La batosta di Milano ha già aperto il redde rationem all’interno del centrodestra. Ministri e luogotenenti di stretta osservanza berlusconiana hanno già trovato i primi “responsabili”: «sono quelli di Comunione e Liberazione, sono loro che non hanno votato per la Moratti. Anzi, sono loro che hanno fatto dare voto disgiunto: in consiglio ai loro, ma come sindaco hanno votato Pisapia…».
La voce, messa in giro già dalle ore di ieri da ambienti berlusconiani e morattiani, fa il paio con il divorzio tra Letizia Moratti e l’agenzia di comunicazione Sec, molto vicina a Roberto Formigoni e a tutto il potere ciellino lombardo. Alla Sec hanno preso malissimo l’uscita scomposta della Moratti sul passato giudiziario di Pisapia: che sicuramente non ha fatto bene al consenso del sindaco e che a botta calda fu subito rivendicata dai falchi come Daniela Santanchè. Tutto fa brodo, comunque, in questa notte dei lunghi coltelli, e anche questo sarebbe un “indizio” della pugnalata in famiglia ricevuta dalla Moratti.
In realtà, più delle chiacchiere contano i numeri: e i numeri smontano il ruolo dei ciellini nella sconfitta presa dalla Moratti. In città, il movimento cattolico fondato da Don Giussani e che esprime da 16 anni la Presidenza regionale di Roberto Formigoni, controlla direttamente tra gli i 6000 e i 9000 voti. Piccoli numeri, anche se ben radicati nei quartieri, nelle categorie e nelle professioni. Quando si mobilitano davvero – l’ultima volta successe per le Regionali del 2010 – i ciellini in città possono raccogliere anche 20.000 voti. Successe, ad esempio, a Mario Sala, eletto nel Pdl al Pirellone un anno fa.
Quando si mobilitano meno – “o quando i risultati di una giunta rendono più difficile convincere i non ciellini a votare per i nostri” annota maliziosamente uno di loro – arrivano a 10.000 circa. È successo così in questo voto milanese: i candidati provenienti dal movimento erano sei. L’assessore uscente all’urbanistica, Carlo Masseroli, ha preso 3400 preferenze, e 600 suoi elettori hanno optato per il voto disgiunto e per un sindaco diverso dalla Moratti. Un segnalo forte per l’assessore che ha voluto un nuovo piano di governo del territorio, ma non abbastanza da far gridare all’ammutinamento dei ciellini. Del resto, sommando a quelle di Masseroli le preferenze di Matteo Forte, Simone Paleari, Claudia Ferrari, Filippo Totino, Claudio Santarelli – gli altri messi in lista da CL – hanno preso 7000 preferenze. Pochine, forse. Ma se anche fossero state il doppio la sostanza non sarebbe cambiata, visto che il vantaggio di Giuliano Pisapia su Letizia Moratti è di 43.000 voti.
In epoca non sospetta, quando il berlusconismo era un impero su cui non tramontava mail il sole, a sottolineare il sovradimensionamento di Cl in termini di potere e poltrone rispetto ai voti che vale fu proprio un fedelissimo del Presidente del Consiglio, quel Guido Podestà che oggi presiede la Provincia di Milano. Podestà disse allora una grande verità, che difficilmente può essere revocata oggi per ragioni di comodo. Altro è dire che Formigoni, con ogni probabilità, non è particolarmente triste per la debacle che ha travolto Letizia Moratti e berlusconiani del partito. Loro passeranno e lui con ogni probabilità resisterà, perché resistente è il reticolo di potere, competenze e relazioni strutturato in questi decenni di governo regionale.