Viva la FifaL’anno nero di Valentino: è l’inizio della fine?

L’anno nero di Valentino: è l’inizio della fine?

È il primo giro del Gran Premio del Giappone dello scorso 2 ottobre, Mondiale di Moto Gp. Il gruppo dei piloti affronta, compatto, una curva verso sinistra. Nelle prime posizioni c’è la Ducati di Valentino Rossi. Il gruppo entra in curva e ne esce con una moto in meno. Quella di Rossi, che rotola fuoripista, sulla sabbia, dopo un contatto con una Yamaha. La sua ultima corsa è durata meno di un minuto.

L’ennesima sfida di Rossi, per il momento, non sta portando i frutti sperati. Nel 2004 ‘Rossifumi’ (il soprannome gli deriva dalla sua ammirazione, nata agli inizi della carriera, per il pilota giapponese Norifumi Abe) passò dalla sella della forte Honda a quella meno vincente della Yamaha. Sembrò una mossa azzardata, da pazzi. Valentino veniva da tre titoli iridati con la casa di Tokyo: un sodalizio tecnico che avrebbe potuto rendere il pilota marchigiano imbattibile per chissà quanto tempo ancora. E invece Rossi, che un po’ ‘pazzo’ sempre lo è stato (vedi alla voce ‘esultanze’, dalla bambola gonfiabile tenuta sotto braccio al travestimento da Robin Hood) decise di non sedersi sugli allori e di buttarsi in una nuova avventura, con una moto che appariva nettamente inferiore alla Honda.

Alla vigilia della stagione 2004, Rossi convinse il suo team, tra cui il fido capotecnico australiano Jeremy Burgees, a seguirlo nella nuova sfida. In quella stagione, Rossi vinse il suo sesto mondiale in totale (compresi quelli nelle classi 125 e 250), tra lo sbigottimento degli avversari e il delirio dei suoi tifosi. Un successo replicato l’anno successivo. Dopo un’abbuffata di altri titoli iridati (il conto è fermo a 9), Valentino Rossi è salito in sella ad una moto italiana: la Ducati. Un sogno che si rinnovava, per i suoi tifosi: vedere il proprio idolo in sella ad una moto del nostro Paese, a più di 10 anni di distanza dagli esordi con la Aprilia.

Qualcosa però, a differenza dell’esperienza in Yamaha, non sta funzionando a dovere. I numeri, per Rossifumi, certo non sono lusinghieri:in 15 gare, una sola volta l’italiano è salito sul podio, in Francia. Rossi, nella stagione in corso, sta incontrando problemi nello sviluppo della sua Desmosedici, la moto che un giorno o l’altro potrebbe portarlo a vincere il decimo Mondiale. Un giorno che sembra lontano. Ma imputare le recenti mancate vittorie del campione di Tavullia alla moto sarebbe ingeneroso, quanto ingiusto. I problemi di Rossi risalgono alla scorsa stagione. Il 5 giugno del 2010, durante il Gran Premio d’Italia sul circuito del Mugello, Rossi con la sua Yamaha volò sull’asfalto, rompendosi tibia e perone. Un incidente grave, che gli costò l’assenza nelle tre gare successive e l’addio ad ogni ambizione iridata. Un infortunio arrivato dopo l’incidente nell’aprile dello stesso anno, quando si fece male ad una spalla cadendo mentre si allenava con la sua moto da cross.

Spalla più gamba uguale precauzione. Ovvero una sola vittoria dall’incidente del Mugello, il 10 ottobre a Sepang, nell’ultima gara del Mondiale vinto dallo spagnolo Jorge Lorenzo. Da quando ha esordito nella classe regina, nel 2000, questa si sta rivelando la peggior stagione di Rossi. Nello sviluppo della Desmosedici, Rossi è stato limitato fin dai primi test dai guai fisici, che stanno rendendo squilibrato verso Casey Stoner il confronto con l’ultimo pilota vittorioso al Mondiale in sella ad una Ducati. Confronto valido solo in parte: a livello tecnico, ogni stagione fa storia a sé. Ma è anche vero che Casey, in carriera, si è guadagnato il soprannome di ‘Rolling Stoner’. La sua voglia di rischiare, che a volte lo ha condotto a clamorosi fuori pista, una volta disciplinata, lo ha fatto arrivare in cima al mondo. Una voglia di rischiare che Rossi, al momento, non può permettersi. Per il momento, il record di un altro italiano, Giacomo Agostini (15 Mondiali in carriera) resta lontano 6 lunghezze.

L’entusiasmo dei tifosi di Rossifumi non è calato. A Pesaro, provincia di cui fa parte Tavullia, patria di Rossi, è stato presentato in anteprima ‘Febbre Gialla’, il documentario sui suoi fan. Giallo come il ‘colore ufficiale’ di Valentino, uno dei suoi simboli come il numero 46, che il campione porta sulla carena da sempre come il padre Graziano, anch’egli motociclista. Per loro, il record di Agostini non sarà mai troppo lontano. E se ha stupito con la Yamaha, Rossi può farlo anche con la Ducati. Non è la prima volta che Valentino conosce la crisi. Proprio con la casa giapponese, tra il 2006 e il 2007, Rossi non vinse il titolo, classificandosi rispettivamente secondo e terzo. Alla fine di questa stagione non manca ormai molto. Nella prossima, la precauzione dovrebbe lasciare il posto a quella fame che ha fatto di Rossi l’unico pilota al mondo a vincere in tutte e quattro le categorie. Se questo accadrà, il decimo alloro sarà davvero più vicino.

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