Per bin Laden l’Europa reintroduce la pena di morte

Per bin Laden l’Europa reintroduce la pena di morte

BRUXELLES – «Osama Bin Laden era un criminale responsabile di odiosi attacchi costati la vita a migliaia di persone innocenti. La sua morte rende il mondo un posto più sicuro e mostra che tali crimini non restano impuniti». Sono passate poche ore dalla clamorosa notizia dell’uccisione di Osama Bin Laden, che i due presidenti Ue, quello della Commissione José Manuel Barroso e quello stabile dell’Unione, Herman Van Rompuy, non si lasciano scappare l’occasione per emettere un duro comunicato – di solito i tempi di reazione sono di alcuni giorni. Barroso e Van Rompuy, forse presi dalla fretta di approfittare della ghiotta possibilità di comparire, hanno meditato poco le proprie parole.

O almeno, sembrano non essersi accorti di aver stracciato in poche righe anni di politica Ue, su due fronti decisamente chiamati in causa nelle attuali circostanze: il no alla pena di morte e la condanna dei cosiddetti ‘assassinii extragiudiziari’. Due “bestie nere” per l’Unione Europea, eppure il comunicato congiunto dei due usa clamorosamente il riferimento alla “punizione” in relazione all’uccisione di bin Laden («mostra che tali crimini non restano impuniti»), lasciando intendere che sia giusta. 

Eppure, senza neppure fare troppa fatica, basta spulciare tra le carte ufficiali dell’Ue per scoprire una chiara presa di posizione sul fronte della pena di morte – e parliamo di quella ‘giudiziaria’, e cioè comminata sulla base di un regolare processo con tanto di possibilità di appello. «L’Unione Europea – si legge sul sito ufficiale dell’Ue – mantiene una posizione solida e basata sui principi a proposito della pena di morte. La sua abolizione è un obiettivo chiave per la politica Ue dei diritti umani. L’abolizione è, naturalmente, anche una precondizione per entrare nell’Unione». Questo perché «la pena di morte è crudele e disumana e non risulta aver mai agito in alcun modo come deterrente contro il crimine. L’Unione Europea considera l’abolizione essenziale per la protezione della dignità umana, nonché per il progressivo sviluppo dei diritti umani».  

Figuriamoci poi le esecuzioni extragiudiziarie. Non si contano le dichiarazioni nei confronti di Israele, che usa regolarmente la prassi di eliminare terroristi – o presunti tali – palestinesi inviando jet sui Territori a far fuoco sulle loro postazioni.  L’Ue, si legge nella posizione ufficiale sul Medio Oriente, «esorta Israele a rinunciare a metodi contrari al diritto internazionale, come gli omidici extragiudiziari e le punizioni collettive». Interrogata dai giornalisti, Pia Ahrenkilde, portavoce di Barroso, è apparsa in serio imbarazzo, cercando di arrampicarsi sugli specchi, salvo ammettere che, «certo, la giustizia e lo Stato di diritto sono valori fondamentali per noi».

Significativamente, a ricordare la posizione consolidata dell’Europa ci ha pensato Gilles de Kerkhove, il coordinatore Ue per l’antiterrorismo. Il quale, commentando la morte di Bin Laden, si è anzitutto affrettato a sottolineare che «lo stesso Barack Obama avrebbe voluto catturarlo vivo, solo le circostanze estremamente difficili hanno costretto all’uccisione». Per poi ricordare con forza che «noi, nell’Ue, preferiamo l’approccio giudiziario, che è importante sia per le vittime, sia, in qualche modo, anche per gli imputati». Oltretutto, osserva argutamente il belga, con operazioni al di fuori dello Stato di diritto,  «è più facile creare martiri e simboli».

Ad esempio, ricorda, «nei messaggi postati nel Web da affiliati Al Qaeda, si parla poco degli autori delle stragi di Madrid, regolarmente processati e condannati a pene detentive, mentre si parla dei ‘grandi guerrieri’ quando ci si riferisce ai detenuti di Guantanamo. È anche per questo che Obama avrebbe voluto chiudere quel campo e procedere a processi civili ordinari», e, più in generale, «abbandonando la ‘war on terrorism’» di Georg W. Bush. E anche il presidente del Parlamento Europeo, Jerzy Buzek, pur esprimendo rallegramento per la morte del capo di Al Qaeda, conclude il suo comunicato affermando che «la comunità internazionale deve continuare nel suo sforzo di prevenire gli attacchi terroristici e portare i criminali davanti alla giustizia», dunque nei tribunali. Quanto al mondo “più sicuro”, de Kerkhove ribatte semplicemente: «la morte di Bin Laden potrà spingere gruppi affiliati o cani sciolti a radicalizzarti ulteriormente e aumentare gli sforzi per attaccare obiettivi occidentali o pachistani. Una cosa è chiara: adesso i servizi segreti europei e americani devono aumentare la vigilanza».

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