Il timore di non incontrare il favore degli investitori nell’ambito dell’aumento di capitale da 900-1.200 milioni di euro ha convinto la Banca popolare di Milano a mettere mano alle proprie regole di governo societario.
La natura cooperativa non è in discussione, ma l’istituto presieduto da Massimo Ponzellini ha indicato come riferimento strategico l’«attuazione di una governance che separi chiaramente la gestione manageriale dal controllo azionario». Verso quale modello societario si vada non viene detto esplicitamente, ma fonti interne alle banca, così come il dibattito in corso da settimane, indicano il sistema dualistico come un approdo probabile. Questo sistema di governo societario si articola fra consiglio di sorveglianza, quale organo di controllo e rappresentanza dei soci-azionisti, e consiglio di gestione, nominato dal primo e composto da manager. In questo modo si spera di superare o quanto meno arginare le storiche interferenze dei dipendenti-soci e dei loro sindacati nella gestione della banca. La tempistica di massima prevede la definizione della nuova governance nel cda di martedì 27 settembre, la convocazione dell’assemblea straordinaria entro fine ottobre e l’aumento di capitale subito dopo.
Solo dopo il varo della riforma (entro settembre) e l’approvazione da parte dell’assemblea (ottobre), si dovrebbe dar corso all’imponente ricapitalizzazione, nella speranza di invogliare così gli investitori a partecipare. Ancora qualche giorno fa, la Banca d’Italia aveva ribadito la necessità di procedere quanto prima all’aumento. Ma pare che, di fronte alle condizioni difficili dei mercati in queste settimane e al timore di andare incontro a un flop nelle adesioni all’aumento di capitale, la Vigilanza abbia concesso una dilazione, in cambio però di una modifica della governance per separare nettamente gestione e proprietà. Oggi, a Piazza Affari, Bpm è stata in testa ai rimbalzi del settore bancario, guadagnando l’8,35% 1,363 euro per azione.
Le riforme, a lungo attese dal mercato, dovrebbero incontrare anche il sostegno dei dipendenti soci,che da molti decenni esprimono la maggioranza del cda e che solo ora sembrano convincersi della necessità di una svolta. Questa mattina in un’intervista a Linkiesta, Alessandro Dall’Asta, presidente degli Amici Bpm (l’associazione dei dipendenti-soci), ha dichiarato che «non c’è preclusione a un modello che risolva definitivamente il problema della separazione fra proprietà e gestione». E se Dall’Asta si è mostrato possibilista verso l’ingresso del banchiere Matteo Arpe, ipotesi di cui si parla da giorni sulla stampa, il cda di Bpm ha smentito l’esistenza di trattative o contatti. «Relativamente a quanto pubblicato sui media nelle ultime settimane con riferimento a possibili cordate di investitori istituzionali nonché all’ingresso di nuovi manager/azionisti – si legge in un comunicato diffuso al termine del cda di ieri – il consiglio di amministrazione comunica che tali notizie sono, per quanto di sua conoscenza, prive di fondamento». Parole che non è chiaro se implichino una chiusura nei confronti di Arpe. Probabilmente, ai vertici di Piazza Meda si cerca di prendere tempo. O, forse, si punta a far uscire allo scoperto il banchiere che, dopo l’esperienza in Capitalia, si è messo in proprio con la società di private equity Sator (tramite la quale ha rilevato Banca Profilo) e adesso guarda con interesse al rilancio della Popolare di Milano.
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