Il Signore non lo si incontra solo nella fede, altrimenti basterebbe avere fede e poi fare quel che si vuole. No, lo si incontra invece nell’amore. Sono parole di quasi immediata evidenza che entrano in ogni relazione anche tra le persone. Le parole semplici però corrono il pericolo di non essere considerate, cioè di passarci sopra, dicendo “le conosco”.
VI Domenica di Pasqua
Giovanni 14, 15-21 (leggi qui il testo integrale)
Il centro del testo è amare Gesù, che è il centro del Cristianesimo. Amare è osservare la Parola, perché si può amare a parole oppure facendo le parole. L’amore consiste non tanto nelle parole o nei sentimenti ma nei fatti e nella verità, in fatti, quindi azioni, che corrispondono alla verità del cuore.
Per capire questo comandamento dell’amore, va tenuto presente il sottofondo, cioè il grande comando dato a Israele: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua vita, con tutte le tue forze, la tua intelligenza. L’amore è una cosa tale che quando tu ami una persona, quella persona ce l’hai dentro e diventa la norma della tua vita. Sai cosa pensa lui, sai cosa fa lui e fai ciò che fa lui nella misura in cui ami ciò che fa. L’amore non è solo un sentimento, tocca tutto l’essere: è una comunione nell’essere più profondo, è unione di intelligenza, di volontà e di azione che ci rende come Dio.
«Se mi amate, osserverete i miei comandi;
Gesù ha parlato nel capitolo precedente dell’amore reciproco: Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Ora va più a monte e dice: amate me. Perché? Perché Lui ci ama, e l’amore reciproco desidera la reciprocità. È amando Lui che noi possiamo amare gli altri come Lui ci ha amato, perché abbiamo il suo stesso amore.
L’amore è la divinizzazione dell’uomo ed è una parola che tutti intuiamo e che non si riesce mai a precisare perché è infinita come Dio, è infinita come la vita. Osservare vuol dire “guardare bene, con cura, per conoscere”, ma vuol dire anche “praticare”: cioè l’amore diventa conoscenza, ma anche pratica, diventa fare i suoi comandi. Gesù ha dato un solo comando, quello dell’amore. Però qui li chiama comandi, al plurale, perché l’amore poi si esplicita in ogni azione. Gesù li chiama “miei”, perché li osserva lui stesso, è il primo che ama.
Come si può comandare l’amore? E come l’amore può avere dei comandamenti? L’amore non è libertà? Sì, l’amore è libertà, eppure è quella libertà che “co-manda” ogni singola azione in una direzione invece che nell’altra. Perché l’amore conosce molti obblighi e molti doveri. L’amore non è fare quel che mi pare e piace, l’amore è volere il bene dell’altro e servire, l’amore è mettere in gioco la propria vita, l’amore è esattamente il contrario dell’egoismo. L’amore è una legge suprema che mi fa capire, in ogni singola azione, se quell’azione è vera o falsa: se conduce, cioè, alla vita o alla morte.
«Osserverete» ricorre qui nella forma al futuro non perché rimandi a un tempo più opportuno – non lo troviamo mai – ma è un dinamismo, qualcosa che incomincia, che è già incominciato ed è in progresso continuo.
«E io pregherò il Padre e vi darà un altro Consolatore, affinché sia con voi in eterno,
Consolatore in greco, la lingua in cui sono stati scritti i Vangeli, è Paraclito che vuol dire “l’avvocato difensore”, colui che è “chiamato presso”.
Abbiamo preferito tradurre Consolatore, perché Gesù definisce questo Spirito come colui che “sarà sempre con voi”. Lo Spirito Santo è consolatore perché non ti lascia mai solo. Chi ama non è mai solo, è con l’altro che lo ama.
«Un altro Consolatore». Gesù in questo discorso paragona anche la sua presenza allo Spirito Santo. Il primo Consolatore è stato Gesù, è stato “presso” di noi, andandosene sulla Croce ci dà la pienezza del suo Spirito, e questo sarà con noi in eterno, in eterno avremo questa compagnia.
Il credente, per sé, se sta davanti a Dio è sempre consolato. Può avere qualunque situazione, può stare anche in punto di morte: non è solo. È diverso essere soli da essere con un altro che ti ama. E se quell’altro è il Signore della vita, è diverso ancora. C’è una gioia e una consolazione interiore che nessuno ti può dare se non Dio stesso, e che nessuno ti può rapire. È la nostra identità questo Spirito, è il punto più profondo di noi stessi.
«lo Spirito della verità, che il mondo non può accogliere, perché non lo vede, né conosce.
