Gheddafi in fuga mentre gli Usa lasciano l’Europa sempre più sola

Gheddafi in fuga mentre gli Usa lasciano l'Europa sempre più sola

Nella notte di lunedì, nel deserto, un corteo lunghissimo avrebbe varcato il confine tra Libia e Niger. Fatto di 150 o 200 mezzi militari, si narra, che porterebbero con sé oro e denaro. Il tesoro del colonnello. Muammar Gheddafi, che fugge dalla Libia con i suoi ufficiali, la famiglia e i suoi fedelissimi seguaci, dopo aver preso con sé le risorse custodite nella banca di Sirte, raccontano. Il convoglio, o forse due, si muove nel centro del Niger, diretto verso Niamey, la capitale. Nel buio, sarebbe stato avvistato, Rhissa Ag Boula: per due volte ha guidato, in Niger ribellioni tuareg. È un amico di Gheddafi. E sono in tanti a dire che, in mezzo a quelle auto che attraversano il Niger, ci sia anche il raìs.

Per ora, sono solo voci. Seguite da smentite, anche categoriche. Lo stesso Ag Boula avrebbe riferito alla France Press di non essere nel convoglio. In modo assoluto. E, stando a quanto sostiene il ministro degli esteri del Niger, Mohamed Bazoum, nemmeno Gheddafi sarebbe lì. Avrebbe lasciato Bani Walid, sostiene un esponente dei ribelli Hisham Abu Hajar, almeno da tre giorni. Poi, sarebbe passato per Ghat, a oltre 900 km da Tripoli. E si muoverebbe con un convoglio, anche lui, di dieci mezzi, dormendo, da buon beduino, in tenda. In ogni caso, il Dipartimento di Stato americano avrebbe chiesto al governo del Niger di bloccare i fedeli di Gheddafi. E l’oro? Forse serve per pagare mercenari, o per comprarsi l’ospitalità. Forse per arrivare in Burkina Faso. Ma anche qui, la smentita è chiara: da Ouagadougou comunicano che, anche loro, sono firmatari del trattato di Roma, e, nel caso incontrassero Gheddafi, lo dovrebbero arrestare. Insomma, non si sa dov’è Gheddafi. Ma per molti l’unica cosa certa è che sia in fuga.

Nel frattempo, il 4 settembre, in Germania, l’ultima divisione militare americana abbandona l’Europa. A Wiesbaden, dopo una sobria cerimonia, i soldati della Prima Divisione Armata, che dal Nord Africa si era fatta strada fino alle Alpi, durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno lasciato la base. Ora, sul territorio europeo, sono in tutto 42.000 e, per il 2015, saranno 37.000. Effetto dei tagli alle spese per la difesa, uno degli argomenti che, ormai unisce tutte le forze politiche americane, dai Democratici ai Tea Party.

Ma non solo: le questioni sono geopolitico gioca la sua parte. E l’Europa, che ospitava truppe statunitensi dallo sbarco del D-Day, il 4 giugno 1944, non ha più bisogno del loro impegno militare. Di sicuro, la minaccia dell’Unione Sovietica, al momento, più che ridotta è inesistente. Restano solo quattro “Brigade Combat Teams” dell’esercito in Europa: tre in Germania e una in Italia, a Vicenza.

Già da tempo le dimensioni si erano ridotte: da 12.000 unità, a corpi di 3.500. E sembra davvero lontano il 1962, quando si toccò il picco di 277.000 soldati americani, per restare, fino agli anni ’90, sui 200.000. Insomma, insieme all’Iraq e all’Afghanistan, la vera ritirata delle forze statunitensi, più silenziosa e meno clamorosa, avviene in Europa. Un addio più importante.

Secondo quanto riporta il Global Post, le parole dell’ex Segretario alla Difes Robert Gates, non lascerebbero dubbi: «La cruda realtà è che al Congresso c’è poca voglia, e pazienza di spendere soldi preziosi – spiega – per nazioni che, a quanto sembra, non vogliono investire risorse, o attuare i necessari cambiamenti, per essere partner seri e affidabili per la loro stessa difesa». In altre parole, la presenza Usa in Europa fa comodo, agli europei, anche se non è molto chiaro da cosa si dovrebbero difendere.

In ogni caso, sono altri i lidi che chiamano i soldati americani. Ad esempio, il Pacifico, che anche se, al momento, intrattiene rapporti pacifici con l’Occidente, è sempre di più la priorità per la politica degli Usa. Lasciando sguarnita l’Europa, ma non solo. Cambiare abitudini non sarà semplice. L’avventura libica, non ancora conclusa, dimostra tutto il disinteresse americano per la questione, e il suo disimpegno. La vicenda, allora, resta tutta sulle spalle di Paesi che, in questioni militari, hanno sempre fatto affidamento all’alleato americano. Anche contro la loro volontà. Resta da capire cosa succederà.

E, di fronte all’addio di migliaia di soldati, che tornano nella base di Fort Bliss, in Texas, il pensiero su dove sia Gheddafi e su chi ci fosse, davvero, su quel convoglio che di notte ha attraversato il deserto libico, diventa sempre di più inquietante. 

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