Le bugie su Pisapia han potuto più di Ruby

Le bugie su Pisapia han potuto più di Ruby

Una parabola politica iniziata a Milano 17 anni fa intravvede, all’improvviso, il suo capolinea. A lungo attesa, invocata, prevista, smentita o temuta con orrore, a seconda dei punti di vista, la fine del berlusconismo come fenomeno diventa un’ipotesi concreta da oggi, e proprio a Milano.
Di un ballottaggio assai probabile si mormorava da tempo, da settimane. Ma se i dati di adesso fossero confermati, ci troveremmo davanti addirittura a un testa a testa che contempla l’ipotesi – concreta, secondo tutti i sondaggisti – che Pisapia e il centrosinistra chiudano davanti.

Se così fosse, al di là di ogni ragionevole dubbio, ci troveremmo di fronte ad un evento di portata storica. Sul risultati che mettono ora il centrosinistra in pole position per il governo della città pesano alcuni elementi. Il primo: Letizia Moratti ha governato male, ha scontentato molte categorie della borghesia cittadina dominante, almeno numericamente, e non ha reso questa città più pulita, vivibile, divertente per nessuno. Ha riempito la città di una retorica di grandeur senza riuscire a soddisfare le esigenze di quella buona amministrazione che una città come Milano continua – a ragione – a pretendere dal suo sindaco. La realtà del 2011, dopotutto, conta di più dei sogni dell’Expo del 2015. E però questo dato non basta se sono veri – e con ogni probabilità lo sono – tutti i sondaggi che accreditavano il sindaco uscente del 47% circa contro il 43% del suo sfidante. Tutti sondaggi chiusi a fine settimana scorsa, quando l’attacco televisivo

Il secondo: Letizia Moratti ha chiamato in campo, in modo maldestro e all’ultimo secondo, i sentimenti di paura dei moderati. O meglio, di quelli che lei e i suoi consiglieri credono essere i moderati. Già, perché è difficile che il ceto medio di oggi, quella Milano che produce, lavora, paga le tasse e tutto il resto, potesse rimanere davvero impressionato dalla patacca che dipingeva Giuliano Pisapia come un ladro d’auto. Tecnicamente, una bugia, che non ha dato nessun frutto. Quella stessa Milano che non ha dato retta – ed anzi, vedendoli, ha scrollato pensosamente la testa – ai manifesti che equiparavano i pubblici ministeri ai brigatisti. Colpi bassi che si può permettere, forse, chi gode della stima dei suoi elettori come amministratore, ma che difficilmente si perdonano a chi è insufficiente sui fondamentali: buche, strade, viabilità, e così via.

Due considerazioni “finali”, per quanto possibile a quest’ora.
Anzitutto, questo principio di sconfitta esplode indipendentemente dal centrosinistra. Alle elezioni si arriva con Giuliano Pisapia, uomo sostenuto da Vendola, outsider che ha sconfitto il Pd e il suo candidato Stefano Boeri. È vero che il centrosinistra, e Boeri in primis, hanno saputo fare quadrato e sostenere davvero Pisapia in campagna elettorale: ma è anche vero, evidente, che se il centrodestra non fosse imploso a Milano e non solo non ci troveremmo di fronte a dati come questi.

La seconda, e più importante, è che gli elettori milanesi, con questa scelta, hanno mandato un segnale forte, apprezzabile, netto, di affezione alla realtà, alla vita di tutti i giorni nei nostri tempi. Quello stesso elettorato che non ha mai revocato la fiducia a Berlusconi per le sue vicende giudiziarie, e ha forse metabolizzato perfino lo scandalo di Ruby. Ma non ha perdonato un governo cittadino gravemente insufficiente, e la bugia marchiana di una patacca giudiziaria scandita scorrettamente e a fil di sirena.

Terzo, e ultimo. La chiamata alle armi di Berlusconi, questa volta, non ha retto. Non a Milano, ma nemmeno altrove. È la manifestazione chiara di una parabola che, per la prima volta, declina nelle sue capitali. Tempo per riflettere, per capire, per analizzare. ce ne sarà. Resta adesso un dato, di quelli storici, che va registrato e ammesso. Perché ha il peso della storia.
 

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