«Accendete Al-Jazeera in un qualsiasi momento del giorno o della notte e superficialmente assomiglia a qualsiasi altro canale di news». Iniziava così il libro di Hugh Miles Al Jazeera: The Inside Story of the Arab News Channel That is Challenging the West. Era il 2005, e quattro anni prima il nome di Al Jazeera aveva appena iniziato a girare il mondo.
Dopo la trasmissione dei primi messaggi di Osama bin Laden nel 2001, l’emittente fatto il giro del globo. Era la prima volta che un media arabo (e in arabo) riceveva così tanta attenzione. Oggi, come sull’impero di Carlo V, su Al Jazeera non tramonta mai il sole. Dal primo novembre del 1996, il primo giorno di trasmissioni del canale arabo, all’apertura all’inglese con Al Jazeera English dieci anni più tardi, l’emittente partita dal Qatar ha conquistato il mondo. Oggi, il canale in inglese trasmette quattro ore al giorno dai quattro centri di produzione di Doha, Kuala Lumpur, Londra e Washington.
Dal novembre 2006, Al Jazeera English arriva in 80 milioni di case in tutto il pianeta, e ha programmi di crescita che prevedono di raggiungerne 220 milioni in sei continenti e più di cento Paesi. Quella che oggi è un’emittente sempre più globale, ha un’origine da mezzo pubblico: l’emiro del Qatar, lo sceicco Hamad bin Khalifa, era stato il principale finanziatore del canale, le cui quote sono possedute sia dal governo dell’emirato che da privati.
Proprio il ruolo del Qatar è al centro di un cable di Wikileaks datato 19 novembre 2009. Il paese che ospiterà i mondiali di calcio del 2022, «potrebbe usare l’emittente come strumento di scambio per riparare le relazioni con altri paesi con i quali ci sono stati rapporti resi tesi da Al Jazeera, fra cui gli Stati Uniti». Il Guardian comunque, sottolineava come i memo della diplomazia americana «contraddicessero in pieno i proclami di indipendenza editoriale di Al Jazeera, questo malgrado gli ingenti finanziamenti dello stato del Golfo».
L’importanza di Al Jazeera è nata “mediaticamente” sotto il segno dei messaggi di bin Laden. Robert Fisk, in The Great War for Civilization descrive così l’arrivo dei messaggi: «La propaganda di Osama era molto semplice. Si registrò il suo messaggio e incaricò uno dei suoi di portarlo al ufficio di corrispondenza di Al Jazeera a Kabul». In quel momento la redazione di Al Jazeera era l’unica presente in Afghanistan dove, il 7 ottobre 2001, iniziarono i bombardamenti degli alleati.
Secondo i dati di Allied Media Corp che si riferiscono principalmente agli Stati Uniti dove non è ancora visibile via cavo, il 45% degli spettatori ha meno di 40 anni, vive principalmente in aree urbane o suburbane e nei vari paesi arabi ha un indice di penetrazione che va dal 23% al 99% della Striscia di Gaza e il West Bank.
Proprio i dati di ascolto rivelano la vera natura di Al Jazeera e di tutti gli altri canali all-news globali. L’influenza dei canali va molto oltre il numero di spettatori, che negli Usa – ad esempio – sono in calo da tre anni consecutivi e sono scesi fino a 3,2 milioni per il prime time, come testimonia questo studio sui numeri dei network via cavo. Come scriveva Business Week all’alba dell’apertura della francese France24, i francesi sarebbero stati dei nuovi concorrenti «nella battaglia globale delle immagini, a lungo dominata dalle anglo-americane BBC e CNN e la più recente aggiunta di Al Jazeera».
I costi per partecipare a questa “battaglia globale” sono altissimi. Secondo Forbes, il solo investimento per il canale in inglese di Al Jazeera arriverebbe a 1 miliardo di dollari, con circa 100 milioni di dollari di perdite l’anno. Si tratta del prezzo da pagare per competere su uno scenario che non è assolutamente quello della redditività economica, ma è basato sull’importanza mediatica e politica del canale.
E, in questo campo, Al Jazeera è stata anche la voce della primavera araba e così si è affermata definitivamente nel mondo dei media globali. Nel corso degli anni ha anche effettuato una campagna acquisti calcistica per quanto riguarda le grandi firme del giornalismo anglosassone, come David Frost dalla quarantennale carriera in tv all’attuale direttore ed ex capo della tv canadese in lingua inglese Tony Burman.
Al Jazeera ha imposto agenda, temi e notizie, ripreso video e blog, tweet e telefonate grazie anche a una rete di corrispondenti che sono stati la vera voce (e megafono) delle rivolte. La tendenza a dettare l’agenda ha dato anche luogo alla diffusione di notizie non verificate, come nel caso della prima fase della guerra in Libia. Quello che è certo è che, a dieci anni dalla sua comparsa sulla scena mediatica mondiale, Al Jazeera is here to stay, come dicono gli americani: è qui per restare.