Sarkozy censura la rete ma ai blogger va bene così

Sarkozy censura la rete ma ai blogger va bene così

Il 24 e 25 maggio la presidenza francese del G8 ha organizzato “eG8”, due giorni di conferenza a Parigi per discutere di Internet in attesa della riunione degli otto grandi in programma a Deauville. Non è la prima volta che il G8 affronta il tema del web: lo aveva fatto nel 2000 a Okinawa, quando però ancora Google non era Google e Facebook era soltanto il termine inglese per definire gli annuari scolastici. Ma questa volta Sarkozy vuole fare il gendarme del web.
Innanzitutto spicca l’anomalia di un evento “privato”, che però vuole dettare la governance mondiale sul tema Internet. Un club molto ristretto, imbastito in tutta fretta dagli organizzatori transalpini, e gestito dal massimo esponente di un gruppo pubblicitario come il francese Publicis, senza di fatto coinvolgere gli altri paesi membri del G8.

Basti pensare infatti a quanto avvenuto con l’Italia: nonostante la Presidenza del Consiglio abbia seguito scrupolosamente le indicazioni ricevute per partecipare ai lavori, da Parigi non è arrivata alcuna risposta, neanche per il tramite dei canali diplomatici italiani. L’unico parlamentare italiano coinvolto è stato il senatore Vincenzo Vita, del PD, tra i pochissimi ad aver ricevuto l’invito “RSVP” francese. Così al Forum “eG8” degli italiani che contano nel settore non se n’è visto nessuno. Appena tre i nostri relatori. Non c’è stato spazio non solo per i rappresentanti del governo, ma nemmeno per le tante imprese e enti nazionali che operano nel settore del web e dintorni. All’eG8 le assenze hanno comunque fatto più rumore delle presenze: poco più del 50% degli invitati ha effettivamente partecipato ai lavori, con circa seicento presenze confermate su oltre mille invitati. 

Ecco perché c’è una certa preoccupazione sugli esiti di questo Forum in salsa autoreferenziale. Quale sarà la visione di Internet che questa conferenza presenterà al G8? La Presidenza francese, negli ultimi anni, non ha fatto certo mistero del suo approccio censorio verso la rete, specie in tema di diritto d’autore. Lo stesso Sarkozy è stato tra i fautori principali della legge francese “Hadopi”, accusata di limitare le libertà fondamentali di chi è anche solo sospettato utilizzare illecitamente la Rete per condividere contenuti musicali o video tutelati da copyright: le sanzioni possono infatti arrivare alla disconnessione da Internet dell’intero nucleo familiare.
Anche l’ordine del giorno di questa conferenza sembra concentrato esclusivamente sulle problematiche di mercato delle aziende che lo hanno sponsorizzato. Del resto, ciò che interessa davvero a Monsieur le Président è il rispetto on-line del diritto d’autore tradizionale, non un suo adattamento alla nuova realtà del web.

La Francia vuole “civilizzare” Internet, che giudica una jungla senza regole. E, pour la grandeur, siccome il web ha messo in crisi i canali tradizionali di distribuzione pubblicitaria, vuole anche tutelare la partecipazione delle aziende nazionali agli utili della rete. Il ruolo del patron di Publicis in questo eG8 non può quindi non far sollevare qualche sopracciglio.
Anche la stampa tedesca si è mostrata ostile a questo vertice “Chez Sarkozy”. Troppi gli esponenti di primo piano del partito del Presidente francese che hanno spinto per un web sotto stretta sorveglianza: Frédéric Lefebvre, parlamentare dell’Ump, ha dichiarato che Internet, senza controlli severi, diventerebbe un crogiolo di «psicopatici, stupratori, razzisti e ladri». Sarkozy stesso ha sostenuto che regolamentare internet sia un imperativo morale. E quando nell’autunno 2010 l’allora ministro degli esteri francese Kouchner volle organizzare una conferenza sulla libertà di espressione, Sarkozy gli rispose che la priorità del governo era quella di civilizzare Internet.

Dei veri temi centrali di agenda politica digitale, come il rispetto e la tutela della libera manifestazione del pensiero, nemmeno l’ombra. Internet oggi non è solo il nuovo motore dell’economia: ha abbattuto confini geografici e culturali che fino a pochi decenni fa apparivano insormontabili, ha messo a disposizione di tutti un’enorme mole di informazioni e sapere gratuito, di facile e immediato accesso, e sta crescendo in tutto il mondo una generazione di giovani abituati a ragionare con un orizzonte che va ben oltre i confini nazionali. C’è davvero qualcuno disposto a sacrificare tutto questo in nome della difesa di uno status quo?