Primarie socialiste a Parigi, la Aubry scende in campo

Primarie socialiste a Parigi, la Aubry scende in campo

«Per restituire alla Francia la sua forza, la sua serenità, la sua unità». Ecco lo slogan con cui Martine Aubry, segretario del partito socialista francese (Ps), si candida alle primarie per le presidenziali del 2012.

Il suo annuncio parte da Lille, città di cui è sindaco, alle 11.30. Alla stazione di San Saveur, ora trasformata in centro culturale, la tribuna è blu. Il colore presidenziale per eccellenza, ma anche il suo colore preferito. Un riferimento che non sfugge a nessuno: nella città, viene chiamato il “blu Aubry”. «Voglio restituire ai francesi la speranza per il futuro», dice, «voglio ridare a tutti il gusto per l’avvenire e la voglia di un destino comune».

Parole che, per i commentatori d’oltralpe, sono chiari riferimenti a Ségolène Royal, presidente della regione Poitou-Charentes e ora sua concorrente. Al centro c’è l’avvenire, ma anche il “forte desiderio”, che sono marchi di fabbrica della rivale. Ma conta poco: perché il nemico da battere è Nicolas Sarkozy, il presidente in carica. E, prima ancora, è François Hollande, ex-segretario del partito, deputato ed ex-marito di Ségolène Royal. Ma soprattutto, anche lui candidato alle primarie, fin dal 31 marzo. Ora i sondaggi danno la Aubry al 49% delle preferenze, mentre Hollande sarebbe al 52%. Oltre a loro, corrono anche Arnaud Montebourg, presidente del consiglio regionale di Saone et Loire, Manuel Valls, sindaco di Evry e la stessa Royal.

E pensare che, fino a poco tempo prima, le cose erano del tutto diverse. Al lancio delle primarie, il primo ottobre 2009, il 68% dei militanti si era detto favorevole alla nuova formula: aperte a tutti, iscritti e non, con liste d’iscrizione, un progetto generale approvato da tutti i candidati e una piccola tassa da pagare. Una modalità che, all’inizio, piaceva molto a destra. Pareva un altro motivo di divisione per i socialisti: una guerra al massacro che li avrebbe danneggiati e indeboliti, regalando a Sarkozy una seconda vittoria.

Però qualcosa è cambiato: soprattutto la discesa della popolarità del premier nei sondaggi, sotto al 30%, han fatto virare la rotta. Il 15 giugno il segretario François Copé ha provocato la stampa, chiedendo quando si sarebbero occupati «dello scandalo delle primarie socialiste». E sono cominciati gli attacchi.

Secondo l’Ump, il voto non sarebbe segreto. In particolare, i partecipanti dovranno consegnare i propri dati, che saranno registrati in uno schedario di simpatizzanti. Uno strumento considerato pericoloso e incostituzionale, che potrebbe portare all’individuazione degli elettori, e poi a fenomeni di corruzione, pressione alle associazioni, mobilitazione indotta. Anche se dal PS assicurano che le liste, dopo la consultazione, saranno distrutte.

Non solo: un altro punto criticato è la ripartizione dei seggi sul territorio, giudicato anti-democratico perché favorirebbe i cittadini. Eppure tutte le istituzioni competenti, come il Consiglio costituzionale, la Commissione nazionale dell’informatica e delle libertà, la Commissione nazionale dei conti della campagna elettorale e del finanziamento dei partiti politici e il ministero degli interni, hanno autorizzato le primarie.

Appare chiaro che l’intenzione di Sarkozy e del governo è di togliere legittimità al candidato vincitore, qualunque esso sia. Del resto, le primarie, secondo Holland, non sono solo un’investitura, ma «anche una prassi politica e spirito culturale del partito», tesa a conferire una maggiore autonomia alla società civile e ai ceti intermedi, valorizzando la partecipazione. Anche se, a ben guardare, non è sempre stato così.

Fin dall’inizio, appena approvato il progetto di primarie “aperte”, prevalgono i giochi di partito. Alchimie di alleanze e intese tra le maggiori forze in campo portano al “patto di Marrakech”, come lo definisce, nell’aprile 2010, Manuel Valls. Sotto accusa un’intesa tra Dominique Strauss-Kahn, il favorito nei sondaggi, la stessa Martine Aubry e Ségolène Royal. Obiettivo: non farsi del male correndo uno contro l’altro, evitare di logorare il partito e mantenere compatta la base. Ed escludere gli altri concorrenti.

Secondo l’accordo, solo uno tra loro si sarebbe candidato. E cosi succede, anche se la Royal si impegna a smentire di essere coinvolta nell’accordo, anzi: tutto è regolare, e lei stessa si sarebbe posta a garante. Poi, però, Strauss-Kahn annuncia la sua candidatura, e la Aubry comunica di non volersi candidare. Tutto va come previsto, tranne l’imprevisto.

Il 14 maggio, con l’arresto a New York del direttore generale dell’Fmi la situazione si spariglia. Saltano le carte in tavola: François Hollande, eliminato il rivale, sale in testa ai sondaggi. Nle frattempo, si fa sempre più vicino un ripensamento della Aubry, che parla, subito, di «colpo di tuono» improvviso e, dopo pochi giorni, di «responsabilità da affrontare». La sua candidatura ormai, è data per certa, e questa mattina il passo è diventato ufficiale. Anche per lei comincia la corsa, nel quadro di un’elezione che il presidente Sarkozy continua a guardare con timore. 

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