«Caro Sindaco, il comitato direttivo ha deciso di indire per giovedì 15 settembre la giornata nazionale di protesta contro la manovra economica che si realizzerà attraverso la riconsegna al prefetto e al ministro dell’Interno delle deleghe in materia di anagrafe e stato civile e chiusura simbolica de relativi uffici (…). Questa decisione così forte è stata assunta all’unanimità da tutto il comitato direttivo ed è la prova dello stato di profondo disagio che oggi i sindaci e gli amministratori locali di ogni color politico stanno vivendo». Suona così la comunicazione inviata dal segretario generale dell’associazione comuni (Anci), Angelo Rughetti, agli oltre ottomila sindaci italiani. La più grande manifestazione antigovernativa realizzata in questo Paese – quella destinata a produrre più danni all’immagine del governo – sta per essere celebrata nell’apparente silenzio generale.
Silenzio e anche stupore. Già, perché ad aver lanciato questa massiccia contestazione, comprendente anche lettere aperte dei sindaci ai loro concittadini, non è l’Anci egemonizzata dai sindaci “rossi”, quella dei tempi dell’allora primo cittadino di Firenze Leonardo Domenici, bensì un’organizzazione che vede attualmente al vertice due figure con un profilo nettamente legato al centro destra: Osvaldo Napoli, parlamentare Pdl e presidente pro tempore, e Gianni Alemanno, sindaco di Roma e maggiorente della destra del partito di Silvio Berlusconi.
Sono loro ad aver permesso il via libera, a quanto pare senza colpo ferire, ad una simile mobilitazione. La sinistra all’interno dell’Anci – nonostante il forte ridimensionamento degli ultimi anni – ha ancora un ruolo decisivo all’interno degli organismi di via dei Prefetti, ma non avrebbe potuto ottenere lo stesso risultato se Alemanno e Napoli si fossero opposti. E dunque, perché costoro non l’hanno fatto? Da un lato perché la stretta ulteriore imposta ai comuni sta ancor di più saldando quel vincolo di solidarietà reciproca che da sempre vige tra comuni, anche se di diverso colore politico. Dall’altro lato perché ad inizio ottobre a Brindisi i sindaci italiani saranno chiamati a scegliere il loro nuovo presidente, ovvero ad eleggere il successore di Sergio Chiamparino e fino a primavera sembrava scontato che costui dovesse essere un uomo legato al Pdl, visto che il centro destra rappresenta all’incirca il 50% dei comuni e che soprattutto tenuto conto del fatto che – nonostante la sinistra fosse in minoranza tra le regioni – al vertice della conferenza delle regioni era stato confermato il bersaniano Vasco Errani.
Poi però c’è stato – politicamente parlando – il diluvio universale. Il Pdl ha perso Milano, Napoli e Trieste in un sol colpo. E la sinistra ha ricominciato a sperare nella presidenza dell’Anci. E, forse, non soltanto sperare visto che il Pd ha in pista addirittura due candidati: Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, e Michele Emiliano, primo cittadino di Bari.
I dirigenti del Popolo della Libertà si interrogano al momento su due ipotesi: andare “alla conta” congressuale e tentare di vincere la partita con la sinistra ai punti – un gioco più che mai rischioso, ma possibile – oppure scegliere il ruolo di king maker indicando la propria preferenza per l’ex margheritino Delrio e avvantaggiarsi delle sistematiche divisioni del Partito democratico.
Un conto, però, è quel che pensano Alfano e gli uomini del coordinamento nazionale di via dell’Umiltà. Altra cosa sono le aspirazioni di Osvaldo Napoli e Gianni Alemanno: nell’ipotesi in cui il centro destra riesca a spuntarla, a confermare con un accordo o con la conta la presidenza, ciascuno dei due spera di farcela e per apparire più “credibili” agli occhi dei sindaci di Pd, Idv e Udc guidano entrambi la protesta contro Berlusconi e Tremonti. Una partita spregiudicata e rischiosa, almeno per le sorti della maggioranza: consentire l’agitazione di tutti i sindaci – i politici oggi percepiti come più vicini ai cittadini – indipendentemente dal loro colore politico, avvalorando l’idea che la drastica riduzione della spesa sociale dei comuni e il blocco dei lavori pubblici siano prodotti non dalla cattiva amministrazione locale dei sindaci, che incorrono nelle clausole di salvaguardia del patto di Stabilità, ma dai famigerati tagli di Berlusconi e del suo governo, rischia di travolgere una volta per tutte la maggioranza, saldando questo ulteriore fattore di malcontento con l’inquietudine sociale che monta giorno per giorno. E se alla fine il nuovo presidente Anci fosse Delrio o Emiliano? Allora Pdl e Lega si vendicherebbero, rimettendo in discussione la poltrona di Errani da presidente delle Regioni italiane. Roberto Cota e Renata Polverini si fregano già le mani.