Chi, dopo una più o meno lunga esperienza nel mondo degli affari, volesse, per dirla con Berlusconi, scendere in campo, si deve (o dovrebbe) scontrare con la disciplina del conflitto di interessi nel momento in cui non volesse rinunciare, in parte o del tutto, a ciò che ha creato nella sua vita precedente. La possibilità di prendere decisioni su questioni pubbliche che possono portare a vantaggi privati rende meno credibile l’attività di governo. In generale, impedisce serenità nella ricerca del bene pubblico. In particolare, può anche diventare un danno per la libera concorrenza. Sulla questione, gli Stati Europei si comportano in modi diversi e agiscono con procedure proprie.
In Francia, non esiste una normativa organica. Ma la posizione dei principi è chiara ed emerge dal combinato disposto di alcune norme fondamentali. La prima, è l’articolo 23 della Costituzione: «Le funzioni di membro del Governo sono incompatibili con l’esercizio del mandato parlamentare , delle funzioni di rappresentanza professionale a carattere nazionale, di ogni impiego pubblico o attività professionale». La distinzione tra membri del Governo e del Parlamento serve a salvaguardare l’indipendenza dell’esecutivo e di porlo al di fuori del dibattito parlamentare. Le altre disposizioni, invece, parlano chiaro: nessun impiego pubblico o attività professionale. E la cosa viene regolata dalla Ordinanza 58 1099 del 1958, in cui si specifica che il divieto prende vigore a un mese dalla nomina (periodo in cui, però, il membro del Governo deve astenersi dal voto). Non solo: per sei mesi dopo il termine del mandato elettorale, il membro del Governo non può prendere parte a impieghi o incarichi che vadano in conflitto con la sua precedente attività di governo. Per concludere, a due mesi dall’insediamento, i membri del governo devono presentare una dichiarazione patrimoniale, che venga vagliata da un’apposita commissione che verifichi l’assenza di possibili elementi di conflitto con l’attività di governo.
In Spagna, la normativa è rigida. Il principio è scritto dalla Costituzione, del 1978, all’articolo 98, al comma terzo. Viene fatto divieto ai membri del Governo di esercitare «altre funzioni rappresentative che quelle connesse al mandato parlamentare». Vietata «qualsiasi altra funzione pubblica che non derivi dal loro incarico né qualsiasi attività professionale né commerciale». Nessun altro incarico, dunque. Lo sancisce anche la Ley 5/2006: esclusività assoluta per tutte le alte cariche del governo. E la cosa va a colpire anche i parenti, consanguinei e non: figli, conviventi, coniugi e parenti, non possono possedere partecipazioni dirette o indirette superiori al !0% in imprese con rapporti di contratto con la pubblica amministrazione. Per evitare favoritismi e influenze nelle decisioni politiche. I membri dell’esecutivo, inoltre, dovranno, al momento dell’elezione, presentare dichiarazione del proprio patrimonio (come in Francia). Se venissero ravvisate situazioni di incompatibilità, il membro dell’esecutivo è tenuto a risolvere il problema entro tre mesi dal suo insediamento. Con un blind trust, ad esempio. Se questo non avvenisse, sarebbe interdetto da qualsiasi incarico pubblico per un periodo che va da 5 a 10 anni. Di fatto, perderebbe la carica.
