La “Rinascita” tunisina e i diritti delle donne: sarà una primavera?

La "Rinascita" tunisina e i diritti delle donne: sarà una primavera?

A poche ore dall’annuncio dei risultati, ritardato a domani pomeriggio da un’affluenza record del 90%, le prime proiezioni del voto in Tunisia sembrano indicare un vincitore: il partito islamista El Nahda, «Rinascita». Nei seggi tunisini in Italia ha ottenuto il 51%, in patria (secondo le prime stime, diffuse dal partito stesso) per ora è attorno al 40%.

Per molti il partito della rinascita, apertamente confessionale, potrebbe rappresentare una marcia indietro nei diritti civili delle donne proprio in Tunisia, il primo paese arabo a vietare la poligamia e a introdurre l’uguaglianza tra i sessi con il Code de statut personnel del 1956, tuttora in vigore.
E se in queste prime elezioni dopo la rivoluzione le donne sono state numericamente molto presenti – il 45% degli elettori e il 50% dei candidati secondo la quota rosa prevista per legge – la loro rappresentanza nella futura Costituente si decide proprio in queste ore.

Souad Abdel Rahim, farmacista, è capolista di El Nahda nel seggio di Tunisi 2: unica candidata del partito a non indossare il velo, è il simbolo del volto moderato che El Nahda vuole a tutti i costi rappresentare. Bouchra Bel Haj Hamida, avvocato della corte di Cassazione di Tunisi e presidente dell’Associazione delle donne democratiche tunisine, è capolista del movimento laico e socialista Ettakatol nel seggio di Zaghouan, a 40 km dalla capitale. Le abbiamo incontrate per parlare dei diritti delle donne nella nuova Tunisia, che – sembra sempre più chiaro – avrà una maggioranza politica confessionale e conservatrice.

Con una quota di candidature del 50% e una forte affluenza al voto, la rappresentanza femminile arriverà anche alla Costituente?
Souad Abdel Rahim: «Nel nostro partito, che molti definiscono oscurantista, la quota del 50% è stata rispettata, abbiamo più candidate di molti altri gruppi e due donne capolista. Vedremo chi voterà la gente. Ma El Nahda ci sostiene».
Bouchra Bel Haj Hamida: «Alla Costituente arriveranno in pochissime. Con il nostro sistema proporzionale chi non è ai primi posti delle liste ha poche possibilità di essere eletto, e le donne capolista sono appena il 5%. Secondo un sondaggio della mia associazione, nei dibattiti elettorali sui media le candidate donne hanno avuto lo 0,51% dello spazio. E sono oggetto di campagne di diffamazione su siti web e gruppi Facebook che le denigrano e le minacciano nella totale impunità».

Quali sono i temi più importanti per le donne tunisine?
Souad Abdel Rahim: «L’accesso al lavoro. Formalmente tutte le donne hanno accesso al lavoro, ma in realtà ancora oggi molte restano a casa».
Bouchra Bel Haj Hamida: «La lotta alla prostituzione, all’emarginazione, alla povertà. E la rappresentanza politica, che va molto migliorata».

Una settimana fa una ragazza è stata rifiutata dall’università di Sousse perché indossava il niqab, il velo che lascia scoperti solo gli occhi. È giusto?
Souad Abdel Rahim: «Io non porto il velo, ma è una scelta individuale e va rispettata. Personalmente sono contraria a quello integrale: il volto serve per comunicare, non va nascosto».
Bouchra Bel Haj Hamida: «Una volta, con Bourguiba, il velo era proibito nell’amministrazione pubblica. Negli anni ci sono state molte concessioni in questo senso. Indossarlo è una scelta personale».

La Tunisia ha una legge tra le più avanzate del mondo arabo in tema di uguaglianza tra i sessi. Con la vittoria di El Nahda cambierà qualcosa?
Souad Abdel Rahim: «Siamo nel 2011, non possiamo tornare indietro. La donna tunisina è libera. Ma alla libertà ci vogliono dei limiti. E sono quelli imposti dal Corano. Noi siamo contrari ai matrimoni misti, alla libertà sessuale, alle unioni omosessuali e all’uguaglianza nelle eredità: secondo il Corano la donna non può ereditare i beni dei genitori defunti nella stessa proporzione dell’uomo. Noi siamo musulmani, e condividiamo questo precetto».
Bouchra Bel Haj Hamida: «Non dipende solo da El Nahda. Dipende da noi. Il rischio di fare un passo indietro c’è, ma ora siamo in democrazia: e in democrazia esiste l’opposizione. Starà molto a noi farci rispettare, mobilitarci, non accettare qualunque cosa. Dopo anni di oppressione non siamo abituati, specialmente le donne. Ma siamo pronte ».
 

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