Il colonialismo light a forma di zucca che ci fa credere meno provinciali

Il colonialismo light a forma di zucca che ci fa credere meno provinciali

Su Halloween in Italia ormai s’è detto di tutto. «Una brutta resa al relativismo dilagante», ha cominciato Carlo Caffarra, cardinale di Bologna per voce del Corriere della Sera. Lo ha seguito, da Torino, l’arcivescovo Cesare Nosiglia, sostenendo che «Halloween faccia dello spiritismo e del macabro il suo centro ispiratore», in contrasto con la visione cristiana della morte. Anche a Roma, fanno sapere che la festa non è gradita. «Halloween? No, grazie», dicono nella parrocchia di San Giorgio ad Acilia. Il Movimento dell’Amore familiare organizza, per questi giorni, iniziative “contro”, intese, in realtà, come parte di una più generale battaglia contro la «scristianizzazione» del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Ma perché? L’usanza «importata da oltreoceano» non fa altro che «svilire il significato del primo novembre», spiegano gli organizzatori, che invocano «un divertimento sano» per i giovani, cioè senza zucche e vestiti da streghe.

Allo stesso modo il sito Blog Cattolici rifiuta e invita a rifiutarsi di festeggiare Halloween. «Non partecipate alle opere delle tenebre; piuttosto denunciatele», è lo slogan della campagna (che è poi una citazione del Vangelo). L’accusa però si appesantisce e Halloween, da festa, diventa «opera delle tenebre». Ma il massimo lo tocca don Alberto Pacini, rettore della Basilica di Sant’Anastasia sul Palatino spiegando che «per i satanisti Halloween è il corrispondente della Pasqua per noi cristiani». Addirittura. Una posizione, questa, non isolata nel mondo della Chiesa, anche se, a suo tempo, Padre Gabriele Amorth, ex presidente dell’Associazione Internazionale degli Esorcisti (insomma, uno che di Satana e satanismo se ne intende), aveva detto che «non c’è nulla di male se i bambini vanno in giro travestiti a chiedere dolcetti».

Lasciando da parte considerazioni sulle origini storiche della festa, che affondano le radici nelle tradizioni cristiane scozzesi e irlandesi (e non sono dunque pagane soltanto), e le rivendicazioni mantovane della festa delle lumere, la questione è un’altra. La strenua resistenza mostrata da gruppi sempre più isolati, ancorché autorevoli, lascia pensare che ormai Halloween sia un fenomeno, in Italia, di maggioranza. Se non coltivato, di sicuro tollerato o visto con indifferenza. Del resto, se non si temono contaminazioni con il demoniaco, non ci dovrebbero essere molti problemi. Perfino il presidente degli Stati Uniti Barack Obama la festeggia ogni anno alla Casa Bianca, con le sue bambine e le loro amiche.

Ma il punto è qui: perché festeggiare una ricorrenza non italiana? Solo perché la festeggiano gli americani? Sembra che funzioni così. Come spiegazione, si invoca spesso il business (nuova festa significa nuovi introiti) e il consueto provincialismo italiano, estraneo alle innovazioni. Sarà senz’altro vero. La tendenza al «tu vuo’ fa’ l’americano», l’input di telefilm d’importazione e chissà, forse perfino l’insegnamento dell’inglese nelle scuole, hanno giocato contro le salubri tradizioni italiane. È un peccato, ma pazienza. Come molte altre cose, passerà. Di sicuro, di questi tempi cupi, aver voglia di festeggiare è già tanto. Impedirlo, anche se con zombie e zucche, sembra quasi una cattiveria. Anzi, uno scherzetto maligno. 

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