Penati: “Con Serravalle ho arricchito la Provincia”. Ecco la nostra analisi dei conti

Penati: “Con Serravalle ho arricchito la Provincia”. Ecco la nostra analisi dei conti

Avere la maggioranza della Milano Serravalle «era un nostro obiettivo fin da quando la Giunta provinciale si è insediata». Nel 2005 la Provincia di Milano compra dal costruttore Gavio una quota del 15% della società autostradale e Filippo Penati promette la rivoluzione in quella che aveva definito «una società allo sbando, un vermicaio», dove molti dirigenti non rispondono alla proprietà. L’allora presidente della Provincia immaginava un «polo autostradale milanese e lombardo che comprenda la stessa Serravalle, la Pedemontana e la Tem», con l’ambizione di diventare il terzo per dimensione in Italia.

È notizia dell’altro ieri che Penati è indagato per concorso in corruzione nel filone dell’inchiesta della Procura di Monza relativa all’operazione Serravalle. Detto in breve, e senza scendere troppo nei dettagli delle intercettazioni e delle contabili bancarie, la tesi dell’indagine è che il prezzo venne gonfiato per permettere il pagamento di una tangente – il tutto all’interno di un sistema politico-affaristico rodato dai tempi in cui l’esponente, ora sospeso, del Partito democratico era sindaco di Sesto San Giovanni, e in quella gestì la riqualificazione urbanistica di aree industriali dismesse.

Se anche così fosse stato – lo stabilirà un tribunale – Penati, però, non mentiva nel dire che la Serravalle fosse un vermicaio che proliferava grazie all’assenza di un chiaro indirizzo strategico e di una gestione efficiente, ai contrasti fra i soci (7 presidenti nei quattro anno precedenti) e ai conflitti di interesse con il socio privato, il gruppo Gavio. Occhio e croce, venti milioni di euro l’anno buttati via. Vogliamo ripristinare le regole, aggiunse. Già, ma quali regole?

La prima regola di una società per azioni è che il socio di maggioranza comanda. Perciò, Penati nomina il nuovo consiglio di amministrazione della Serravalle: l’amministratore delegato, che già nel precedente assetto era di nomina provinciale, resta Massimo Di Marco, per la presidenza la scelta cade su Giampio Bracchi, allora vicepresidente di Banca Intesa.  Cioè, l’istituto che aveva finanziato l’acquisizione del pacchetto di Gavio. L’arrivo delle truppe provinciali in Serravalle è in grande stile: ottenuta la maggioranza, viene nominata una pletora di ventuno consiglieri. Nel 2006, anno prima dell’era Penati in Serravalle, costano 1,5 milioni di euro. Non è da meno il collegio sindacale, di cui fa parte Antonio Franchitti, un professionista il cui nome ricorre spesso nel vortice di incarichi, incontri, operazioni dell’era Penati. Per i cinque sindaci in quell’anno si spendono 429 mila euro (incluso il compenso aggiuntivo deliberato dall’assemblea in sede di approvazione del bilancio). Più di quanto nello stesso esercizio avessero percepito i cinque sindaci – per fare un esempio significativo, dal punto di vista delle dimensioni di gruppo – di Banca Intesa. Tre milioni se ne vanno poi per consulenze e prestazioni professionali. Gli interventi a servizio dell’autostrada costano 8,5 milioni (sgombero neve, verde, servizi vari). Il tasso di assenteismo è del 10,36% in aumento rispetto al 2005 (9,9%), mentre l’automazione dei caselli è ferma al 53 per cento. I dipendenti sono 644, con un costo medio unitario di 52mila euro.

L’andazzo è questo, e non cambia nemmeno dopo, se non per l’effetto indotto dalla Finanziaria 2007 che mette un tetto all’affollamento dei cda delle società controllate da enti pubblici e agli stipendi dei vertici. Ma, per così dire, a saldi invariati: il gap di efficienza è elemento di continuità con le gestioni precedenti, quelle che avevano portato la società allo sbandoNel raffronto con i concorrenti vengono persi circa 20 milioni di margine operativo lordo. Le regole di Penati non sono sono in grado di dare una regolata ai conti della concessionaria. I costi operativi per singolo chilometro in Serravalle sono di circa 480mila euro nel 2006, saliti di 50mila euro rispetto all’anno precedente, e vengono previsti in 600mila nel medio termine. Gli altri operatori del settore ne spendono 400mila per chilometro. Pesano i costi di manutenzione della rete: vedi alla voce Gavio, il costruttore che aveva permesso alla Provincia di raggiungere la maggioranza, guadagnando una plusvalenza di 179 milioni. E che resta tuttavia nell’azionariato, ottenendo buona parte degli appalti. «Per ogni commessa ci sono gare, più regolare di così…», è la spiegazione che Bruno Binasco, lo storico braccio destro del costruttore Gavio, ha dato di recente al Corriere della Sera. Nel periodo 2006-2008 vengono effettatuati investimenti per 201 milioni, recuperando i ritardi degli anni precedenti; nel 2009 ammontano invece a 42 milioni contro una previsione di 74 milioni.

E il progetto del “terzo polo autostradale”? Non pervenuto. Cioè: le proposte arrivavano, ma la Giunta non ci sentiva. Qui, però, bisogna fare un passo indietro per ricordare che l’acquisizione del pacchetto ceduto da Gavio era stata fatta tramite la Asam spa, una holding controllata dalla Provincia, sulla quale era stato caricato il debito contratto con Intesa (circa 240 milioni, poi sceso intorno a 200, grazie a un aumento di capitale). Nella Asam erano state conferite anche le azioni già possedute dall’ente (per un totale del 53%), con l’intenzione di fare della società la “holding delle infrastrutture per la mobilità” della Provincia di Milano. A presiedere la società, già alla fine del 2005, era stato chiamato Giulio Sapelli, professore di Storia economica nell’Università statale di Milano, studioso del mondo cooperativo e dei sistemi economici-sociali territoriali, già presidente della multiutility emiliana Meta (attualmente, è anche socio e blogger de Linkiesta).

