Viva la FifaL’isola dei Cassintegrati finisce, la disoccupazione resta

L’isola dei Cassintegrati finisce, la disoccupazione resta

«Mio padre era uno dei 160 cassintegrati della Vinyls di Sassari. Per questo ho deciso, assieme ad altri ragazzi, di aiutare lui e i suoi colleghi a farsi sentire». Dal coinvolgimento personale all’’Asinara Revolution’ è passato un anno e mezzo. In mezzo ci sono stati Facebook, un blog, un reality. E ora il libro, chiamato appunto Asinara Revolution, che racconta la storia della prima grande protesta lavorativa italiana legata al web. Michele Azzu, sassarese emigrato a Londra, assieme a Marco Nurra (sardo con domicilio in Spagna) ha dato voce agli operai dell’industria chimica Vinyls, che nel febbraio dello scorso anno protestarono contro la chiusura della fabbrica sarda occupando l’ex carcere dell’Isola dell’Asinara. Per avere spazio nei media nazionali e raccontare soprattutto la propria condizione non da un punto di vista sindacale ma umano, il 25 febbraio hanno creato un reality, ‘L’Isola dei Cassintegrati’. Il giorno dopo, l’iniziativa aveva già un gruppo su Facebook, creato da Azzu e Nurra rispettivamente da Londra e Madrid. Era solo l’inizio della ‘Rivoluzione 2.0’, della protesta che nasce in rete e sfocia nelle piazze.

Michele Azzu è in Italia, reduce dalla protesta che ha portato il gruppo dell’Isola dei Cassintegrati e di altri lavoratori senza occupazione da quasi due anni – dalle operaie dell’Omsa di Faenza agli impiegati di Aiazzone di tutto il Paese – a sfilare Roma. A Linkiesta racconta com’è nata l’Asinara Revolution. «Quando abbiamo aperto il gruppo, Facebook era molto diverso da com’è ora. All’epoca si trattava di uno svago, di un semplice mettere dei ‘mi piace’ a link o video divertenti. Appena saputo del reality, l’obiettivo mio e di Marco era quello di trasformare i ‘like’ in un qualcosa di più concreto. La costruzione del blog, che seguisse passo passo dell’Isola dei Cassintegrati, è stata la naturale evoluzione di quest’idea». Fondamentale, nello sviluppo del blog e del reality è stato l’apporto di Marco Nurra, che aveva lavorato come informatico per il Grande Hermano, il Grande Fratello spagnolo. «Assieme a lui abbiamo dato voce agli operai auto-reclusi. Avevamo bisogno del supporto dei media nazionali e siamo arrivati fino ad Anno Zero, in prima serata sulla Rai. E ora a fine agosto è uscito il libro, che rappresenta una sorta di ponte tra quelli che potremmo definire ‘gli erasmus della rete’ sparsi in tutta Europa accomunati dalle esperienze degli Indignados e la condizione lavorativa degli operai».

Il reality live dall’Asinara si è concluso. La stessa cosa non si può dire dei problemi lavorativi dei suoi protagonisti. Che aspettano di sapere che fine farà la Vinyls. Nel corso dei mesi, due colossi del settore chimico (uno svizzero e uno arabo) hanno presentato delle offerte per rilevare l’azienda, salvo poi ritirarsi. «I due gruppi sono spariti e non sappiamo il perché. Tre mesi fa, a Roma, si sono riuniti il ministero dello Sviluppo, gli Enti locali sardi e l’Eni per firmare un accordo sugli stabilimenti della Vinyls – spiega Michele Azzu -, che prevede di trasformare la produzione da Pvc a materiale fotovoltaico. Tutto bello, ma il problema è che l’accordo non indica date precise e soprattutto non si sa quali costi comporterà. Ciò che noi temiamo è che gli impianti restino chiusi per sempre e che non si farà nessuna riconversione. E gli operai, che fine faranno?».

Il fallimento della Vinyls rappresenta uno dei grandi tracolli dell’economia italiana ai tempi dell’ultima crisi. La Vinyls Italia è l’unico produttore di Pvc nel nostro Paese. La sua assenza, oltre a provocare un trend negativo nella trasformazione italiana di Pvc (dalle 860mila tonnellate del 2008 alle 730mila tonnellate del 2009), ha avuto come conseguenza la perdita del posto di lavoro per 160 persone, ovvero 2,95 milioni di euro l’anno di stipendi per 4500 famiglie. La chiusura dell’impianto di Porto Torres provocherà anche quelli degli stabilimenti di Marghera, Mantova, Ferrara e Ravenna. Ed è notizia del 19 settembre che gli operai rimasti in servizio a Porto Torres sono entrati in stato di agitazione. Secondo una nota del segretario provinciale dell’Ugl Chimici Sassari, Simone Testoni, «l’azienda ha avviato dei lavori all’interno dello stabilimento che non sono dovuti ad esigenze di sicurezza o di manutenzione. La nostra preoccupazione è dunque che, senza informare né gli operai né i sindacati, si stia procedendo allo smantellamento degli impianti. Infatti, il direttore non è stato in grado di fornire seri chiarimenti sulla reale natura di questi interventi».

Ma non solo Porto Torres, nella Rivoluzione 2.0. Le 71 operaie dello stabilimento di Faenza della Omsa, storica marca italiana di filati, sono in attesa di una risposta sul loro destino lavorativo dal 2009, anno in cui la crisi del settore tessile ha portato i dirigenti Omsa a optare per la delocalizzazione. Ovvero: chiusura dell’industria faentina, spostamento della produzione in Serbia e cassa integrazione da marzo 2010. L’ultima estate è trascorsa senza nessuna novità. E nella stessa condizione ci sono i 2000 lavoratori del gruppo telefonico Agile-Eutelia andato in crack, gli operai della Tacconi Sud (che produce gomma e articoli tecnici) da 3 anni in cassa integrazione. E la incredibile situazione della fallita ditta di mobili Aiazzone, con i suoi dipendenti costretti ad andare in giro camuffati per evitare l’ira dei clienti che hanno pagato le caparre e non si sono visti recapitare a casa nulla per cui avevano pagato.

L’esercito dei lavoratori che vogliono farsi sentire, a Roma, si è allargato, come spiega ancora Michele Azzu. «Lo scorso 10 settembre abbiamo incontrato i lavoratori del Teatro Valle. Da circa tre mesi lo stanno occupando, per protesta contro i tagli alla cultura. Tra loro ci sono attori, registi, tecnici del mondo dello spettacolo. Con loro vorremmo lavorare ad un nuovo evento, per aiutarli a farsi sentire. Non è sempre facile però coordinare tutte le forze in campo. A Roma siamo scesi in piazza con il Popolo Viola, ma quando arriva l’autunno ‘caldo’ molti protestano per avere solo visibilità. La prossima volta correremo da soli». Nel futuro del blog ‘L’Isola dei Cassintegrati’ ci sono svariati progetti, oltre a quello con i lavoratori del Teatro Valle. In cantiere c’è la partecipazione a Working Capital, un progetto targato Telecom Italia che dal 2009 promuove l’avvio di startup per nuove aziende fatte di talenti nel settore di internet. Un modo per sostenere i lavoratori protagonisti del blog. E i proventi del libro? «In questo senso abbiamo voluto essere molto chiari, spiegandolo nella quarta di copertina di Asinara Revolution. Abbiamo avviato il progetto su Facebook a costo zero. Ma ora il blog assorbe gran parte delle nostre vite e ha bisogno di risorse. Il libro servirà per auto-finanziare il progetto, per fare sì che possa continuare». 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter