In questi ultimi vent’anni, in Italia, si è fatta largo l’idea che senza eroi non si possa sopravvivere. Che per la scelta di ruoli (politici) di una certa importanza non ci si possa sottrarre alla storia patria, ritornando indietro nel tempo e ripescando nel baule delle vecchie e care nostalgie le persone che farebbero al caso nostro (anche al caso dell’Italia?). L’ultima vicenda proprio in ordine cronologico è quella di un magistrato importante, dalla storia importante: Gian Carlo Caselli. L’ex procuratore di Palermo negli anni 1993-1999, oggi ha 72 anni.
È nato addirittura un movimento sul web, con tanto di raccolta di firme e pagina Facebook, per trascinarlo con la forza della Rete sino alla poltrona più importante di Palermo, quella di sindaco. Il movimento si chiama «Senza Ombra di Dubbio», e il titolo vi chiarirà immediatamente sulle convinzioni d’acciaio che animano i sostenitori del Procuratore. Si parla di «una persona senza ombre, di un magistrato (con la M maiuscola) che non abbia legami con la politica e con ambienti discutibili, un uomo libero che possa lavorare senza subire il ricatto di partiti e padroni, l’uomo giusto per determinare la rinascita di Palermo». Caselli si è detto “inorgoglito” dall’iniziativa e non ha chiuso del tutto la sua porta, consapevole però di «una questione anagrafica».
Questa faccenda di Caselli non può non richiamare alla memoria il padre di tutti gli eroi moderni italiani: Romano Prodi. Che nell’immaginario del popolo democratico rappresenta il punto di massima sintesi tra la sapienza politica, la capacità di coesione, e la dimensione vincente di una personalità che è riuscita a battere il Tiranno in un paio di occasioni. Ammettiamo tranquillamente che siano condizioni irripetibili, vero, nessuno all’infuori del Professore ha mandato in bianco Berlusconi, per cui c’è anche da comprendere l’afflato sincero che in ogni momento di difficoltà (e ce ne sono a bizzeffe) il centro-sinistra oppone alla tristezza dominante. Su questo soffice tappeto di considerazione, che lo ha portato addirittura a essere considerato il migliore di tutti i sindaci possibili per la sua Bologna, Romano Prodi ci ha gigioneggiato un po’, orgoglioso di cotanta udienza e in fondo colpito da un’adulazione non pelosa. Anche se non ha mai offerto sponde praticabili. Ma è proprio tutto vero: in questi anni il popolo della sinistra è stato intimamente convinto che lui fosse l’unico che poteva ancora mandare sotto il Cavaliere.
E questo è esattamente il problema: possibile che in Italia, e soprattutto all’interno del centro sinistra, non ci si riesca a sottrarre all’ineluttabilità di un certo destino, che porta a riconsiderare sino allo sfinimento politico sempre e solo le stesse persone? Che magari ci hanno dato molto, moltissimo. Ma il cui richiamo ossessivo della memoria suona anche un po’ offensivo rispetto al progredire naturale dei mondi, delle idee e dei progetti.
Ma per tornare un attimo alla vicenda Caselli. I sostenitori della Rete che vorrebbero riportarlo a Palermo, questa volta nel ruolo di sindaco, lo considerano a buon diritto un magistrato integerrimo, che in Sicilia ha lasciato una traccia profonda, quindi un bagaglio più che sufficiente per indicarlo come la migliore opzione possibile per il governo (non giudiziario) della città. Questo meccanismo-automatismo dà l’impressione di essere un filo sbilanciato, perché da una parte sembra non contemplare la possibilità che anche altri soggetti della società palermitana siano «integerrimi» (ricordiamolo, Caselli è un piemontese alessandrino), e dall’altra – forse – non contempla l’idea, questa sì più politica, secondo cui un magistrato che, appunto, è stato «integerrimo», non è esattamente la persona più adatta per un ruolo del genere, in cui la mediazione (magari alta, luminosa, e priva di nefandezze, ma pur sempre mediazione) rappresenta la sintesi distintiva di quello specifico lavoro.
Insomma, possibile che la società civile, la società del lavoro, dei mestieri, la nuova Confindustria senza pizzo, le rappresentanze giovanili, possibile che a Palermo non riescano a esprimere persone serie, capaci, perbene, senza dover ricorrere agli eroi di primavere lontane?
Viene da pensare, maliziosamente, che gli italiani vogliano vivere soltanto sul sicuro. Protetti da sicurezze antiche, senza rischiare nulla. Come piccolo gioco di redazione, proprio ieri ci siamo posti il dilemma applicato, stavolta, a Milano: ma se i milanesi, senza indicazioni dei partiti, avessero potuto scegliere autonomamente un candidato, chi avrebbe prevalso nel cuore dei cittadini (di centro sinistra)? Probabilmente, guardate un po’, l’ex Procuratore di Milano, Francesco Saverio Borrelli, un altro «integerrimo», un altro magistrato, un altro eroe del passato.
La politica serve proprio a questo, come cerniera di collegamento tra esigenze diverse, istanze diverse. Sempre che la politica sappia fare, e non s’affidi a una platea di dilettanti allo sbaraglio. L’ultima tornata amministrativa, sotto questo cielo è stata una dolorosa caporetto. Scelte sbagliate, alle volte demenziali, hanno portato i cittadini a ribellarsi alle indicazioni di partito. Pisapia è un piccolo miracolo, suo e di chi lo ha scelto. De Magistris siamo lì. I cittadini si sono ribellati e questo è un buon segno. Ma quando scelgono loro, perché tornano sempre agli eroi del passato?