Altro che bamboccioni, noi zappiamo la terra

Altro che bamboccioni, noi zappiamo la terra

Di buono c’è che pagano un bel po’ di quattrini. La seccatura invece è che tocca sgobbare, spesso sotto il sole, o chinati, in ginocchio per ore, dentro le serre dove (i braccianti a tempo pieno lo sanno) si muore di caldo. Poco male, per alzare un po’ di soldini questo ed altro. Soprattutto se si tratta di un impiego a tempo determinato. Giovani italiani, contro la crisi si va a lavorare nei campi (alla faccia di chi diceva che no, i bamboccioni di casa nostra vogliono tutti una scrivania). Parola di Coldiretti, che registra l’elevata presenza di ragazze e ragazzi dai 16 ai 25 anni tra gli operatori agricoli “temporanei” che quest’estate hanno fatto le vacanze usufruendo dei voucher messi a disposizione per gli stagionali dell’agricoltura.

Sono almeno duecentomila quelli che, durante l’estate, hanno prestato la loro opera nelle campagne raccogliendo frutta, verdura e uva. Non solo. Dal trattorista al taglialegna fino al potatore, agli addetti alla vendita diretta di prodotti tipici, alla macellazione, alla vinificazione o alla produzione di yogurt e formaggi. Simone, tarantino, 27 anni, dopo due anni a Londra vendendo t-shirt a Camden market, è in partenza per Rotterdam con la fidanzata, Melissa, 21 anni francese. Vanno a raccogliere pomodori. Lo stipendio? Duemila euro al mese, perché in Olanda il minimo garantito è di 9,50 euro l’ora per i lavoratori sopra i 22 anni. «L’idea è di rimanere fino ad ottobre – spiega mentre accende una sigaretta – ma non è detto che io non resti più a lungo. È partita come un’avventura ma pur sempre di lavoro si tratta». Insomma va così. Si parte per campi, per fare soldi ma anche per viaggiare.

Elza, 24 anni, laureata e precaria cronica, voleva solo vedere l’Europa. Portafoglio vuoto e zaino in spalla pieno zeppo, ha trovato il modo per girarla tutta: «Per ogni tappa del mio viaggio sono riuscita a trovare delle campagne dove lavorare. Mi davano anche l’alloggio in cambio del mio sudore. Così una settimana ogni due finivo in una farm e me ne andavo con un bel po’ di soldi da investire per il mio tour europeo». In rete ce n’è per tutti i gusti . Inglesi, irlandesi e francesi lo chiamano “fruit picking”, in Canada e negli States “agricultural labour pool”. Basta un clic, compilare un’application form e via, il proprio nominativo è inserito nelle banche dati delle fattorie del mondo che di volta in volta, in base alla raccolta, selezionano tot candidati per ogni periodo dell’anno. In Nuova Zelanda,  per esempio, cercano braccia per raccogliere ciliegie da gennaio a dicembre. In Francia, si cercano apicoltori a partire da marzo oppure addetti alla raccolta di uva, mentre in Australia è caccia a macchinisti specializzati. E in Italia? L’agenzia lavoro ha una pagina apposita, dedicata a chi vuole sperimentare il lavoro nei campi.

A Parma e provincia c’è un grande distretto della lavorazione del pomodoro. Conserve, concentrati, sughi e altri prodotti alimentari. Copador, Greci, Mutti vengono tutti da lì. Per non parlare delle campagne del Sud da cui tutto l’anno (grazie alle serre) sbarcano quintali di succosi pomodorini. Ma in pochi scelgono il meridione. Un po’ perché scarseggiano gli annunci online che sono quasi tutti destinati a campi del Nord d’Italia, dal Veneto al Trentino dove si raccolgono le mele. Un po’ perché raccogliere arance in Calabria fa paura. «Le cronache dei giornali non aiutano. Si legge sempre – spiega Simone – di braccianti africani ridotti alla fame. Non pagano loro, figuriamoci se pagherebbero noi». Non sbaglia, Simone. A Rosano la raccolta delle arance si è interrotta due anni fa. Meglio lasciarle marcire tanto i vaucher europei i caporali li intascano lo stesso. Ma c’è chi, a questo diktat, ha detto no da un pezzo.

Luca, 29 anni, una laurea in ingegneria agraria e un Erasmus in Inghilterra, ne parla arrabbiato. Ma sorride perché le cose gli vanno bene. È lui che racconta del pacchetto giovani, la legge del 2008 (n. 441) che introduce una serie di agevolazioni fiscali per chi non ha ancora compiuto i 40 anni. Si parla di acquisto, affitto di terreni, donazioni e tributi. Nella legge è spiegato tutto. Ma il provvedimento vale solo per chi dell’agricoltura ha dovuto o ha scelto di farne un lavoro. Proprio come Luca: «Per chi non avesse ancora le idee chiare, lasciami dire una cosa: fare il contadino, oggi, non significa per forza essere un provinciale. Sono entrato nell’amministrazione della mia azienda grazie a mio padre, ma non me ne vergogno: continuo a raccogliere pomodori». Lo scopo è fare della sua fattoria in Basilicata un vero e proprio incubatore di idee, iniziative e innovazioni tecnologiche in grado di competere a livello internazionale. «A questo è servito studiare. Cinque anni fa stavo in Inghilterra e – fidati – sarei potuto rimanere. Invece, pur senza scrivania, ho scelto di tornare perché amo sentire la terra tra le dita».  

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