Mi consentoDopo il partito Publitalia, nasce il partito della Fiat

Dopo il partito Publitalia, nasce il partito della Fiat

Anni fa, ne sono trascorsi ormai diciotto, l’imprenditore Silvio Berlusconi ruppe gli indugi con una dichiarazione che ai più apparve singolare: «Se dovessi votare per le comunali di Roma non avrei dubbi e tra Rutelli e Fini sceglierei senz’altro Fini». Allora il termine endorsement non era ancora di casa dalle nostre parti. Come, del resto, discesa in campo. Fu lo stesso Cavaliere, poche settimane dopo, a portarlo nelle case degli italiani in uno storico videomessaggio alla nazione. «L’Italia è il paese che amo…» e tutto il resto appresso. Era il 26 gennaio del ’94, aveva il suo doppiopetto d’ordinanza, non ancora il trapianto dei capelli e stava per rivoluzionare quella politica italiana che usciva a pezzi dal crollo di Craxi e della Dc sotto i colpi di Tangentopoli.

Sembra un secolo fa. La politica italiana, abituato al preambolo e alle paludate tribune politiche, fu travolta dall’esercito di Publitalia. Repubblica derise il Cavaliere per tutta la campagna elettorale. Memorabile un editoriale di Eugenio Scalfari intitolato “Il ragazzo coccodè”, che alludeva alla fortunata trasmissione tv di Renzo Arbore “Indietro tutta”. Poi andò come andò. Il cavaliere travolse la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto ed entrò trionfale a Palazzo Chigi. Da dove ne fu cacciato dopo appena sette mesi. Vi rientrò solo nel 2001, dopo una lunga traversata e, di fatto, non ne è quasi più uscito. Salvo la parentesi Prodi.

Ma questo è Berlusconi. Oggi un uomo con un semplice maglioncino blu si prende la scena. Ma non lo fa per sé. «Se Luca Cordero di Montezemolo decidesse di scendere in politica, nonostante il mio consiglio di non farlo, avrebbe personalmente il mio appoggio, è una brava persona. Ripeto, il mio consiglio spassionato è di non farlo. Gliel’ho detto più di una volta e continuo a ripeterglielo. Ma nessuno lo può bloccare. Anche perché, è in grado di vincere». Diciassette anni fa Confalonieri, oggi Sergio Marchionne. L’amministratore delegato della Fiat sceglie proprio Fidèl come proprio modello, l’amico di sempre del Cavaliere, colui il quale gli sconsigliò vivamente di entrare in politica ma che poi non esitò a schierarsi al suo fianco. Marchionne, quindi, sceglie il modello Confalonieri. E come nel ’94 Berlusconi schierò le truppe di Publitalia, lui sembra muovere quelle, invero un po’ più arrugginite, della Fiat. E lo fa, non a caso, al meeting di Comunione e Liberazione, aperto domenica scorsa in modo inusuale dal presidente Giorgio Napolitano.

Mai era accaduta che l’azienda simbolo dell’Italia si schierasse così apertamente. Certo, si ricordano le candidature di Umberto e Susanna Agnelli. Così come le battute dell’Avvocato, su tutte quella su Ciriaco De Mita, “governatore della Magna Grecia”. Ma mai gli Agnelli avevano indicato un capo del governo. E con tale dovizia di particolari. «Non so se è la salvezza dell’Italia – ha detto Marchionne – parliamo di alternative, sono cose che vuole fare lui. Non escluderei la possibilità che entri in politica». E ancora: «Ho un grandissimo rispetto per Luca, abbiamo lavorato insieme tantissimo. Ha fatto un lavoro straordinario per la Ferrari. So che a livello internazionale è conosciuto, ha una grandissima credibilità come personaggio. Se poi queste capacità sono disponibili alla gestione del Paese… beh questa è una domanda cui deve rispondere lui».

Insomma Marchionne schiera la Fiat a sostegno di Montezemolo. Proprio la Fiat, l’azienda cui da sempre il presidente Ferrari è legato. Ma da cui, invero, fu anche malamente allontanato, come da sempre ricorda Cesare Romiti. Certo, resta da vedere quanto davvero conti e pesi oggi la Fiat nel Paese. Soprattutto all’indomani della cura Marchionne che tanto ha riscosso dal punto di vista dell’immagine internazionale, meno in termini economici e di simpatia sul territorio, soprattutto tra i lavoratori. In quest’estate contraddistinta dalla paura del default, l’asse Marchionne-Montezemolo assesta i propri colpi sull’asse Rimini-Cortina. Per dirla in termini ciclistici, la volata è stata tirata, ora sta a Montezemolo uscire dalla scia e rischiare, prendendosi il vento in faccia.  

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