Ma l’Europa accelera: governi più deboli, sanzioni più rapide

Ma l'Europa accelera: governi più deboli, sanzioni più rapide

BRUXELLES – Il drammatico peggioramento della crisi finanziaria ha sortito un effetto di cui si parla poco, ma che invece è importante: l’accordo tra Parlamento Europeo e Consiglio (che rappresenta gli stati membri) sulla nuova governance economica rafforzata – chiamata anche “six pack” (QUIuna scheda su come funziona il six pack) – sembra essersi nettamente avvicinato, anche se non è ancora formalmente raggiunto. E questo, soprattutto sul punto che teneva tutto il negoziato in sospeso: il meccanismo sanzionatorio per gli indisciplinati sul fronte del bilancio. Decisiva per la svolta è stata la Francia, che finora si era impuntata per conservare saldamente in mano ai governi lo strumento sanzionatorio.

Attualmente, qualsiasi raccomandazione della Commissione a sanzione di uno sforamento, ad esempio, della fatidica soglia del deficit al 3% del pil, deve essere approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata, cioè 258 voti su 345 (con Italia, Francia, Germania e Regno Unito ciascuno con 29 voti, 27 la Spagna e la Polonia, e via dicendo a secondo della popolazione). Basta poco, insomma, a creare una minoranza di blocco, come è in effetti successo più volte. La nuova governance vuole ribaltare la situazione con poteri maggiori per Bruxelles, rendendo estremamente difficile ai governi creare alleanze per fermare una procedura. Alla fine, Parigi si è ammorbidita dopo un’estate di passione sui mercati finanziari e gli accorati appelli di Bruxelles e Francoforte.

Se davvero passerà il testo attuale (che dovrebbe essere votato in assemblea plenaria dal Parlamento europeo l’ultima settimana di settembre) in caso di accertata infrazione, il Consiglio Ue potrà bloccare la raccomandazione sanzionatoria della Commissione solo a maggioranza qualificata, all’inverso di quanto accade oggi (e infatti si parla di maggioranza qualificata “invertita”), rendendo difficilissimo a uno stato sotto accusa trovare i numeri per bloccarla. Non basta: l’eventuale blocco dovrà avvenire entro 10 giorni, altrimenti la raccomandazione sarà automaticamente adottata aprendo la strada al meccanismo sanzionatorio.

Più delicato, spiegano fonti diplomatiche a chi scrive, è il ramo preventivo (rafforzato dalla nuova governance), quando cioè la Commissione ritiene che uno stato membro sia avviato verso uno sforamento, che però ancora non c’è, e chiede misure per rimediare. In questo caso, almeno allo stato attuale dei negoziati, la raccomandazione dovrà essere approvata, ancora, a maggioranza qualificata. Il compromesso aggiunge però una seconda “tappa”: anche in caso di “bocciatura” da parte del Consiglio, entro un mese la Commissione potrà ripresentare la raccomandazione, e qui allora basterà una maggioranza semplice per dire sì.

I diplomatici, tuttavia, esortano alla prudenza prima di parlare di accordo concluso, come invece hanno fatto nei giorni scorsi vari leader dell’Europarlamento. Per ora in effetti la presidenza polacca dell’Ue non ha ancora presentato una bozza di compromesso, altre discussioni sono previste nei prossimi giorni. Tanto più che restano aperti altri punti, come l’inclusione del surplus commerciale nella valutazione dei conti pubblici, idea che non piace affatto alla Germania. Controversa anche la richiesta degli europarlamentari di poter convocare ministri delle Finanze di paesi inadempienti a dare spiegazioni in aula. Il clima di grande incertezza e i crescenti timori che si respirano a Bruxelles per il futuro dell’eurozona fanno però ritenere non troppo probabile una nuova vera impasse, superato il nodo cruciale del meccanismo sanzionatorio.

Del resto, il commissario agli Affari economici Olli Rehn e il presidente della Bce Jean-Claude Trichet hanno più volte esortato Parlamento e Consiglio a trovare in fretta un accordo, per il commissario «elemento essenziale» di una risposta alla crisi. In effetti approvare la nuova governance – che include tra l’altro un più stretto coordinamento delle politiche di bilancio degli stati membri, sanzioni anche per squilibri macroeconomici e falsificazioni di dati statisti, nonché l’obbligo di una correzione pari a un ventesimo l’anno della quota di debito pubblico eccedente il 60% del pil – non sarebbe una rivoluzione, ma almeno un segnale di buona volontà ai mercati.

COME FUNZIONA IL SIX PACK

  • La nuova governance economica dell’Ue, chiamata anche “six pack”, punta a rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e di bilancio degli stati membri, e la supervisione e il controllo della loro disciplina, dopo la magra performance dell’attuale patto di stabilità e crescita.
     
  • La Commissione assume un ruolo centrale nelle sanzioni, con meno possibilità per gli stati membri di bloccare le procedure. Viene rafforzato il ramo preventivo con raccomandazioni stringenti agli stati a giudizio di Bruxelles avviati verso uno sforamento del tetto del 3% del deficit eccessivo. Per chi abbia già sforato, è previsto l’obbligo di versare un deposito non fruttifero pari allo 0,2% del Pil. In caso di persistente inadempienza il deposito si trasformerà in vera e propria ammenda.
     
  • Il “six pack” prevede anche l’obbligo di correggere eccessivi squilibri macroeconomici nei vari settori, per i quali saranno fissate soglie di riferimento. In caso di mancata azione di correzione, scatta una prima ammenda pari allo 0,1% del Pil, che sale allo 0,3% in caso di persistente inadempienza.
     
  • Dure sanzioni anche per chi – come ha fatto la Grecia per entrare nell’eurozona – trucca i conti: gli stati per i quali saranno riscontrate scorrettezze sul fronte delle statistiche e delle cifre comunicate, si può arrivare a un’ammenda dello 0,5% del Pil
     
  • Più attenzione, inoltre, per il debito eccessivo. I paesi che hanno un’esposizione superiore al 60% del Pil, dovranno provvedere a una riduzione pari a un ventesimo della quota eccedente ogni anno per tre anni.
     
  • Tra le nuove misure di governance economica da segnalare – anche se non fa parte del “six pack” – c’è poi il “Semestre europeo”. Da ora in poi gli Stati membri e la Commissione discuteranno parallelamente le riforme strutturali, le misure di sostegno della crescita e la sorveglianza sui bilanci. Queste discussioni avverranno a livello UE ogni anno da gennaio a giugno.

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