Viva la FifaOlimpiadi di Londra, porte aperte agli ex dopati

Olimpiadi di Londra, porte aperte agli ex dopati

Quella che sta per concludersi potremmo definirla, per il mondo dello sport, ‘la settimana delle sentenze choc’. Prima quella della Corte di giustizia dell’Unione Europea sui diritti tv del calcio. Ora è toccato al Tribunale d’Arbitrato Sportivo (Tas di Losanna) fare la rivoluzione. E non solo nel pallone. Dalla Svizzera arriva la clamorosa decisione: abolita la norma che vietava agli atleti che avessero scontato una condanna dai 6 mesi in su per doping di partecipare ai Giochi olimpici.

La decisione del Tas è arrivata dopo il ricorso presentato dalla squadra olimpica degli Stati Uniti contro la norma numero 45 della Carta olimpica redatta dal Comitato Olimpico Internazionale (Cio). Una norma che, d’accordo con l’Agenzia mondiale anti-doping (Wada), prevedeva l’esclusione dai Giochi per chi avesse ricevuto pesanti squalifiche per uso di sostanze vietate. “Non valida ed inapplicabile”, secondo il Tas. Come è possibile che il Tribunale, lo stesso che confermò la squalifica di due anni fino al 1° gennaio 2012 (estendendola anzi dall’Italia, Paese che aveva denunciato il fatto, a tutto il mondo) per il corridore spagnolo Alejandro Valverde, gli permetta poi di correre ai Giochi? La spiegazione del Tas sta tutta qui: secondo Losanna, non si può condannare due volte un’atleta per lo stesso reato, secondo quanto stabilito dalla articolo 23.2.2 della Wada. Se l’atleta ha già scontato la pena, ha diritto a tornare a gareggiare. “Ne bis in idem”, come si dice nel linguaggio giuridico. (Leggi la sentenza)

Un ‘pasticciaccio brutto’ che ridarà un palcoscenico a chi ha infranto il primo comandamento dei Giochi: “L’importante è partecipare”. Dopo aver scontato la squalifica Valverde, che al momento è costretto a vivere in Spagna, perché escluso dalle gare di tutto il mondo, la prossima estate potrà giocarsi l’oro con la propria nazionale lontano da Madrid. Lo stesso varrà per LaShawn Merritt, velocista americano oro ai Giochi di Pechino nel 2008 e recente vincitore nella staffetta 4×100 ai Mondiali d’atletica di Daegu, in Corea del Sud, dopo la squalifica di 21 mesi per uso di steroidi anabolizzanti. Proprio per farlo reintegrare, la squadra americana di atletica si era rivolta al Tas, per ribaltare la norma 45. Riuscendoci. E così via libera anche alla martellista russa Tatyana Lysenko, che nel 2009 ha finito di scontare una condanna di due anni per uso di Metandrostenedione, un ormone maschile che le fece ottenere nel 2007 il record del mondo, poi cancellato.

Sia chiaro: per Giochi olimpici non si intende la singola edizione di Londra, ma tutte le manifestazioni a cinque cerchi. Giochi invernali compresi. E allora, spazio anche alla tedesca Claudia Pechstein, pattinatrice e prima donna a vincere 5 ori olimpici, sospesa nel 2009 per due anni dopo che alcuni scompensi nei valori del suo sangue avevano fatto drizzare le antenne alla Wada. Il belga Jacques Rogge, presidente del Cio, si è detto «sorpreso e deluso dalla decisione, anche perché avevamo richiesto solo un parere consultivo. Il Tas lo abbiamo creato noi, quindi rispettiamola sua sentenza. Allo stesso tempo, proveremo a cambiare la norma nel codice Wada già a partire dal 2013».

L’illegittimità della norma 45 toccherà anche il nostro Paese. Pallanuoto e ciclismo gli sport interessati. Nella prima disciplina, nella quale l’Italia è fresca campione del mondo, si registra il caso di Andrea Mangiante. Dalle analisi effettuate tra il 2008 e il 2009 emerse che il suo rapporto testosterone/epitestosterone era più alto del consentito: due anni di squalifica, che finiranno il 4 luglio 2012. I Giochi di Londra inizieranno il 27 dello stesso mese e Mangiante potrebbe essere regolarmente convocato.

Nel ciclismo, invece, Federazione e Coni hanno intenzione di continuare sulla propria strada: no alla convocazione in maglia azzurra per atleti squalificati. I ciclisti che potrebbero rientrare per disputare i Giochi sono Davide Rebellin (argento a Pechino e positivo all’eritropoietina, il famoso Epo), Alessandro Petacchi (squalificato nel 2007 per assunzione di salbutamolo) e Danilo Di Luca (Epo al Giro d’Italia 2009). Tutti abili e arruolabili, per il Tas. Ma non per La Federciclismo italiana. Che per bocca del suo presidente, Renato Di Rocco, ha spiegato che non seguirà la linea di Losanna: «Le convocazioni per le Olimpiadi non le gestiamo noi ma il Coni. Se ci saranno ricorsi li affronteremo e vedremo, se avranno ragione altri ci adegueremo. Ma continuiamo a pensare che quello che è stato fatto dalla Federazione è la soluzione migliore. Nei criteri della Federazione ci sono parametri, valori da rispettare e resteranno».

La risposta del Coni non si è fatta attendere. Una risposta che è un appoggio all’intransigenza di Di Rocco. «Si può anche non vincere, ma avere un’immagine pulita come la nostra. Per questo non saremo certamente noi a dire a Di Rocco di tornare indietro», ha ribadito il presidente del Comitato olimpico italiano Gianni Petrucci. Correva l’anno 1998 quando, in ottobre, scoppiò lo scandalo dell’Acquacetosa, il laboratorio romano del Coni che, si scoprì, effettuava controlli antidoping fasulli. Il Cio revocò al laboratorio la licenza e gliela restituì un anno dopo, inaugurando una nuova fase che Petrucci ora ribadisce: «Il Coni è per la serietà e la coerenza. Noi andremo avanti con le nostre normative».

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