Tra le tante conseguenze della probabile (e vicina?) caduta del regime di Gheddafi, ce n’è una che spaventa gli stati confinanti, sull’orlo della sponda sahariana. Non riguarda le conseguenze sulla stabilità del prezzo del petrolio, né le problematiche legate alla difficile costruzione di un nuovo tessuto sociale e politico nella nuova Libia in mano a una frammentata e improbabile coalizione di ribelli. Queste sono le preoccupazioni dell’Occidente ed è intorno a queste che più probabilmente si discuterà in merito agli scenari del dopo-Qaid.
I governi di Mali, Niger e Chad, tra gli altri, sono invece preoccupati del ritorno dei mercenari assunti da Gheddafi. Cittadini di questi paesi che, con il regime allo sbando, a rischio di diventare un bersaglio facilmente identificabile per le ritorsioni dei ribelli, cercheranno nelle prossime ore – se non lo hanno già fatto nelle settimane passate – di tornare a casa. Armati, e senza prospettive. I numeri dei mercenari africani che nel suo impeto di panafricanismo Gheddafi ha assunto per proteggere i confini del suo regime non sono noti. Già dopo l’inizio delle rivolte a febbraio si era parlato del coinvolgimento di uomini armati maliani nella repressione di Benghazi e del loro incerto futuro dopo l’intervento della Nato a sostegno prima della popolazione civile e poi, sempre più apertamente, dei ribelli.
Gli esponenti governativi dell’anti-terrorismo maliano e nigerino non sono però preoccupati del destino di questi uomini, quanto del loro ritorno in paesi già scossi da rivolte interne. Sia in Mali che in Niger la situazione nelle regioni sahariane è da sempre molto tesa. Ai tuareg e nomadi in contrasto con le élites nere che governano dalle capitali a sud del Sahara negli ultimi anni si sono aggiunte minacce più complesse e ramificate internazionalmente, che hanno preso il nome di Al-Qaida in the Islamic Maghreb. Un gruppo, questo, che nonostante gli sforzi nazionali pesantemente coadiuvati da americani e francesi, è tra i più pericolosi della galassia di Al-Qaida. Se a questi dovessero unirsi i mercenari sbandati dopo la fine di Gheddafi la situazione nel nord del Mali e del Niger potrebbe sfuggire dal controllo dei governi.
La situazione in Chad è ancora più complessa. Da molti anni in guerra con la Libia – alcune volte aperta, in altri casi combattuta per procura attraverso gruppi ribelli armati proprio da Tripoli – il regime di Idriss Deby ha acquisito maggiore stabilità da quando la situazione con il vicino Sudan si è temporaneamente pacificata. Anche qui, l’arrivo di uomini armati e senza prospettive potrebbe complicare la situazione nel paese. Certamente, la caduta di Gheddafi avrà ripercussioni interne e internazionali che oggi fatichiamo a prevedere. Guardare anche a sud del Sahara, però, non sarebbe una cattiva idea.
*Research Fellow – Programma Africa, Ispi