Viaggio alle Cicladi, fra divertimento e segni di crisi

Viaggio alle Cicladi, fra divertimento e segni di crisi

Ore 7.40, 6 Agosto 2011. Al Gate numero uno del porto di Pireo (Atene) inizia la lotta per accaparrarsi l’ingresso nel traghetto con direzione Santorini. Macchine, camion si imbarcano caoticamente, mentre una lunga fila di turisti, soprattutto greci, occupa le poche sedie a disposizione. Per i più sfortunati, non rimane che sdraiarsi a terra. Fino qua nulla di particolare: sembra la descrizione di un’ordinaria giornata di follia estiva.

Il porto del Pireo (Flickr – szilvi.mucsy)
A confermare questa ipotesi, la fila kilometrica di passeggeri che taglia la coda per conquistarsi un caffe shekerato accompagnato da cornetto alla crema, il tutto per una modica cifra di cinque euro. «Si sa-mi dice una signora greca sulla cinquantina che cerca di sbiascicare qualche parola in inglese- queste compagnie ne approfittano sempre, ma io sono in vacanza e non voglio preoccupazioni».

Finito il mio turno, torno alla mia sedia dove mi aspettano i due compagni di viaggio baschi (non chiamateli spagnoli, potrebbero reagire molto male); il nostro budget, per dodici giorni di viaggio nell’ombelico del mondo greco, è all’incirca di ottocento euro: centotrentacinque per cinque corse con i traghetti, duecento per dormire undici notti in sistemazioni molto spartane e il resto per il divertimento. Rincuorati dai racconti sulle feste di Mykonos e Ios ci mettiamo a giocare a carte, aspettando che la sirena della nave annunci lo sbarco.

Santorini (Flickr – Ben Heine)
Ad accoglierci sull’isola vulcanica, o meglio su quello che ne resta dopo l’esplosione che causò la distruzione della civiltà minoica, la proprietaria del nostro albergo che ci annuncia che la prenotazione fatta è da considerarsi annullata perché ce ne sono state troppe (sono andati in overbooking), ma di non preoccuparsi perché verremo alloggiati nell’alberghetto di sua cugina, allo stesso prezzo con l’aggiunta di piscina e il vantaggio di essere ancora più vicini al centro dell’isola. Una botta di fortuna.

Nel tragitto, la mia curiosità mi porta a fare alcune domande sulla crisi. I baschi, stupiti dalla mia invadenza, mi fulminano con gli occhi. Tuttavia, la signora non si scandalizza e anzi, con un ottimo inglese, mi dice: «La crisi si sente, eccome se morde. Noi viviamo solo di turismo e lavoriamo per quattro mesi all’anno. Maggio e Giugno sono stati un disastro. Pochi stranieri e soprattutto pochi greci; da metà luglio le cose sono cambiate e siamo strapieni fino alla fine di Agosto». « Il merito – continua – è di avere abbassato drammaticamente i prezzi. Solo dopo questa mossa c’è stato un boom delle prenotazioni e la stagione è stata raddrizzata».

I giorni sull’isola più romantica della Grecia, passano tra bagni in spiagge raggiungibili solo con motorini e quad (il prezzo per l’affitto di uno scooter per due giorni è di trentacinque euro, mentre per il secondo di circa quaranta) e serate nei locali più esclusivi. La vita notturna è sicuramente la parte più cara: l’ingresso in un locale va dai dieci ai venti euro con consumazione compresa, cui devi aggiungere altri dieci per ogni successiva. Un consiglio per i naviganti: se volete risparmiare fate ricorso alla cultura spagnola, famosa per il botellón; si va al supermercato, si compra alcool, bevande e si beve prima di entrare a ballare.

La sera di Ios (Flickr – leighann.rahn)
La nostra seconda tappa è Ios. Quaranta minuti di traghetto e poi alloggiamento in resort. Due piscine, tanti australiani e molti locali notturni. Se entri prima dell’una hai tre consumazioni al prezzo di una (5/6 euro). Un paradiso per quei ragazzi alla ricerca dell’avventura post maturità. A spiegarmi che anche lì le cose non van benissimo ci pensa Marco, 26 anni, italo americano, alla terza stagione come cameriere nel nostro albergo. Mi dice: «Guarda questa piscina e questi tavoli; sono semi vuoti nella settimana più importante della stagione. Qui un anno fa si faceva rissa per sedersi a cena. Ora c’è la desolazione». In effetti, la crisi si fa sentire: il prezzo della nostra camera è 25 euro a testa per notte. La stanza era dotata di aria condizionata, mega bagno, frigo, cassaforte e tv. Un anno fa non te la tiravano dietro per meno di 35/40 euro.

Mikonos – (Flickr, songallery)
Terza e ultima tappa Mikonos. La chiamano l’Ibiza del sud. Non c’è definizione migliore. Feste, alcool e sesso libero. La vita inizia alle 4 del pomeriggio, prosegue con tre ore di spiaggia, poi tutti al Tropicana fino alle dieci. Rapida cena e alle due di notte si va a ballare al Paradise o Cavo Paradise. Ogni notte un nuovo dj e 25/ 50 euro da sborsare. Nel biglietto è quasi compresa la pomiciata. Non aggiungo altro. Tuttavia la crisi morde anche qui. Laura, 23 anni, di Roma, sull’isola lavora come cameriere per la stagione estiva. «Giugno e luglio – dice la ragazza sono stati un mortorio. Mi giravo i pollici fino alle 7 del mattino. Ora non mi fermo un secondo, ma almeno lavoro».

L’ultima pillola me la regala un signore sulla cinquantina, mentre aspetto in una stazione deserta il treno che mi riporta all’aeroporto ad Atene. In una ventina di minuti mi racconta la sua vita: ha lavorato per una compagnia petrolifera in Nigeria per quasi 10 anni e poi ha fatto il manager in una grossa impresa. Ha perso il lavoro, ma nella sfortuna, ha trovato il posto da guardia notturna della stazione. «I veri problemi – sottolinea – sono stati l’Euro e le Olimpiadi. I politici si sono mangiati tutto, trascinandoci nella giungla. Il turismo quest’anno ha tenuto perché abbiamo abbassato i prezzi, ma il prossimo?» Il treno arriva e devo interrompere. αντίο Grecia.

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