Mi consentoMa ora Renzi si candidi alle primarie

Ma ora Renzi si candidi alle primarie

Può piacere o meno, ma a Matteo Renzi un merito va dato, subito: aver smosso, e non poco, l’acquitrino della sinistra italiana. Un pantano da tempo passato in secondo piano, sovrastato dalle preoccupazioni per il piano inclinato su cui si è adagiato il nostro Paese e dalle condotte sempre più sciagurate del nostro presidente del Consiglio. Ma sotto la cenere qualcosa covava. E l’appuntamento fiorentino della Leopolda l’ha certificato. 

È bastata un’iniziativa politica di due giorni per mandare a ramengo l’ipocrita pax del centrosinistra italiano. Sono bastati qualche slogan e un po’ di idee per far saltare i nervi a Bersani e a Vendola. E riportare l’opposizione ad anni che sembravano perduti, cancellati dalla memoria. Col povero Prodi costretto, sul filo dei voti, a dover mettere d’accordo Turigliatto con Fioroni, senza trascurare l’ala minoritaria del Pd né minimizzare i maldipancia dei bertinottiani delusi.

Ma oggi è diverso. Il centrosinistra non è al governo. Ben venga la battaglia, quindi. Le amministrative hanno dimostrato che la sinistra vince le elezioni laddove la competizione per la candidatura è stata vera, con metaforico spargimento di sangue insomma. I due esempi più eclatanti sono Napoli e Milano che hanno partorito due outsider: de Magistris e Pisapia. Ben venga la battaglia politica, anche accesa, dura. La politica non è il taoismo. Attendere passare il cadavere del nemico sul letto del fiume non porta voti, è improduttivo. 

E Renzi lo ha dimostrato. Ha organizzato un’iniziativa politica, ha posto un problema, e ha provocato le reazioni stizzite di Bersani e Vendola. Il primo gli ha risposto per le rime senza nemmeno citarlo; il secondo gli ha dato del vecchio. Entrambi senza entrare nel merito, finendo – compreso Renzi – per attaccarsi utilizzando un linguaggio adolescenziale. Per giunta, leggiamo oggi sul Corriere della Sera, che il segretario del Pd starebbe addirittura pensando a primarie di fatto fittizie, con un unico candidato espresso dal partito. Dimostrando ancora una volta di non aver neanche lontanamente compreso che cosa stia avvenendo in Italia. Pensando di poter ancor decidere tutto nelle stanze delle segreterie, negli uffici politici. 

Per il bene del centrosinistra, invece, e del Paese, il Pd e le altre forze raccolgano la sfida di Renzi. Sì, sfida. Prima sul piano delle idee e della divulgazione dei propri progetti per l’Italia, e poi a suon di voti. Insomma, competizione. Una parola che per la sinistra italiana è come l’aglio per i vampiri. Basta col manuale Cencelli degli strapuntini, che da più di un decennio consente ai presunti leader del centrosinistra – quelli che “con questi non vinceremo mai”, come disse un mai troppo elogiato Nanni Moretti a piazza Navona nel 2001 – di spartirsi le briciole, mentre un altro uomo domina incontrastato il Paese.

Non siamo per il nuovismo a tutti i costi. I dubbi qui sollevati da Peppino Caldarola su Renzi sono più che legittimi. Il gioco di Renzi è fin qui troppo semplice: un po’ di Marchionne, amalgamato con Steve Jobs e una spruzzata di giovanilismo. Ma è giunta l’ora di confrontarsi. La litania delle dimissioni di Berlusconi sono ormai diventate un leit-motiv degli sketch comici, roba da far ridere persino un bambino di dodici anni. Le partite vanno giocate, non possono essere aggiudicate a tavolino. La sinistra non si rinchiuda nel solipsismo che l’ha condannata a una lunga serie di sconfitte.

E sia Renzi ad aprire le ostilità. Non può gettare nello stagno del centrosinistra la pietra della sfida e ritrarre la mano annunciando che non si candiderà alle primarie. Troppo facile, e soprattutto già visto. Rischi in prima persona. Lui, non Chiamparino. Faccia saltare il banco, oppure perda tutto. Altrimenti, vuol dire che questa due giorni gli sarà servita solo per aumentare la sua percentuale nel sopracitato Cencelli degli strapuntini. E allora, in questo caso, di nuovo ci sarebbe davvero poco. Solo un nome, la Leopolda: che infatti evoca più un film scollacciato anni Settanta che la nuova via del centrosinistra italiano.  

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