Tante piccole monetine da un centesimo che i giovani indignati italiani si preparano a lanciare contro Montecitorio mentre nell’aula della Camera verrà approvata la manovra con tanto di fiducia.
A guidare la manifestazione-flash mob sono gli studenti della rete UniCommon. Quella che una volta era conosciuta come l’Onda, il movimento che nel 2009 si oppose in tutto il Paese alla riforma dell’università proposta dal ministro Mariastella Gelmini. Ora i tempi sono cambiati: nella nuova manovra di tagli agli atenei non c’è traccia, «del resto è rimasto poco da sforbiciare visto che proprio quest’anno entrano in vigore le ultime misure previste dalla legge 133», ricorda amaro Luca Cafagna, che di UniCommon è uno degli esponenti più attivi.
Ma in piazza non ci saranno solo studenti. Parteciperà anche Action, la rete dei movimenti per il diritto alla casa. E chiunque voglia unirsi. L’annuncio, pubblicato su Facebook, è aperto a tutti. Perché mercoledì 14 settembre è solo la prima data in una lunga stagione di antagonismo. L’appuntamento più importante a livello continentale è già fissato per sabato 15 ottobre, quando nelle principali piazze europee i giovani della zona euro grideranno il loro “no” alle politiche economiche di Bruxelles e dei paesi membri.
Del resto i motivi dell’indignazione sono molto simili – per certi versi identici – a quelli che hanno portato in piazza i giovani greci e spagnoli. «La manovra colpisce i più deboli, i soliti: giovani, lavoratori e pensionati. Si è pensato a tagliare e tassare. Di sostegno al reddito dei giovani, politiche per lo sviluppo, neanche l’ombra. Al suo posto, il contratto di apprendistato e i licenziamento facile. La nostra generazione è stata totalmente ignorata dai governanti» spiega ancora Cafagna. Non riscuote troppo successo neanche l’idea di una politica economica dettata dalla Bce. Una manovra «sotto dettatura e un Parlamento commissariato» per dirla con gli indignati.
Ce l’hanno con tutti gli indignados nostrani: anche con il Partito Democratico, reo di essersi dimenticato degli under 30 nella sua contro-manovra. Perché l’incomprensione è totale, a partire dalla stessa filosofia che sorregge le misure anti-crisi. Governo e opposizione concordano almeno su qualcosa: la spesa deve diminuire e la manovra deve essere a saldi invariati. Gli indignati chiedono più investimenti almeno sul welfare state. Un modello di Stato in cui i continuano, nonostante tutto, a credere. Quel modello che la crisi economica e finanziaria sta mettendo in discussione.
«Porta un centesimo, il nostro contributo di solidarietà. Lanciamo la nostra indignazione!» è il grido con cui si conclude il messaggio-invito pubblicato su Facebook. Un gesto che nell’immaginario collettivo riporta alla fine della prima Repubblica e al lancio di monetine (ma allora erano lire) contro Bettino Craxi all’hotel Raphael di Roma. Oggi il contesto è diverso, le ragioni sono altre. Ma il valore simbolico resta. E gli indignati lo sanno. Anche se finora la piazza non è stata esattamente traboccante di indignados e domani potrebbero essere quattro gatti.