L’America della crisi, quella del caldo agosto a zero posti di lavoro creati, del rischio di un altro downgrade come un cappio non ancora teso e del debito stellare manco fosse lo scudo spaziale di Reagan, si sveglia in autunno con un ospite indesiderato ad occupare la casa. Si tratta di 69,2 milioni di giovani adulti che non dovrebbero esserci. O meglio, avrebbero dovuto lasciare il nido ed invece la recessione “sparviera” costringe a rifugiarsi fra le calde penne della mamma-chioccia.
Dal 2007 ad oggi, le famiglie americane che dividono l’abitazione con un adulto che non è co-proprietario, consorte o coinquilino del padrone di casa sono aumentate del 10,7%. Ben 25,5% in più se lo “scroccone” (che non studia e spesso non lavora) ha un’età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Tutto ciò che significa? Semplice. Che i bamboccioni hanno travalicato l’oceano e hanno attecchito così bene nella terra dei padri pellegrini da preoccupare il Census Bureau, il principale ente statistico federale degli Usa. Che, in una nota del blog ufficiale, lancia l’allarme: «I giovani americani sono stati i più colpiti dalla recessione. Nel giro di quattro anni i giovani tra i 18 e i 34 anni che non riescono ad uscire di casa sono passati da 4,7 a 5,9 milioni nel 2011, il 14,2% del totale».
Ciò che l’America teme di più è l’ impoverimento della middle-class che l’ha costruita, quella borghesia che è custode dell’anima produttiva americana. Se i genitori sono costretti a mantenere i figli anche in età da lavoro, il risultato è uno stipendio spalmato su di una fetta maggiore di pretendenti. Concetto che tradotto nel loro pratico slang suona più o meno così: «Non hai bisogno di comprarti una nuova Tv, perché usi già quella di mamma», come commenta preoccupato Phil Izzo dalle colonne del Wall Street Journal.
I bamboccioni a stelle e strisce, di primo acchito, pare non se la passino poi così male. Solo l’8,4% di loro si avvicina alla soglia di povertà. Ma osservando i dati da più vicino si scopre che la percentuale si riferisce allo stipendio della famiglia al completo, per ora ancora in grado di sopportare le spese. «Ma se scomponessimo il dato», notano al Census, «il 45,3% dei ragazzi che ora stanno in casa non sarebbero in grado di mantenersi con il proprio lavoro». Figuriamoci acquistare un nuovo televisore. Morale: il fatto che stiano a casa sfalsa la percezione della povertà visto che, fossero fuori casa, i dati su chi si trova in estrema indigenza sarebbero ben peggiori.
Uno stop ai consumi nel paese della Coca Cola, poi, è un terrore strisciante. Una paura che potremmo paragonare allo spettro che paralizza i tifosi nostrani alla notizia che la nazionale possa non qualificarsi ai mondiali. Se i consumi languono l’America non gira. E con 70 milioni di giovani adulti ad elemosinare la paghetta già striminzita del genitore, chi si occupa di business ha un ulteriore diavolo per capello.
Preoccupano le eccedenze di mercato che si accumulano nei magazzini, così come la diminuzione delle pensioni dei genitori, che non riescono a risparmiare a sufficienza per la vecchiaia. Ma preoccupano ancora di più le statistiche che in questi giorni affrescano un’America in declino, logorata dalla crisi mondiale. Non solo 14 milioni di posti bruciati in una manciata di anni. Ma mai tanti poveri per le strade come non accadeva dal 1994, una disoccupazione che sfiora il 9% e quasi un americano su cinque che non può usufruire dell’assistenza sanitaria.
Il fenomeno dei bamboccioni americani diventa così la cartina di tornasoledella mancanza di crescita. Rimandata di giorno in giorno come quella dei bambini sperduti, abitanti dell’Isola che non c’è. Mentre tutta l’America, adesso, vorrebbe tifare per Capitan Uncino.