Il «losing game» della vita di Amy Winehouse

Il «losing game» della vita di Amy Winehouse

Amy Winehouse, 27 anni, è stata trovata morta nella sua casa di Londra. A quanto sembra, per un’overdose di droga. I suoi problemi con alcol e stupefacenti erano noti da tempo. Erano anche temi per le sue canzoni, cause di concerti falliti e cancellati, scoop per i giornali scandalistici.

Lei era così: i capelli montati, i tatuaggi di pin-up, il timbro vocale nero e caldo, una bellezza impertinente, e il suo «no» alla rehab, la riabilitazione. Ha avuto una vita veloce, e tempestosa. Dal piglio ribelle, che la portava a dire e a fare quello che voleva: una qualità, secondo il produttore (e cantante) Mark Ronson, che mostra fin dai tempi della scuola, quando viene cacciata dal Sylvia Young Theatre School per essersi fatta un piercing al naso. E poi il successo: nel 2003 debutta con il primo album: Frank, con il quale conquista il pubblico, i critici e fa conoscere la sua voce «calda, terrena, e versatile», secondo quanto scrivono i critici del Times.

Un mondo di popolarità che si apre. Solo tre anni dopo, pubblica Back to Black, che certifica il suo successo internazionale: cinque grammy (con sei nomination): è la prima artista britannica. Nel 2007, il Brit award come migliore artista donna, e per tre volte il premio Ivor Novello, per la migliore canzone. Un successo di fan, titoli e premi, una via che percorre veloce e barcollando. Come molti concerti: alcuni mai finiti, altri lasciati a metà. Non mancano casi di parole dimenticate, con fan impazziti, mentre lei si diceva «annoiata», e lasciava il palco.

Un matrimonio, nel 2007, con Blake Fielder-Civil, che l’ha introdotta all’eroina e al crack, e al primo arresto. «Tutto il rapporto era basato sul drogarci», dirà lei poco tempo dopo, mentre Blake Fielder-Civil già preparava le carte per il divorzio. Un tradimento, con Josh Bowman, poi finito in un ripensamento: «Blake è il lato maschile di me, non possiamo separarci». Ma non funziona, e la sua storia finisce.

E poi, la polizia: quattro arresti, dal 2007 al 2009, prima in Svezia (per possesso di droga) e poi in Inghilterra, per droga e per violenze. Un diva che finisce sotto processo, e che, ammette, diventa aggressiva quando prende sostanze stupefacenti. E la droga era il suo demone più grande, che l’ha catturata nel 2006, sostengono i genitori, dopo la morte della nonna. La vita veloce che va e continua, tra internamenti e disintossicazioni, programmi di recupero e cliniche. Un enfisema che la fa sentire sempre più sul ciglio della morte. «Tutta colpa della droga. Pensavo che per me fosse finita», disse nel 2007, dopo il primo soggiorno in clinica. Entrava, e poi ne usciva, dicevano, scrivendo canzoni.

Una vita veloce, tempestosa, in cui stava male. Aveva ammesso problemi di anoressia, bulimia, autolesionismo e tentativi di suicidio: spesso i paparazzi le hanno sorpreso tagli e ferite alle braccia. «Non sono una ragazza a posto, ma penso che nessuna lo sia davvero», ha detto. Ma ha continuato a cantare, con la sua voce splendida e un talento raro. Anche se sempre meno presente: all’ultimo concerto, a Belgrado, è stata fischiata, a causa dello stato di ubriachezza. Questo ha portato a cancellare le due date successive, e poi tutto il tour, previsto in Europa (tra cui una data italiana a Lucca), è stato sospeso. «Finché non ne sarò uscita», aveva detto.

Ma non ce l’ha fatta a uscirne. Se ne è andata dicendo sempre “no” alla rehab e lasciandoci le sue canzoni e la triste considerazione finale che spesso, così come cantava dell’amore, anche la vita può essere «un gioco a perdere».

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