SANKT MORITZ – Dal Suvretta Hotel, la vista è incantevole. Si vede l’intera Sankt Moritz, il lago, o meglio i laghi, e il fondo della valle. Però non è per questo motivo che circa un centinaio di persone, per tre giorni, hanno scelto di ritrovarsi nel prato di fronte all’entrata del lussuoso albergo a cinque stelle. Con giacche e felpe, un megafono e qualche cartello fatto in casa, lanciano grida contro il “Nuovo ordine mondiale”. Una manifestazione. Sopra di loro, un viavai di jet ed elicotteri, mentre sulle strade girano auto nere con vetri oscurati. Poliziotti sorvegliano gli ingressi dell’hotel: la vista è impedita da un lungo telo bianco. Gli agenti, con cani e fucili, presidiano anche i boschi attorno.
Lo hanno detto in pochi, ma negli ultimi tre giorni, nella località più chic delle vacanze sulla neve, si è tenuto, dal 9 al 12 giugno, l’incontro del Bilderberg. Un meeting, a porte chiuse, in cui si incontrano, tra di loro, i grandi della Terra: capi di stato, ministri con magnati, banchieri e amministratori delegati. A quanto pare, accade ogni anno dal 1954 (ma, secondo alcuni, dal 1952). E, a quanto si dice, è una cosa seria.
«Noi siamo qui a protestare», spiegano subito alcuni degli attivisti. «Cosa faremo? Niente. Stiamo qui. Basta che sappiano che il loro non è più un segreto». Il gruppo Bilderberg, in effetti, ha tutti i connotati del mistero. Riunisce persone di altissimo livello, ma con il vincolo del segreto. Un fatto che ha alimentato infinite teorie cospirazioniste, intrise di complotti, satanismo e servizi segreti.
Sul Bilderberg sono stati scritti libri, ed è fiorito un filone di ipotesi e teorie. Si sa che è stato fondato da David Rockefeller (che ancora partecipa alle riunioni), che tra i presenti c’è Henry Kissinger, ma ancora non è chiaro come il gruppo funzioni, né a cosa serva. «Niente di speciale. Serve a mantenere l’Unione Europea sotto il controllo politico ed economico dell’America», spiega uno che, per legami di parentela, sembra addentro alle segrete cose, ma che vuole restare anonimo.
Per altri, invece sarebbe un’intelligenza in grado di decidere le sorti del pianeta. Si dice di tutto: sarebbe responsabile di guerre, della primavera araba, della crisi economica, del fallimento della Grecia, e di mille altre cose. Da qualche anno, però, forse c’è un po’ più di luce. Il Bilderberg ha un sito internet, dove vengono pubblicate le liste dei 130 partecipanti. Quest’anno c’erano persone del calibro di Mario Monti, Franco Bernabè, e Jeff Bezos, fondatore di Amazon, la regina di Spagna. Secondo le voci, anche Angela Merkel si sarebbe fatta vedere.
«Le liste non sono mai complete. Se non vogliono che si sappia che c’è qualcuno, stai tranquillo che non lo fanno sapere», insiste l’esperto. Entra solo chi è invitato. Chi cerca di forzare il controllo, diventa un eroe per i manifestanti. «È successo anche a un politico italiano, ha cercato di entrare e glielo hanno impedito», spiegavano. E l’eroe in questione sarebbe l’europarlamentare della Lega Nord, Mario Borghezio.
In ogni caso, sono vip davvero importanti. E i manifestanti li aspettano per fotografarli mentre entrano ed escono dall’hotel, sulle auto dai vetri oscurati. «Molti non sappiamo chi sono», rivela, sorridendo, Mick, appostato con il teleobiettivo appena fuori. «Però mettiamo le foto in rete. Chi li sa riconoscere, può aiutarci. Così abbiamo la prova che questi personaggi erano al Bilderberg».