Dopo aver detto che questo Consolatore è con noi in eterno, gli dà un nome: Spirito della verità. Lo Spirito è il respiro, è la vita, è la verità. Questo Consolatore che viene dato a noi è la vita vera di Dio, la vita di Dio, è l’amore tra Padre e Figlio che è sempre con noi. Ed è il principio di ogni nostra azione.
«Il mondo non lo può accogliere» perché sta nella menzogna, cioè nell’egoismo, nella paura, non conosce l’amore. Non può accoglierlo perché non lo conosce. Bisogna che il Figlio dell’uomo sia appeso sulla Croce, perché il mondo venga attratto a lui e conosca che Dio è amore.
«Voi lo conoscete, perché dimora presso di voi e sarà in voi.
I discepoli sono da anni con Gesù e conoscono lo Spirito, perché ha dimorato presso di loro in Gesù. Gesù in tutta la sua vita non ha fatto altro che mostrare questo amore del Padre verso i figli e quello che ha lui verso i fratelli.
«In voi». Se mentre ero vivo, vuol dire Gesù, era presso di voi e vi accompagnava, dopo non sarà più presso di voi, sarà dentro di voi. Riceverete voi quell’amore, perchè l’avrete visto e contemplato sulla Croce, saprete amare come io ho amato e allora avrete la mia stessa vita divina.
«Non vi lascerò orfani, vengo da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vede più, ma voi mi vedete, perché io vivo e voi vivrete.
Gesù sta per andarsene, i discepoli sono tristi, smarriti. La parola “orfano” vuol dire “orbato” come se ti mancasse l’occhio, il padre, l’amico, lo sposo o la sposa, ti mancasse l’altra parte che ti fa essere te stesso. Senza Gesù che è il Maestro, i discepoli non sono più discepoli.
«Vengo da voi»: vado via da voi con il corpo e vengo da voi con lo Spirito, con la pienezza di vita. «Ancora un poco e il mondo non mi vede più»: tra poche ore il mondo lo appenderà sulla Croce. I discepoli invece lo vedranno ancora, perché Lui è il vivente, perché Gesù sa dare la vita, la sua stessa morte è dare vita, è dare amore.
Come faremo a vederlo? Lo vedremo perché noi stessi vivremo. Cosa vuol dire? Io posso conoscere il Signore che ama, se lo amo. Posso conoscere il Signore Risorto, se risorgo anch’io. Risorgere vuol dire passare dalla morte alla vita, passare dall’egoismo all’amore. Chi ama, vive, ha la vita di Dio e allora vede Dio in tutte le cose, perché ce l’ha dentro.
«In quel giorno voi conoscerete che io (sono) nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Nell’Antico Testamento quando si parla di “quel giorno” è il giorno del Signore, è il giorno della fine del mondo, è il giorno in cui Dio rivela la sua gloria, è il giorno in cui salva l’uomo. Quel giorno, è il giorno della Resurrezione.
«In quel giorno» – mancano ormai tre giorni – «voi conoscerete che io sono nel Padre». Cosa capiranno nel giorno di Pasqua i discepoli, dopo aver visto il Signore che ha dato la vita con amore? Capiranno che il dare la vita per amore, non è morte ma è pienezza di vita. Capiranno che Gesù, il Figlio, è nel Padre. Cosa vuol dire che il Figlio è nel Padre? Una persona è nell’altra persona, nella persona che lo ama e lo accoglie.
«Chi ha i miei comandi e li osserva, quegli è chi mi ama; ma chi ama me, sarà amato dal Padre mio e io amerò lui e a lui manifesterò me stesso».
Gesù ripete quel che ha detto all’inizio, capovolgendolo. All’inizio ha detto: se mi amate osserverete i miei comandi; qui dice: se osservate i miei comandi, mi amate. Se ami, cosa avviene? Tu conoscerai l’amore del Padre, perché se tu ami Gesù, Gesù è in te, tu diventi come Gesù, quindi diventi figlio. Allora conosci l’amore del Padre per te, che c’è sempre stato dall’eternità, ma che mai hai conosciuto.
È solo nell’amore che si conosce. Chi ama conosce Dio, chi non ama non lo conosce, perché Dio è amore.
*biblista e scrittore
Il testo è una sintesi redazionale della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano nel corso di vari anni. L’audio originale può essere ascoltato qui.
Nella foto: Mattia Montemezzani, «Verrò da voi», matita pastello acrilico e gesso su carta, 2011 – per gentile concessione di Galleria Blanchaert e Galleria Clas Art