Rinverdire i fasti della Basket City dei bei tempi andati con il colpaccio, il briscolone, il Mammasantissima dei canestri: Kobe Bryant, uno degli atleti che hanno fatto la storia di questo sport. Comunque vada a finire, se non altro Claudio Sabatini ci ha provato. Anche a riportare Bologna al centro del mondo.
Bryant a Bologna, sponda Virtus ovviamente, è al momento un sogno, non irrealizzabile ma di difficile quadratura. Per il patron delle Vu Nere che furono di Brunamonti e Villalta, eclettico protagonista della storia gioie e dolori del basket nella città emiliana, è una questione di costi, più che di opportunità. Sabatini, da una parte, le sta studiando tutte per tentare il colpaccio, dall’altra Bryant in Italia verrebbe molto volentieri, in attesa che il lockout Nba finisca.
Il campione verrebbe volentieri per questioni affettive – il padre, Joe, giocò sette anni fra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia - e per questioni di sponsor, perché Kobe sa bene che da noi, pure per un breve periodo, farebbe affari d’oro. Bryant, a tutti gli effetti, chiede la luna, anche perché può permetterselo: 750 mila dollari netti al mese, per un contratto annuale (nove mesi, per la precisione) le cui cifre si aggirano su un lordo di circa 15 milioni di dollari, dal momento che nella cifra andrebbero considerate anche i costi della tassazione e dell’assicurazione da 83 milioni di dollari. Prendere in prestito dall’Nba il cestista anche solo per una partita e poi restituirlo acciaccato è un calcolo probabilistico da far tremare i polsi a qualunque assicuratore. Troppo, per la Virtus e per qualunque club italiano, se la serrata Nba durasse tutta la stagione.
Sabatini per portare Bryant a Bologna non può comunque farcela da solo. Ha già detto di poter contribuire di tasca propria al 50%. Resta da trovare l’altra metà dei soldi. Nel frattempo ha esortato i tifosi a tempestare di mail Kobe per convincerlo all’avventura sotto le Due Torri – che si può fare. Loro aspettano, abituati ormai a non dilungarsi troppo nel chiedersi dove riesca a trovare i soldi questo personaggio tanto geniale quanto sopra le righe nato, imprenditorialmente parlando, con le fiere. Suo, per intendersi, il Futurshow, l’expò sulle tecnologie futuribili che per qualche anno attirò torme di ragazzini a Bologna, e che ora dà il nome al palazzetto della Virtus.
Nel 2003, anno in cui la sua azienda ha fatturato oltre 30 milioni di euro, ha salvato la Virtus (15 scudetti, 2 coppe campioni) a un passo dall’udienza presso il giudice fallimentare. Nel 2008 ha acquistato, tramite la Costructa spa (società che possiede la Allestimenti Sabatini spa e la stessa Virtus), il palazzetto dello sport di Bologna, per impostare un modello di business uguale a quello che nel calcio si vede negli stadi di proprietà come lo Juventus Stadium. Ovvero, quello di un impianto che, oltre a garantire gli incassi degli eventi sportivi, possa ospitare altri tipi di manifestazioni come concerti e mostre. E grazie all’accordo con la Coop Costruzioni, il palazzetto sarà dotato entro un anno di un’area commerciale di 25mila metri quadrati. In ultimo, l’impianto sarà targato Unipol dal 1° ottobre.
Sull’operazione Bryant il piano di rientro economico è arzigogolato ma all’apparenza sostenibile, sempre che la Lega basket non gli metta i bastoni tra le ruote: Sabatini pensa di rifarsi dell’investimento grazie agli introiti di sponsor, del merchandising e della cessione dei diritti tv esteri, perché la Serie A italiana con diversi grandi protagonisti Nba diventerebbe assai appetibile e la torta da spartirsi sarebbe prevedibilmente più ampia. Se poi, per questo breve periodo, il calendario venisse riformulato anche in maniera non casuale (con gli incontri principali fissati in poche settimane, per permettere ai grandi campioni di affrontarsi negli impianti più capienti), ecco che il gioco sarebbe fatto.
Kobe Bryant, domani e giovedì, sarà in Italia, prima a Milano poi a Roma per scopi pubblicitari. Si aspetta di sentire dalla sua viva voce il sì o il no all’offerta bolognese. Sabatini – che già nei giorni scorsi ha intavolato un lungo pour parler con i manager del giocatore dei Lakers – potrebbe anche entrare in diretto contatto con Kobe e tentare di convincerlo di persona. Il gioco vale la candela. «Se non facciamo business con Bryant, in che altro modo potremmo farlo?», sono state le parole di patron pochi giorni fa. Nel 1998-99, in occasione dell’ultimo lockout della Nba, Cazzola portò a Bologna Michael Olowokandi, centro nigeriano prima scelta dei Los Angeles Clippers nel draft 1998. Aveva 23 anni, non costò cifre spropositate e non rimase nella storia se non come uno dei più grandi bidoni della Virtus. Da Olowokandi a Bryant, se mai accadrà, il passo è lunghissimo. Ma perché non tentare?