Su internet sono sorti diversi gruppi di protesta, come We Are Change o Alles Schall und Rauch. Per l’evento del 2011, si sono coordinati per il progetto Bilderberg Transparency. Un pugno di giornalisti, blogger e appassionati che forma una centrale operativa cui portare informazioni e fotografie. Il materiale raccolto viene messo in rete, e tutti lo possono visionare. L’obiettivo? Smascherarli.
«Uno dei temi di cui parleranno, quest’anno, è la soppressione della libertà di internet», predica, dal centro di un crocchio, Alexander, di infowars. Il sito di Alex Jones, il guru dei manifestanti. In tanti lo ascoltano, mentre sul prato snocciola con sicurezza informazioni e teorie. «Queste sono le persone più impegnate del mondo. Se ritagliano tre giorni per venire qui, vuol dire che dev’essere davvero importante», e continua: «Secondo una fonte, quando ci hanno visto qui si son chiesti: “ma come fanno ad avere ancora soldi per venire a protestare”?», spiega, alcuni ridono, e tutti applaudono.
Comincia a piovere, ma nessuno smette di ascoltare. «Temono internet. Lo limiteranno. E lo useranno per raccogliere i nostri dati, e farne una nuova intelligence. La Total Information Awareness intelligence», aggiunge, sicuro. Ma a chi gli chiede dove sia Charlie Skelton, giornalista del Guardian che segue il tema Bilderberg, risponde senza esitare: «Skelton è a Londra. Non gli han permesso di lasciare il paese». Seguono mormorii di disapprovazione.
Ma si è sbagliato. Skelton c’è, ed è all’Hotel Randolins, dove l’organizzazione anti-Bilderberg tiene il suo quartier generale. Un albergo che si trova a un chilometro dal Suvretta, ma per raggiungerlo si deve seguire una lunga salita. Charlie Skelton ha seguito il gruppo Bilderberg ad Atene, nel 2009, dove è stato pedinato e arrestato due volte, e a Sitges, in Spagna, l’anno successivo (lì però è andata meglio).
Capelli ricci, fare allegro e Mac. Gentile, spiega la sua visione: «La prima volta che ho avuto a che fare con il Bilderberg sono rimasto disorientato. Un meeting con i più potenti del pianeta, e nessun giornalista che seguiva l’evento. Più che strano, assurdo». Non segue ipotesi cospirazioniste alla Dan Brown, né teorie del nuovo ordine globale. «Sto sui fatti. Il Bilderberg non mi piace perché trovo scorretto che politici si ritrovino con uomini d’affari e magnati, senza che questo venga reso pubblico. Senza che si sappia di cosa discutono. È una mancanza di trasparenza che avvelena la democrazia», dice. La sua posizione è abbastanza neutra. Secondo alcuni massimalisti, anche troppo: Skelton sarebbe un agente dell’MI6, un infiltrato. Lui non ci bada, e vuole invece portare i riflettori sul tema.
Alcuni britannici, coinvolti dai suoi articoli, quest’anno hanno organizzato un pullman, il Bilderbus, con partenza da Nottingham fino a St. Moritz. Oltre 24 ore di viaggio, attraverso la Manica e poi la Francia. Non è andata benissimo. A detta di Anna, un’amica di Charlie che è salita sul Bus, è stata «un’esperienza orribile. I freni non andavano, il motore era sul punto di scoppiare». Lui ascolta, e se la ride: per venire a Saint Moritz, ha preso l’aereo. Lei per tornare in Inghilterra con il Bilderbus deve procurarsi i soldi per il carburante vendendo magliette con scritte contro il Bilderberg.
