“Napolitano non può sciogliere le Camere”

“Napolitano non può sciogliere le Camere”

L’Italia non sta bene, e sembra che non starà bene a lungo. Ma la medicina, secondo molti, c’è: mandare a casa il governo, cambiare legge elettorale, ritornare alle urne e riprendere con un nuovo governo. Magari migliore. Per farlo, però, si deve cominciare dal primo punto, forse il più complicato: chiudere in anticipo la legislatura.

Come si può fare? Con la sfiducia, sembra impossibile: Berlusconi i numeri in Parlamento ce li ha, e sono sufficienti. Trovare una maggioranza alternativa, invece, è un lavoro logorante e difficile e soprattutto lungo. In queste ultimi giorni, allora, la soluzione che si profila assume sempre di più i noti contorni del Presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano dovrebbe compiere un gesto coraggioso: sciogliere le Camere per il bene del Paese. Ma può? La questione è complessa.

«C’è un’accesa discussione tra i costituzionalisti», spiega a Linkiesta Augusto Barbera, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Bologna. «I miei illustri colleghi hanno aperto un dibattito interessante». Ma, chiarisce, «al momento mi limito a esporre la dottrina classica, cioè quella che spiego ai nostri studenti, è la seguente». E cioè? «Secondo l’articolo 89 della Costituzione, nessun atto del Presidente della Repubblica può essere valido, se non viene controfirmato dal ministro competente». A dire il vero, sottolinea, la Carta recita “proponente”. Ma nel tempo la dottrina ha preferito un’interpretazione più ampia: così, per “proponente” si può intendere, senza problemi, “competente”.

Sembrano questioni di lana caprina, sottigliezze da azzeccagarbugli. Non è così: «Il Presidente della Repubblica, nel sciogliere le Camere, compie un atto che va controfirmato», continua il professore. E da chi? «In questo caso, dal Presidente del Consiglio. È il Primo Ministro ad essere competente per queste cose». Dunque, per sciogliere le Camere ci vuole l’accordo tra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio: Napolitano e Berlusconi. «Esatto: è un concorso di volontà. In linguaggio tecnico, si parla di atto duumvirale». Composto, cioè, dall’azione di due uomini. «Proprio così. E negli ultimi cinquant’anni, quando si è voluto sciogliere le Camere, l’atto è sempre stato firmato dal Presidente del Consiglio. Sia chiaro: purché non fosse stato sfiduciato». La tradizione, la prassi, non lasciano dubbi. Senza il assenso di Berlusconi, Napolitano non può sciogliere le Camere. E Berlusconi l’assenso sembra proprio che non lo voglia dare.

Nel dibattito, però, c’è chi non la pensa così. «La mia tesi è del tutto minoritaria, direi isolata, in dottrina», premette Ernesto Bettinelli, ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Pavia: «ma, secondo me, il Presidente della Repubblica gode di un potere pieno e non condizionato». Che significa? «Secondo l’articolo 87, il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale. Ecco: nella mia interpretazione, “rappresenta” implica anche il declinare i sentimenti, i problemi, le esigenze di un Paese».

E quindi, continua, «secondo l’articolo 88, il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere, (o una sola) previa consultazione con i presidenti delle stesse». Consultazione che, però, non sarebbe vincolante. «Obbligatoria sì, perché lo impone la Carta. Ma la decisione finale spetta a lui solo, e non deve essere condivisa necessariamente con altri poteri». L’articolo 89, però, sembra limitare il potere del Presidente «ma solo perché ogni atto va controfirmato dal ministro proponente.

In questo caso non c’è nessun ministro. Al Presidente spetta un potere, come dico io, in assoluta “solitudine”». È un ruolo di garanzia, che, però «possiede poteri oggettivi, non solo moral suasion».

Eppure, Giorgio Napolitano questo potere sembra non volerlo esercitare «Lo ha detto con chiarezza: il governo continua se c’è la fiducia della maggioranza, e si interviene solo se c’è una crisi di numeri», conclude il professore. Il Presidente della Repubblica, a quanto sembra, vuole mantenersi nel solco della tradizione, rispettare la prassi, seguire l’interpretazione maggioritaria. E non sciogliere le Camere senza la firma del Presidente del Consiglio. Che, in questo caso, è un Silvio Berlusconi che non ha nessuna intenzione di lasciare. 

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