla ragione fondativa del suo stesso movimento. Perdipiù, ad aggravare il malumore di Grillo, deve aver contato il fatto che Pisapia e il suo staff si sono mossi assai bene nel mare in cui il comico si sentiva l’unico squalo, cioè la Rete.
Solo che, purtroppo per Grillo, la democrazia funziona così: chi prende più voti degli avversari, chi sa meglio aggregare il consenso e rappresentare gli interessi – una categoria, non una parolaccia – governa e a tutti è dato il diritto e il dovere di vigilare, di controllare, di contestare. Noi, nel nostro piccolo, lo faremo a cominciare proprio da Milano e da Giuliano Pisapia e dalla Napoli di De Magistris, perché interessa a noi, ai nostri lettori e alla città. E perché è il nostro mestiere. Quelle di Grillo però sono chiacchiere da bar o, peggio, opportunismi tattici di chi sul fatto che “tanto non cambia niente” ha fondato la propria carriera.
Senza nemmeno aver detto in modo chiaro: «Scendo in campo».