Del resto tra bus, magliette e sit-in, l’atmosfera è hippie. Tutti si salutano, ci si offre da mangiare, da bere e anche da fumare. Chi si è conosciuto soltanto via mail, si scambia gesti calorosi. Un modo per incontrarsi, per ingrandire la rete. Tra questi, Shanti Ritam è il più hippie di tutti. Nome indiano, ma provenienza svedese. Enorme, con una barba lunga e tenuta in riccioli, Shanti spiega perché è lì: «Sono qui per un tradimento (my reason is treason)», proclama.«Il tradimento dei miei parlamentari. C’è una legge, in Svezia, che impedisce loro di incontrare i loro pari grado stranieri senza riportare alla stampa quello che viene discusso negli incontri». E lui vuole, vorrebbe, che venissero almeno sanzionati.
Per lui, il mondo è peggiorato, ma il perché è insolito: «Quand’ero giovane, i bambini, i ragazzini, potevano fare il bagno nudi, insieme. Ora no, tutti hanno il costume, anche i più piccoli». E continua: «Ci stanno sottraendo il nostro corpo. Ora dobbiamo sempre vestirci in un certo modo, usare certi vestiti, servirci di profumi e deodoranti. Tutte robe chimiche, uguali tra di loro, che cambiano il nostro odore». Non va bene: come spiega, ciascuno ha il proprio odore, «che è bellissimo. E le donne ci scelgono proprio sulla base del nostro odore». Verrebbe da pensare che, se gli oppositori sono questi, i potenti della Terra possono dormire tra due guanciali. Eppure, più tardi, Shanti sarà visto in giro accompagnato da due signore.
Ma le bizzarrie non finiscono qui. Tra i manifestanti, perlopiù giovani e maschi e germanofoni (austriaci, svizzeri e tedeschi), spicca una coppia di anziani signori inglesi, Peter e Susan. Con modi educati e affettuosi, spiegano che hanno vissuto a lungo in Inghilterra, ma che poi si sono trasferiti in Germania, e in Svizzera. «Le onde elettromagnetiche in Inghilterra sono venti volte più alte che qui», raccontano. «Sono pericolose per la salute». Una minaccia costante che li ha spaventati tanto da far loro vendere la casa, dire addio agli amici e cambiare paese. Ma non è tutto. Dopo un po’, confessano che «la realtà è che i governi le usano per manipolare la mente delle persone». Addirittura. «Le onde possono regolare il nostro umore, farci sentire euforici o depressi. E i governi ci alterano le sensazioni, secondo le loro necessità, bombardandoci di onde». Susan è didattica, Peter annuisce convinto.
Poi si lanciano in una conversazione sui Protocolli dei Savi di Sion, che presegue finché non passa un’auto strombazzando. Un passeggero esibisce la bandiera palestinese, e tutti salutano con approvazione. Un tocco d’oriente in un incontro molto tedesco. A difesa del territorio svizzero dall’invasione dei potenti ci sono anche politici. Come Anian Liebrand, del Jungen Svp, partito di maggiornanza, conservatore e severo sugli stranieri. È stato il partito che più si è speso per bloccare la costruzione dei minareti. Avvolto da una bandiera svizzera, Anian dichiara: «Dobbiamo fermarli. In questo Biderberg stanno decidendo di far entrare la Svizzera nell’Unione Europea. E nessuno di noi lo vuole».
All’improvviso, dal recinto di sicurezza del’Hotel, esce un’ auto blu, e gli attivisti diventano paparazzi. Chi sarà? A quanto pare, il malcapitato è Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni. «Allora si parla di Libia», annuncia uno dei pochissimi italiani. «E se va via così presto, vuol dire che per l’Italia le cose si mettono male». Ognuno ha le sue idee, le sue teorie sull’agenda del giorno, e le sue iniziative. Clarissa, americana trapiantata a Treviso, vuole proporre una petizione per la trasparenza dell’informazione al Congresso Usa. Il suo amico John cerca di convincere i poliziotti, fermi a piantonare gli ingressi, a passare dalla loro parte. «Sono vestiti come il mio meccanico», li deride Clarissa.