La corrispondenza epistolare fra la holding, la Asam di Sapelli, e la Giunta di Penati è un monologo senza risposta. Tutte le proposte restano sulla carta, bloccate dall’azionista pubblico: dal cambio del cda, con il licenziamento dell’amministratore delegato Di Marco, al taglio dei costi della Serravalle, dall’introduzione di un controller nella concessionaria alla fusione tra questa e Asam per abbattere almeno i costi gestionali. Lo studio preliminare per l’installazione di 48 impianti fotovoltaici ad energia solare nelle scuole, per un costo di 5 milioni di euro – sollecitato dall’assessorato all’Edilizia scolastica – passa, ma viene affidato poi a una società privata al costo di 7,2 milioni. Asam riesce però rinegoziare il debito con Intesa, e nonostante il 2006 fosse un periodo di tassi in salita, strappa una riduzione dello spread pagato sull’Euribor trimestrale (da 0,65% a 0,45%). L’idea di un ente di scopo senza fini di lucro non trova ascolto, e nemmeno la proposta del settembre 2006 di rilevare un terzo del capitale di Metroweb. Eppure il cda di Asam, nel quale c’erano almeno un paio di personaggi i cui nomi risuonano oggi nell’inchiesta della Procura di Monza (Giordano Vimercati e Giancarlo Saporito), approva tutto.

Penati, alla fine, risponde, ma con i fatti: a fine giugno 2007 cambia lo statuto di Asam e avoca alla Provincia «le funzioni di indirizzo strategico, di direzione e di coordinamento sulla società e sulle società da esse controllate, ivi compresa l’indicazione di tutti i rappresentanti nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali». Il messaggio è chiaro. Poco dopo viene chiesto un progetto per reperire nuove risorse finanziarie e ridurre l’indebitamento. Nei due anni che vanno dal blitz su Serravalle a luglio 2007, gli interessi pagati a Intesa ammontano a 19 milioni di euro.

L’idea del “progetto Asam” – stando ai documenti che Linkiesta ha potuto consultare – è di separare le attività di natura privatistica (Serravalle e Sea), mettendole in una società di nuova costituzione (newco), nella quale fare entrare un nuovo socio. Nella newco sarebbe stato conferito anche il debito, lasciando Asam senza indebitamento finanziario. A quel punto un operatore specializzato avrebbe potuto rilevare il 20% per un importo stimato fra 135 e 150 milioni, partecipando poi a un aumento di capitale riservato di 100 milioni, fino ad arrivare al 30% della newco. La maggioranza (70%) della newco sarebbe rimasta in mano ad Asam, che oltre ad azzerare il debito si sarebbe ritrovata in cassa 135-150 milioni. Da investire, veniva ipotizzato, nella costruzione della metrotramvia Milano-Desio-Seregno, per la quale erano stati già sentiti gli enti locali interessati. La newco, con il 53% della Serravalle e una quota  del 14,6% in Sea, avrebbe avuto alla fine un debito netto di 80 milioni, rispetto ai 185 milioni che in quel momento erano in capo ad Asam. Ricapitolando: Asam senza debiti, liquidità di 135-150 milioni e il 70% della newco; la newco con un debito più che dimezzato rispetto a quello fatto da Penati per comprare la quota di Gavio e il controllo della Serravalle. Ovviamente, la presenza di un socio istituzionale avrebbe comportato un cambiamento radicale nel mondo in cui giravano gli affari dentro e intorno alla concessionaria che gestisce l’autostrada Milano-Genova.

Era un progetto velleitario? Chissà. Linkiesta ha verificato che, nell’estate 2007, il creditore Banca Intesa (che vantava un pegno sul pacchetto Serravalle) aveva valutato l’operazione e l’aveva ritenuta fattibile. Soprattutto c’era l’interesse del fondo F2i di Vito Gamberale, che proprio in quei giorni veniva autorizzato dalla Banca d’Italia. Per inciso, F2i è lo stesso fondo – partecipato fra gli altri dalla Cassa Depositi e Prestiti (Tesoro) –  che in questi giorni è in trattativa per il 18,6% della Serravalle posseduto dal Comune di Milano, e che proprio in seguito alla scalata penatiana  è stato fortemente svalutato. La tempistica? Nel “progetto Asam” di Sapelli, fra delibere, scelta dell’advisor, passaggi formali, data room, gara e closing, si stimava di concludere tutto entro aprile 2008.

L’unica cosa che però venne conclusa, non senza veementi polemiche in consiglio provinciale e sui giornali, fu l’esperienza di Sapelli in Asam. Il 5 ottobre 2007 si dimisero quattro su sette consiglieri con l’obiettivo di far decadere l’intero consiglio. Oltre alla coppia Vimercati e Saporiti, assecondarono il diktat che arrivava dalla Provincia anche il rappresentante della Lega, Franco Almerico, e quello dell’Udc, Marcello Tajani. Alla luce di tutto questo, la rivendicazione che Penati fece quando concluse l’affare con Gavio diventa una domanda in attesa di risposte, non solo giudiziarie. Perché la Serravalle era un loro obiettivo «fin da quando la Giunta provinciale si è insediata»?

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(prima pubblicazione, 10-09-2011)

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