«La fiducia non è prevista, infatti il Colle non l’ha chiesta»

«La fiducia non è prevista, infatti il Colle non l’ha chiesta»

La questione dei nuovi sottosegretari non è ancora finita. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, forse in risposta ad alcuni attacchi subiti, ha emesso una nota in cui puntualizza che non rientra nei suoi poteri impedire l’allargamento del governo, ma che «spetta ai presidenti delle Camere e del Consiglio valutare le modalità con le quali investire il Parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il governo». Insomma, la maggioranza è cambiata: ha incorporato membri di gruppi che non si erano presentati nella coalizione scelta dagli elettori. Serve un voto di fiducia? Linkiesta lo ha domandato a Enzo Balboni, professore di Diritto Costituzionale presso l’Università Cattolica di Milano.

Quali sono le basi costituzionali che hanno spinto il Presidente a chiedere la fiducia?

Innanzitutto, Napolitano non ha chiesto il voto di fiducia. Questo è un punto. Secondo la Costituzione, il governo formato deve chiedere la fiducia alle Camere. Si presenta alle Camere, che decidono se dare fiducia e quindi investire l’esecutivo della pienezza dei suoi poteri. Questo vale all’inizio della legislatura.

Cosa succede se c’è una mutazione?

Non è previsto il voto di fiducia, e infatti la nota del Presidente è, in questo senso, corretta. A mio avviso, Napolitano ha voluto mandare un segnale, soprattutto a coloro che lo avevano criticato per non avere impedito le nomine dei nuovi sottosegretari. Come puntualizza, non era una cosa in suo potere. Però, quello che è successo, cioè le nuove nomine, non è indifferente. Il gruppo dei responsabili, di nuova formazione, ha sostituito un altro gruppo, quello di Futuro e libertà. Un cambiamento c’è.

Cosa ha chiesto allora Napolitano?

La sua nota esprime un suggerimento, anzi, direi che è un caso di persuasione morale, di moral suasion. Non esiste un dispositivo giuridico che obblighi a una verifica parlamentare per ratificare la nuova composizione della maggioranza. Non è indispensabile. Allora si suggerisce al Parlamento di intervenire, se ce n’è l’interesse, con gli strumenti di cui può disporre, cioè interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno. Può chiedere approvazione o meno. Ma non c’entra la fiducia. È un termine giornalistico, usato in modo improprio.

Ma in passato si sono verificati casi del genere?

Non è un caso di sostituzioni. Sono nomine nuove, sono numerose e sono membri di un gruppo formato dopo le elezioni. Si tratta di una segnalazione di importanza limitata e che non merita di essere ingrandita. Di sicuro non impensierisce la maggioranza, e si risolverà in poche ore di dibattito parlamentare. Anche a livello politico le conseguenze saranno minime. Il Presidente, in una fase in cui l’opposizione è modesta e poco incisiva, si è limitato e ricordare che ci sono critiche possibili da sollevare. Diciamo che si tratta di una sorta di galateo costituzionale tra le istituzioni.

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