In viaggio, da solo, fra Belgrado e Sarajevo

In viaggio, da solo, fra Belgrado e Sarajevo

Nel mondo frenetico in cui viviamo, ogni scelta va presa con il piede pigiato sull’acceleratore e tale concetto si estende anche al turismo; bisogna stare al computer aspettando di agguantare biglietti aerei low cost, senza dimenticare di tenere a mente le destinazioni degli amici e/o colleghi; non si può certo rischiare di tornare negli stessi posti o di seguire percorsi già tracciati.

Dal mio punto di vista, invece, ogni viaggio ha una sua genesi, vi è certamente qualcosa che spinge il viaggiatore (e non il turista), a scegliere una meta piuttosto di un’altra, e oltre a questo avevo delle necessità, in altre parole di non spender molto, anche in vista del mio Erasmus dublinese a gennaio e di non trascorrere troppo tempo in viaggio, in vista degli esami. Tali esigenze si sposavano quindi perfettamente con l’idea di un ritorno nei Balcani, rivisitando Belgrado, città piacevole e dalla movida trascinante, e fermandomi al “Backpackers’ Lounge”, ostello dove mi ero trattenuto l’estate scorsa, situato nel centro cittadino e dallo staff eccellente, per dirigermi poi verso Sarajevo, arrivando a spendere per sette notti di permanenza circa 100 euro tra le due città.

Il mio intento era di fare l’intero viaggio (Milano o Venezia-Belgrado-Sarajevo e ritorno), in treno, ma il costo previsto (346 euro in treno, senza contare lo spostamento a Sarajevo) mi ha fatto preferire una soluzione mista, in altre parole un volo Milano-Vienna-Belgrado a/r (185 euro), sommato poi al biglietto ferroviario da Belgrado a Sarajevo a/r (30 euro circa). Per le sistemazioni, mi sono rivolto al sito Hostelworld, dal quale ho selezionato anche il sublime“Residence Rooms”, confortevole, economico e veramente piacevole, nel centro della città. Lo staff dell’ostello di Sarajevo è ottimo e organizza tra l’altro, alla modifica cifra di 12 euro, gite guidate al Tunnel di Sarajevo, che rappresentò una sofferente valvola d’ossigeno per la città sotto assedio dal 1992 al 1995, alle strutture del Villaggio Olimpico del 1984 e al cimitero ebraico cittadino, il più grande d’Europa dopo di quello di Praga. A Sarajevo, sotto l’Impero Ottomano, gli ebrei sefarditi giunti dalla Spagna, ove subivano violenze e vessazioni, potevano vivere in libertà e non costretti nel ghetto.

Se per Belgrado non mi mancava l’esperienza diretta dall’estate scorsa, per la città e, le sistemazioni, per quanto riguarda Sarajevo l’ispirazione mi è stata suggerita, tra i molti motivi, dal momento storico, a un ventennio circa dalla fine della guerra e a un mese circa di distanza dalla visita a Sarajevo di Boris Tadic, primo ministro serbo, prima visita di un’autorità serba in territorio bosniaco. Mi interessava testare il polso, nei limiti del possibile dell’attitudine della popolazione di Sarajevo sul passato, presente e sulle prospettive del futuro, di fronte all’ancoraggio del paese agli accordi di Dayton, all’assenza di una Costituzione e alla grande autonomia della Repubblica Serbska e della Federazione Croato-musulmana.

Gli altri spunti d’ispirazione per Sarajevo erano legati a un desiderio di approfondire la conoscenza dei Balcani, area per la quale sto sviluppando un certo interesse, oltre a voler vedere con i miei occhi la “Gerusalemme d’Europa”, una città dove camminando in una via si può entrare in un bazar turco, mentre spostandosi poco più in là, si può raggiungere in Austria e ove si possono trovare a due passi le une dalle altre moschee, chiese cattoliche, cattedrali ortodosse, al pari della mescolanza di culture e religioni che qui domina, rendendola sede di un piccolo grande melting pot.

La mia lettura di viaggio è stata costituita dal capolavoro di Ivo Andric, “Il Ponte sul Drina” ed è stato davvero affascinante osservare i luoghi ove camminavo e riflettere sulle diversità, sull’intensità con la quale, nel bene e nel male, la Storia è qui stata vissuta e su come, nonostante i facili stereotipi, molto diffusi presso di noi, la popolazione, nonostante le difficoltà vissute, riesce ancora a essere positiva e aperta, specialmente nella sua rappresentanza giovane, che appartiene alla generazione del villaggio globale, sia in Bosnia sia in Serbia.

Questo viaggio, il secondo che compivo in solitudine (pur non avendola sperimentata nel suo svolgimento, considerando l’alto livello di socializzazione riscontrabile negli ostelli), mi ha davvero regalato molto, sia a livello d’ispirazioni (mi piacerebbe molto poter fare dei reportage da questi territori, in futuro), sia a livello umano, avendo riscontrato caratteristiche affini a quelle dei latinoamericani, sia nei serbi sia nei bosniaci, in altre parole una grande apertura e generosità, originata da periodi storici difficili, oltre che dalle difficoltà economiche.

La mia speranza è che questo treno tra Belgrado e Sarajevo, che ha ricominciato a viaggiare da circa un anno, possa davvero rappresentare sempre più, un punto di congiunzione e un ponte d’unione, e per osservare ciò e altro, cercherà di tornare presto in quest’area geografica, molto presto.

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