Viva la FifaE a Istanbul possono andare allo stadio solo donne e bambini

E a Istanbul possono andare allo stadio solo donne e bambini

La nuova frontiera del fair play calcistico nasce dove non ti aspetti. Pensi all’Inghilterra, un Paese dove andare lo stadio è come andare a teatro. E invece parliamo della Turchia. I dirigenti del Fenerbahce, una delle squadre di Istanbul, erano stanchi delle continue violenze commesse dai suoi tifosi. E così, nell’ultima gara di campionato giocata martedì scorso, hanno deciso: fuori tutti i tifosi adulti di sesso maschile e biglietto solo per donne e bambini. Una rivoluzione alla Ataturk. Che però alla Uefa, il governo del calcio europeo, è piaciuta.

Negli ultimi anni, le violenze dentro e fuori gli stadi in Turchia sono diventate una vera e propria piaga. Il problema, fino all’epoca poco conosciuto fuori dai confini turchi, arrivò agli ‘onori’ della cronaca europea il 6 aprile del 2000. A Istanbul si giocava la semifinale di Coppa Uefa, uno dei più importanti tornei calcistici d’Europa, tra gli inglesi del Leeds e i turchi del Galatasaray (acerrimi rivali del Fenerbahce). Secondo Scotland Yard, la partita era stata segnalata come ‘a rischio’. Le due tifoserie non fecero nulla per smentire la polizia britannica. I tifosi del Leeds si erano radunati nella centrale piazza Taksim, quando furono aggrediti da un gruppo di supporter turchi. Il bilancio fu pesantissimo: due inglesi morirono accoltellati. Per la partita di ritorno a Leeds, due settimane dopo, i tifosi ospiti turchi furono accolti da eccezionali misure di sicurezza e da uno striscione: “Benvenuti nella civiltà”.

Una civiltà che in Inghilterra è stata agevolata anche dalle leggi speciali emesse da Londra. Gli Hooligans, i tifosi più accesi e violenti d’Oltremanica, in casa loro non fanno più danni. Dopo la tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles, dove 30 tifosi italiani accorsi per vedere la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool del 1985 morirono schiacciati da una carica dei tifosi inglesi, il Governo è intervenuto duramente. Ora gli stadi inglesi sono dotati di telecamere a circuito chiuso e per i più facinorosi scatta subito l’allontanamento dall’impianto, che può durare anche fino a 5 anni.

In Turchia il club del Fenerbahce ha tentato una via diversa, per arginare il problema dei suoi tifosi violenti. Un problema che ha avuto il suo culmine lo scorso luglio. In un’amichevole nel moderno ed elegante impianto cittadino ‘Sukru Saracoglu’ contro gli ucraini dello Shakhtar Donetsk, i supporter della squadra di Istanbul, inferociti per come la loro squadra stava giocando, hanno tentato di forzare le recinzioni che dividono il prato e le tribune, per tentare un’invasione di campo. Dopo che, alla fine del campionato scorso, gli stessi tifosi avevano incendiato i seggiolini del loro settore di appartenenza dello stadio, la Federcalcio turca ha detto basta e ha inflitto una sanzione al club: giocare la partita successiva a porte chiuse. Una tegola che si è aggiunta alla decisione presa dalla Uefa lo scorso fine agosto. Per uno scandalo legato al mondo delle scommesse – molto più grande rispetto a quello che ha travolto il calcio italiano quest’estate, perché in Turchia sono rimasti coinvolti tutti i presidenti delle maggiori squadre di calcio del Paese – il Fenerbahce è stato escluso dalla Champions League. E ora aspetta di sapere se il campionato vinto lo scorso anno gli verrà revocato o meno.

In un momento difficile, il club gialloblu ha così deciso di unire l’utile al dilettevole. Senza guadagnarci un soldo (non era prevista la vendita di biglietti, data la squalifica), ha fatto entrare gratis allo stadio, per il match di campionato contro il Manisaspor, solo donne e bambini sotto i 12 anni. Divieto assoluto di ingresso agli uomini. Nessuna tensione, nessuna violenza. Solo 41mila persone che guardavano una partita. Il risultato finale è stato di 1-1 e alla fine nessuno ha contestato la squadra di casa. Anzi. Anche gli uomini, rimasti fuori dallo stadio, si sono adeguati. Mentre aspettavano mogli e figli, hanno cominciato a coordinarsi con i cori che provenivano dall’impianto: mentre i maschi gridavano «giallo!», le donne dentro rispondevano con «blu!», in riferimento ai colori della squadra.

Una decisione, quella del Fenerbahce, subito approvata dalla Federazione turca, che ha concesso il benestare all’iniziativa. Ma anche dalla Uefa, che per controllare la situazione ha inviato dalla sede centrale di Nyon, in Svizzera, la norvegese Karen Espelund. Una scelta non casuale. La Espelund, ex giocatrice di calcio, è stata la prima donna a fare parte dell’esecutivo Uefa. L’entusiasmo del pubblico l’ha subito contagiata: «Togli un po’ di testosterone e l’atmosfera diventa un’altra», ha dichiarato durante un meeting Uefa a Cipro ai taccuini dell’agenzia Associated Press. Ora la Uefa potrebbe esportare il modello-Fenerbahce anche in altre realtà europee. Per il momento, una cosa è certa: la squadra turca dovrà giocare un’altra partita a porte chiuse, perché la squalifica era di due turni. E visto il successo, l’esperimento verrà ripetuto.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter