«Prima il piacere e poi il dovere», ha detto, sorridendo, il ministro dell’economia Giulio Tremonti, alla terza giornata del 44esimo incontro nazionale di studi delle Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) a Castel Gandolfo., avente come tema del giorno “Il lavoro scomposto”. Una battuta che si riferiva alla partenza, alla fine del convegno, per Cernobbio. Per lusingare il pubblico. Un piacere e un onore, avrebbe aggiunto. Però le notizie che le Acli hanno diffuso piacevoli non erano.
Secondo i dati inediti del modello 730 del 2011, basati su oltre 1.300.000 dichiarazioni di dipendenti e pensionati, il reddito medio degli italiani sarebbe di 21.933 euro. Una cifra più alta dello 0,43% rispetto all’anno scorso, quando si aggirava sui 21.841 euro. Ma questo non significa che gli italiani siano più ricchi: a parità di potere d’acquisto, i redditi italiani perdono l’1,07%. Insomma, è proprio il contrario. Da un anno all’altro gli italiani hanno perso 234,74 euro, mangiati dall’inflazione. Tra tutti, va peggio ai dipendenti, che perdono 373 euro, non potendo godere, a differenza dei pensionati, dell’adeguamento automatico dell’inflazione.
La crisi ha colpito duro in tutta Italia, ma in modo diverso. Ad esempio, in Lombardia si registra il reddito medio più alto, che tocca quota 23.930 euro. Però qui si perde anche molto: l’1,48%, per la differenza del potere d’acquisto, e cresce solo dello 0,2%. Una situazione che lo studio dell’Acli definisce di «stagnazione». Tra le note positive si vede l’Abruzzo, che grazie agli effetti della ricostruzione, che iniziano a farsi sentire (e ai benefici concessi sul piano fiscale) aumenta il reddito dei prorpi cittadini del 2,15%, mentre, appena più a sud, il Molise vede decrescere la propria capacità d’acquisto del 2,72%. Disastrosa anche la situazione in Sicilia (-2,50%) in Campania (-1,83%) e in Valle d’Aosta (-1,23%). Per il resto, quasi in tutte le regioni si registra un calo, con l’eccezione del Trentino, che sale del 2,48%, mentre il reddito più basso, in termini assoluti, tocca alla Puglia: 16.763 euro. Poco di più in Basilicata, con 16.857 euro.
E si parla di media. Entrando nei dettagli, si vede che solo il 2% degli italiani dichiara più di 75.000 euro, mentre il 30% risulta sotto i 15.000. Sono cifre molto basse, ovviamente falsati da un’evasione fiscale record, su cui il ministro dovrà ragionare, anche per decidere eventuali correzioni alla manovra. Per questo, arriva l’appello del presidente delle Acli Andrea Olivero: «il Paese è in difficoltà, è evidente». In particolare sostiene Olivero, la riforma fiscale da attuare co la legge delega del governo deve porsi un obiettivo principale: «sostenere il reddito dei lavoratori e delle famiglie».
E, da qui, la denuncia contro i tagli alle detrazioni fiscali. La manovra fiscale prevedeva di eliminare gli sprechi in più settori, e tra questi c’erano le possibili detrazioni, un punto molto controverso su cui anche Olivero si sofferma: «nei prossimi anni, si rischia di tirare fuori ancora qualcosa proprio da queste tasche». Secondo i calcoli delle Acli, la situazione è grave. Hanno analizzato i dati delle detrazioni inserite dai contribuenti nella dichiarazione dei redditi (come familiari a carico e mutui o spese mediche e università dei figli), su cui il governo avrebbe previsto tagli del 5% per il prossimo anno e del 20% per quello successivo. Risultato: riducendo le detrazioni, ogni contribuente avrebbe un’imposta più alta, a testa, di 350 euro.
Alla denuncia di Olivero, Tremonti rassicura. La manovra sarà giusta. Del resto, all’inizio del convegno, aveva ricevuto gli applausi del pubblico, quando, vedendo uno striscione con la scritta «anche i ricchi paghino», aveva risposto: «sono d’accordo anche io». Le misure prese non andranno a colpire i più poveri. Al contrario, li favoriranno, perché non si parla di soli tagli, ma di una seria lotta all’evasione fiscale. Da qui, assicura, arriverà un gettito maggiore di quanto sarebbe arrivato in cassa con il contributo di solidarietà. Nel 2012 erano previsti 700 milioni, e nel 2013 1,6 miliardi. Ma, visto che la nostra evasione è enorme, anche il ricavato lo sarà.
E, sull’ipotesi di rendere pubblici i redditi, aggiunge Tremonti, si tratta di un’idea che va contro i finti poveri. Cioè chi, evadendo le tasse, si fa passare per nullatenente, dannenggiando, tra i primi proprio i poveri di cui hanno reso i dati le Acli. Una stoccata ali evasori. Un onore, per il ministro Tremonti, la presenza a Castel Gandolfo. Ma di sicuro non certo un piacere, prima di fuggire per il nord, alla volta di Cernobbio.