Roma, 16 aprile 2008. Una studentessa africana, del Lesotho precisamente,viene stuprata e accoltellata nei pressi della stazione de La Storta, periferia nord della capitale. È la seconda aggressione in pochi mesi. In autunno Giovanna Reggiani è stata seviziata e uccisa a Tor di Quinto – a pochi chilometri di distanza – vicino alla fermata del treno che collega il centro storico con i quartieri residenziali della Flaminia. In città non si parla d’altro. In quei giorni Roma ha paura. E va a votare. Il primo turno delle amministrative si è appena chiuso. Un testa a testa tra Gianni Alemanno e Francesco Rutelli. Quello stupro segna lo spartiacque. Rutelli è costretto a giocare in difesa e lo sfidante che lo incalza proprio sul tema della sicurezza. Non a caso oggi il sindaco di Roma è Alemanno.
Tre anni dopo, Roma torna a fare i conti con la violenza. Un giugno così nei commissariati della Capitale non lo ricordavano da tempo. Una lunga serie di omicidi che riporta indietro di almeno vent’anni. Pochi giorni fa il capo della squadra Mobile, Vittorio Rizzi, ha addirittura convocato una conferenza stampa per tranquillizzare la città. L’obiettivo era evitare che la lunga scia di delitti potesse «creare allarme sociale». Un appello ai romani. Nonostante gli ultimi episodi di cronaca – questo il senso del discorso – la nostra resta una città tranquilla. Intanto si aggiornano le statistiche: dall’inizio dell’anno sono stati commessi 17 omicidi (sei solo a giugno). Siamo lontani dai 450 di New York, certo. Ma il fenomeno – erano stati 23 in tutto il 2010 – è in crescita.
«Si tratta di omicidi che non sono certamente da attribuire alla presenza della criminalità organizzata» ha spiegato pochi giorni fa il prefetto della Capitale Giuseppe Pecoraro. Proprio così. La Roma di oggi è lontanissima da quella degli anni ’80 e ’90, insanguinata dalle guerre di malavita, con la Banda della Magliana che imperava. A rileggere gli ultimi episodi di cronaca nera si scopre che gli assassini di oggi sono i cittadini “normali”. Baristi, piccoli imprenditori, commercianti. Si uccide per poco, sempre più spesso senza un vero motivo. Roma è una città «dove dominano esasperazione e violenza – ha spiegato poche ore fa il responsabile dell’Italia dei valori locali, Vincenzo Maruccio – dove si passa velocemente alle vie di fatto e ci si fa giustizia da soli». È davvero così? Nelle strade della Capitale si respira davvero quel «clima sempre più aspro» di cui parlano oggi i parlamentari romani del Pd? Sicuramente Roma è una città dove la violenza non fa più notizia.
Nell’ultimo mese gli omicidi si sono succeduti con una frequenza allarmante. Eppure nei quotidiani nazionali non hanno trovato quasi mai spazio. Fa eccezione l’ultimo episodio. Il giovane musicista che lotta tra la vita e la morte dopo essere stato aggredito per strada, lo scorso sabato sera, colpevole di aver disturbato il sonno dei residenti. A massacrare a calci e pugni la vittima sono stati due baristi di vent’anni, che secondo il racconto dei testimoni avrebbero picchiato il giovane dopo averlo inseguito. Stavolta la storia è finita su tutte le prime pagine. A colpire l’opinione pubblica è lo scenario: via dei Serpenti, il rione Monti. Il volto trendy e benestante della Capitale. Il quartiere dove abitava il presidente Napolitano, tanto per dirne una.
La settimana scorsa l’uccisione di Sabatino Onofri aveva fatto molto meno scalpore. Eppure la brutalità dell’esecuzione e la futilità del movente erano simili. L’anziano pastore era stato assassinato vicino alla roulotte dove viveva, in un campo al Quarto Miglio, zona Appia Nuova. Legato e massacrato a bastonate da un bracciante rumeno per un debito di pochi euro. Complice il disagio sociale in cui era maturata, quella vicenda si era guadagnata poche righe in cronaca. Sempre a causa di un debito, pochi giorni prima, un uomo di 47 anni era stato ucciso con una sprangata alla testa. Si resta in periferia. Zona San Basilio, un quartiere di 27mila abitanti all’estremità nord-orientale della città. All’inizio si era parlato di una lite per motivi di traffico. Pochi giorni dopo gli inquirenti hanno scoperto che l’omicidio era legato a una storia di usura. L’ultimo business della Capitale. Secondo i dati più recenti, solo a Roma le vittime dei “cravattari” sarebbero 28mila: un giro d’affari da 3,3 miliardi di euro.
Alcuni episodi di sangue restano insoluti. Come l’assassinio di Rafael Cohen, sacerdote della comunità ebraica della Capitale, ucciso a coltellate meno di due settimane fa nell’androne del suo palazzo, al Nomentano. Un’esecuzione spietata – come ha chiarito l’autopsia dell’istituto di medicina legale della Sapienza – opera di un killer professionista. Una storia senza indizi né movente. Negli stessi giorni veniva arrestato a Cinecittà un giovane imprenditore di 23 anni. Aveva appena strangolato – cercando poi di sciogliere il corpo nell’acido – la nonna della fidanzata. Questa volta l’omicidio sarebbe legato ad un’eredità. A incastrare l’assassino le immagini di una telecamera di sicurezza che l’anziana aveva fatto installare in casa.