Anche in Germania c’è incompatibilità, ma la situazione presenta alcune caratteristiche proprie. La Costituzione (Grundgesetz) tedesca non è equivoca. All’articolo 66, recita: «Il Cancelliere federale e i ministri federali non possono esercitare nessuna altra funzione pubblica remunerata, nessuna professione o mestiere, così come non possono far parte né della direzione, né, senza l’approvazione del Bundestag, del consiglio di amministrazione di una impresa con scopo di lucro» Un principio ribadito con la legge del 5 dicembre 1997. Esclusività per i membri dell’esecutivo (ma con la possibilità di alcune, sporadiche deroghe) rispetto ad altri impieghi. E, per definire il tutto, anche l’obbligo di riferire dei donativi ricevuti in quanto membri del Governo, che si riserva l’impiego. Il punto debole della legge tedesca, segnalato da diversi studiosi, è che non prevede alcuna possibilità sanzionatoria. Si è parlato, al riguardo, di lex imperfecta. In generale, il giudizio sul conflitto d’interesse spetta al Presidente Federale, che compone il Governo. L’obbligo del rispetto della legge è immediato alla nomina. Perciò, il Presidente deve valutare con attenzione i profili dei possibili futuri membri del governo prima del loro insediamento, e chiarire se sussistono eventuali conflitti.
Paese a Common Law, la Gran Bretagna, non ha una normativa specifica sulla questione. In generale, chi volesse scendere in campo qui, avrebbe da fare i conti con un regolamento etico, racchiuso nel Ministerial Code of Conduct and Guidance on Procedure for Ministers.adottato dal Cabinet Office nel 2001. Sono tre i principi di riferimento: selflessness, cioè i detentori di cariche pubbliche devono agire soltanto per il bene pubblico, integrità, cioè l’astensione da obblighi economici verso enti esterni che possno avere influenza sul governo, e l’onestà: il politico deve dichiarare ogni privato interesse che possa essere correlato alle cariche pubbliche. Al paragrafo 113, viene messo in evidenza un principio basilare. Spetta ai ministri assicurare che non si ponga nessun conflitto tra la propria azione di governo e gli interessi privati. Lo scopo, dichiarato al paragrafo 119, è proprio di non precludere l’ingresso al Governo di soggetti dalla grande esperienza nel campo dell’impresa, ma disciplinare il problema del conflito d’interessi. Insomma, l’analisi e la responsabilità spetta al ministro che, di volta in volta, potrà decidere quale soluzione adottare nel caso si presentasse un problema di questo genere. Per farlo, po’ chiedere consulenza al Permanent Secretary, presso il Cabinet of Office. O, nei casi più controversi, rivolgersi al Primo Ministro. Se dunque non c’è impedimento, permane una forte moral suasion. Nel caso si palesasse un esempio di conflitto d’interessi, sarà compito del governo stabilire se accettarlo o imporre ai ministri di lasciare ogni carica pubblica.
Infine, gli Usa. Anche qui, non esiste una legge specifica. Per quanto riguarda il potere esecutivo, la linea è dettata dal regolamento dell’Office of Government Ethics. Il principio, però, è la prevenzione. Chi volesse scendere in campo in America sarebbe tenuto a fare tre cose. In primo luogo, rivelare le proprie attività patrimoniali superiori a 1.000 dollari, nel massimo del dettaglio e sottoporle al vaglio dell’Oge. Per evitare la possibilità di conflitti di interesse, ha l’obbligo di specificare le modalità con le quali avrebbe intenzione di procedere. Se l’esame dell’Oge dovesse individuare stuazioni di conflitto, può indicare le possibilità per risolverle. Dalla ricusazione, all’abbandono del patrimonio. Fino all’affidamento a un blind trust. Il principio della responsabilità non vale per Presidente, Vicepresidente e Giudici federali. Il loro compito viene considerato di tale importanza pubblica da essere comunque prevalente rispetto al potenziale conflitto con interessi privati. Questo, però, non impedisce, come prassi, l’utilizzo, da parte del Presidente, di un blind trust da Jimmy Carter in poi.
In sostanza, la presenza del conflitto d’interesse viene risolta in due grandi modalità: o si interviene alla radice, imponendo per legge una esclusività dell’incarico pubblico e incarico privato, oppure ci si affida alla responsabilità del singolo. Per non precludere l’accesso a individui dal passato imprenditoriale, ma stabilendo criteri diversi ma validi per il mantenimento dell’interesse pubblico.