Sulla strada per il Randolins Hotel, a un certo punto, alcuni membri del Bilderberg appaiono. Con poche guardie del corpo, una giacca rossa ciascuno e un badge appeso al collo, chiacchierano tra i loro con fare annoiato. Somiglia più a un congresso di medici. «Secondo alcune voci, hanno una tabella di marcia serrata. Dalle 9 alle 10 si parla di questo. Poi, caffè. Poi, altro incontro. Così Fino a sera. Tutto molto compresso», spiega Anna, mentre Charlie riconosce nei volti dei delegati Peter Mandelson, parlamentare inglese e un professore dell’università di Pechino. Chi si immaginava incontri alla Eyes Wide Shut, resta deluso.
Tra megafoni e sit in, la protesta continua fino a sera. Anche se, per adesso, non si fa la rivoluzione, almeno si fa una festa. Il ritrovo è sempre al Randolins. Nella sala conferenze, discutono sul Nuovo Ordine Mondiale e sulle nuove disposizioni. Poi, con un buffet (a pagamento) fatto di salsicce e torte alla frutta, (e tanta birra) si continua a discutere.
Nel buio della vallata, si vedono le luci dal Suvretta. «Chissà cosa stanno facendo», si chiedono, indicando l’Hotel. Ma il clima è gioioso. All’interno, c’è anche un concerto. È Guantana -Mohr, un rapper austriaco anti-sistema. Al suo grido “Wake up” la folla alza le braccia e canta. «Io non amo l’hip hop», rivela un ragazzo tedesco. «Ma questo è diverso. Questo ha un messaggio». Guantana-Mohr racconta di quando viene arrestato, e della difficoltà dei poliziotti a scrivere il suo nome.
Tutti ridono. Bevono, cantano, discutono. Si parla di massimi sistemi, si rivisita la guerra fredda, si considerano i rituali massonici, il conflitto cultura greco-latina e cultura anglosassone: «Hanno cominciato con i paesi del mediterraneo del sud», rivelano «tra poco toccherà alla fascia sopra». Cioè l’Italia, la Francia e la Spagna. Il tutto, entro l 2015. Si riesce anche a dire due parole – non positive – su Berlusconi, che pure al Bilderberg non è stato mai invitato.
Un amico spagnolo di Skelton fa i calcoli: «Stiamo crescendo sempre di più. È una resistenza. Come ai tempi di Hitler». Cioè, con le dovute differenze, si affretta a precisare. «Però è interessante vedere come si riesce a scoprire le tecniche di propaganda che utilizzano, e smascherarle. Possiamo fare molto di più», comincia. «Ci sono buone energie, vanno motivate, provocate. Noi dei media dobbiamo spingerli in questa direzione: si deve passare all’azione. Contrastarli, con ogni mezzo».
L’opposizione mette radici. Anche se per ora, il massimo che si riesce a fare è una fiaccolata a mezzanotte. «Dobbiamo andare a fare gli auguri a Rockefeller», gridano. In effetti il 12 giugno è il compleanno del magnate, che compie 96 anni. Si distribuiscono le fiaccole, e tutti partono, in modo disordinato in direzione dell’Hotel. «Tanti auguri, David». Il loro canto viene sentito in tutta la valle. Ma dall’Hotel non c’è nessuna reazione. Nessuna luce che si accede. Pazienza.
Il giorno dopo, alle 11.05 in punto, Skelton si presenta con in mano una torta. Tra le risate generali, la consegna al capo della sicurezza. «è per David, è il suo compleanno». Ma ormai i lavori sono finiti, e i delegati escono, alla spicciolata sulle auto blu. Si sentono i voli degli aerei che riprendono ad attraversare il cielo di Sankt Moritz, elicotteri e jet. L’assemblea chiude. Anche quest’anno il Bilderberg si è riunito senza problemi. Il Nuovo Ordine Mondiale ha riportato un’altra vittoria. E per la rivolta, si deve ancora aspettare.