I mercati finanziari bocciano la manovra economica italiana. L’avvio dell’ottava di Borsa a Piazza affari è stata subito pesante, con un calo di quasi un punto percentuale nelle prime fasi di contrattazione. Dopo mezz’ora, l’indice Ftse/Mib, il maggiore del listino italiano, è andato sotto del 2,42%, trainato dai ribassi di Intesa Sanpaolo, UniCredit e tutto il comparto bancario. In rialzo anche lo spread, il differenziale di rendimento, fra Btp e Bund, ora a 340 punti base. Il rendimento dei titoli di Stato è del 6,04%, di nuovo ai massimi dal 1997. Anche per i Credit default swap (Cds), le assicurazioni contro l’insolvenza, il discorso non cambia: il prezzo per i Cds italiani è schizzato a quota 328 punti, record storico. Nel frattempo, alle 16 arriva la notizia, direttamente da Borsa Italiana, che i mercati Etf, SeDex e Mot, quello dei bond governativi, sono sospesi fino a domani. L’indice Ftse/Mib crolla a meno 3,50%.
Dopo l’approvazione del pacchetto di austerity in Italia, arriva il responso dei mercati. Ed è subito sofferenza. In mattinata il sentiment prevalente degli operatori finanziari era quello della sfiducia. È stata evidente fin dai primi scambi «la mancanza di fiducia che si sta riscontrando al momento sul mercato del debito italiano, i cui rendimenti sarebbero dovuti calare in seguito all’approvazione della manovra finanziaria: il fatto che questo non sia avvenuto rappresenta un segnale di totale sfiducia nei confronti del Governo guidato da Berlusconi», ha detto Michael Hewson, analista di Cmc Markets. La manovra correttiva di bilancio è considerata troppo leggera e poco incisiva sui tagli strutturali di cui avrebbe bisogno il Paese.
Sotto pressione, come nelle ultime due settimane, ci sono i titoli di Stato italiani. Il rendimento dei Btp decennali è tornato sopra quota 6,04%, ritoccando i massimi dal 1997. Questo si è tradotto in un differenziale fra i nostri bond e quelli tedeschi, benchmark di solidità europea per antonomasia, si è innalzato fino al 3,40 per cento. Ciò significa che il rifinanziamento del Tesoro costa 340 punti base in più di quello di Berlino, che però può contare su una crescita economica molto più vivace di quella di Roma. Questo fattore di costo può diventare un problema per le prossime aste di Btp. Se gli investitori continuano a non fidarsi dell’Italia, chiederanno tassi d’interesse sempre più elevati per proteggersi dal rischio-Paese. E intanto, i primi effetti di questo stress a cui è sottoposto il mercato del debito italiano si vedranno nella prossima asta del 28 luglio, quando saranno collocati Btp a 3 e 10 anni.
L’altra ragione per cui il comparto bancario sta portando in rosso è l’esito degli stress test europei. Tutte le banche italiane coinvolte nelle prove di resistenza patrimoniale (Banco Popolare, Monte dei Paschi di Siena, Intesa Sanpaolo, Ubi Banca, UniCredit) hanno passato la prova, ma questo non è bastato per placare i timori degli investitori. Gli istituti bancari italiani hanno in portafoglio una grande quantità di titoli di Stato del Tesoro e stanno scontando questo genere di strategia d’investimento. Nel frattempo, aumentano le voci di un’imminente aumento di capitale di UniCredit. Per Piazza Cordusio si continua a parlare di capitali freschi per 6 o 7 miliardi di euro entro la fine dell’anno, anche se più di una volta l’amministratore delegato Federico Ghizzoni ha smentito qualsiasi indiscrezione a riguardo.
Pesanti le vendite anche sui listini europei. A Francoforte il Dax cede l’1,08% alle 10.05 mentre a Parigi il Cac 40 lascia sul terreno l’1,13 per cento. Le perdite sul Ftse 100, il principale listino londinese, sfiorano il punto percentuale: per gli analisti il comparto bancario inglese ha toccato oggi i minimi da 20 mesi. Male anche l’Eurostoxx 50, paniere dei 50 titoli europei a più elevata capitalizzazione, a -1,32 per cento. Sul fronte dei cambi, la valuta comunitaria continua a perdere terreno sul dollaro: un euro attualmente vale 1,4054 dollari (-0,73%). Continua invece la corsa inarrestabile dell’oro: questa mattina il metallo giallo ha sfondato 1.600 dollari l’oncia, un apprezzamento del 500% nell’arco di un decennio.
Nel frattempo, dall’altra parte dell’Atlantico cresce l’attesa per la chiusura di Wall Street. Il focus è sempre sulla gestione del debito pubblico. Il presidente statunitense Barack Obama ha spiegato che «il tempo è finito e l’Armageddon si avvicina». Il riferimento è all’innalzamento del debt ceiling, il tetto dell’indebitamento che deve essere innalzato dopo il superamento avvenuto nei mesi scorsi. Se non si troverà un accordo per i tagli alla spesa pubblica fra Obama e i repubblicani, per l’America sarà default. Il tempo scorre, il debito sale, Washington rischia e, con essa, l’intera economia globale.