I ribelli a Tripoli, sperando che Gheddafi vada ad Hammamet

I ribelli a Tripoli, sperando che Gheddafi vada ad Hammamet

Questa volta sembra davvero che stia per finire. I ribelli proclamano la conquista di Brega (che, anche se distante 750 km da Tripoli, è un importante porto e punto strategico) di Zlitan e di Zawayiah, sede della raffineria, al termine di un corpo a corpo con i fedeli del colonnello. L’esercito di Gheddafi sembra essere ora intrappolato in una serie di enclave, nella zona attorno a Tripoli, che si stanno facendo sempre più ridotte. E la marcia degli insorti continua sempre più veloce: di sicuro hanno preso al Khums, uno dei nodi centrali per raggiungere Tripoli, e anche Zuara. Non solo: secondo quanto riferisce la radio antigovernativa Hurra, con base a Misurata (ma il fatto non è ancora confermato), i ribelli avrebbero preso possesso anche dell’Aeroporto Internazionale di Tripoli. E ora, in diecimila starebbero marciando verso il centro della città, presi da entusiasmo. L’obiettivo: la televisione di Stato.

È l’operazione scattata questa notte: chiamata “Alba della sposa di mare (Fajr Arus al Bahr)” – la sposa di mare è uno degli appellativi dati a Tripoli – che sta portando le forze antigovernative verso la conquista della capitale. E, in sostanza, della Libia: sono a un passo dalla vittoria della guerra. «Festeggeremo a Tripoli la fine del Ramadan», riferiscono alla Cnn alcuni miliziani. E, visto che il Ramadan finisce il 29 agosto, al vecchio regime resterebbero ancora nove giorni. Forse gli ultimi.

Indebolito e in bilico, il colonnello non lascia capire quali siano le sue intenzioni. Intanto perde i pezzi. Venerdì un bombardamento Nato avrebbe ucciso Abdullah al Senoussi, cognato di Gheddafi e soprattutto capo dei servizi segreti libici. E fa clamore, tra gli insorti, l’abbandono di Abdessalam Jalloud, passato dalla parte dei ribelli. Anche se da tempo era stato messo da parte (addirittura, per un periodo, messo agli arresti domiciliari), l’ex amico di infanzia del raìs era uno dei pezzi grossi della Jamahiriya di Gheddafi. Dopo un periodo da numero due (è stato anche premier tra il 1972 e i 1977), è stato accantonato. Ora, secondo fonti antigovernative, sarebbe a Zintan, rifugiatosi tra i ribelli, perché stanco «del bagno di sangue» che sta colpendo la Libia.

E il colonnello? «Impossibile sapere quando se ne andrà. Di sicuro, se ne andrà», ha detto alla Cnn il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Mark Toner. Sul raìs le voci ribollono in continuazione, contraddittorie e poco chiare. Lunedì scorso nella televisione di stato Gheddafi incitava i suoi seguaci a imbracciare le armi e combattere contro i ribelli «Andate sempre incontro alla sfida: in mano i vostri fucili, verso la battaglia. Per liberare la Libia, centimetro per centimetro dai traditori e dalla Nato», aveva detto. Ma i ribelli sostengono che ora stia preparando la fuga, o che sia già fuggito. La destinazione sarebbe la Tunisia, e poi (o oppure) il Venezuela. La Tunisia, secondo alcune voci, significherebbe Hammamet, e più in particolare, l’hotel Hasdrubal, uno dei più lussuosi della città, in cui il colonnello aveva già soggiornato una volta durante una sua visita. Per quanto riguarda il Venezuela, il ministro dell’Intero tunisino smentisce ogni passaggio di Gheddafi o della sua famiglia nel suo Paese per imbarcarsi su un aereo da Djerba e dirigersi a Caracas. In ogni caso, secondo fonti di intelligence americana, la fuga di Muammar Gheddafi è questione di giorni.

«Falsissimo», risponde alla Cnn il vice-ministro degli esteri libico Kaled Khaim, affermando che né Gheddafi né la sua famiglia hanno alcuna intenzione di abbandonare il Paese. L’ipotesi poi che fosse molto malato, girata nei giorni scorsi, non ha più ricevuto conferma.

Cosa ha in mente Gheddafi? Secondo un ufficiale Usa, potrebbe anche tentare un’ultima, estrema resistenza. Asserragliato nel suo bunker, potrebbe lanciare un disperato attacco contro i ribelli, o peggio, contro la stessa popolazione. Un ricatto per far cessare i bombardamenti. Potrebbe lottare corpo a corpo, casa per casa, posizionando cecchini, mine e razzi contro i suoi nemici, che hanno idee confuse su come dare l’ultimo scossone alla resistenza governativa e idee ancora più confuse su come gestire il dopo-Gheddafi. Resistere fino alla fine, insomma, sapendo che, per la Nato, i fondi sono agli sgoccioli, e che dopo settembre la missione andrà interrotta. Che resti e combatta oppure lasci il Paese, non si sa ancora. Ma la fine, in ogni caso, sembra ormai questione di giorni. 

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