Per i guai del BlackBerry arriva la class action (in Canada)

Per i guai del BlackBerry arriva la class action (in Canada)

Appena qualche settimana fa, l’eterna guerra tra iPhonisti e blackberristi sembrava aver raggiunto uno snodo cruciale, tale da essere rinfacciato per chissà quanto tempo. In effetti non è stato un colpo da poco quello incassato dalla società Rim, produttrice degli smartphone BlackBerry. Dall’11 fino al 14 ottobre si sono verificati una quantità di disservizi che mai prima gli utenti RIM avevano avuto modo di registrare.

I tre giorni di blocco totale hanno causato il momentaneo (ma estremamente dannoso) mutismo dei cellulari: né invio, né ricezione dati. Un problema non esattamente trascurabile, appurato che il BlackBerry, per eccellenza, è il telefono “business” più utilizzato al mondo. Il completo blackout ai servizi fu rivendicato, qualche giorno dopo, dagli hacker di Anonymous; il video caricato su Youtube, tuttavia, non presentava alcuno dei classici simboli che il gruppo di pirati informatici utilizza per contraddistinguere il proprio operato online. La stessa RIM, si preoccupò di smentire le voci e ad attribuire piuttosto la causa del guasto ad un problema tecnico di fondamentale importanza a livello di infrastruttura.

Quei tre giorni infernali – specie per chi lavora quotidianamente con lo smartphone e necessita del pieno funzionamento di servizi quali mail, internet e messaggistica istantanea – sono però tutt’altro che dimenticati. Alle proteste degli utenti che hanno minacciato di passare in massa alla concorrenza, si aggiunge una nuova class action che parte proprio dal Canada, sede della multinazionale Research In Motion (RIM). I consumatori canadesi hanno presentato una istanza di tutela collettiva presso la Quebec Superior Court, con l’appoggio della consulenza offerta dalla compagnia Consumer Law Group Inc., specializzata nel supporto dei consumatori in caso di procedure legali a fine risarcitorio.

Le scuse pubbliche via etere (e web) del Ceo di RIM, Mike Lazaridis sono state giudicate del tutto insufficienti. E se le giustificazioni per lo stop ai servizi non hanno convinto gli utenti BlackBerry, men che meno le compensazioni proposte sono riuscite a placare gli animi: 100 dollari da spendere in applicazioni “premium” per tutti i clienti con scadenza 31 dicembre e un mese di assistenza gratuita. Sta di fatto che all’azione legale intentata dai consumatori canadesi, si è immediatamente accodata quella dei possessori statunitensi. L’accusa depositata presso la corte suprema del Quebec, punta il dito contro RIM, colpevole di essersi sottratta ai suoi doveri di risarcimento danni.

Piccola nota a margine: la class action intentata contro l’azienda produttrice dei BlackBerry, è la dimostrazione di come oltreoceano sia più facile per i consumatori coordinarsi al fine di citare in giudizio grandi aziende che si sono rese colpevoli di disservizi potenzialmente dannosi, come in questo caso. Tuttavia, anche in Italia qualcosa sembra attivarsi in questa direzione: la Unc (Unione Nazionale Consumatori) e Codacons, stanno proprio in queste ore chiedendo agli operatori italiani un indennizzo volto a favorire i possessori di smartphone BlackBerry. Nel caso in cui richieste saranno rifiutate, non è escluso che le due associazioni possano intentare anch’esse una vera e propria class action. Non contro la multinazionale canadese, bensì contro quegli operatori telefonici italiani a cui è corrisposto un canone – settimanale o mensile – di abbonamento ai servizi con rete Bis (BlackBerry Internet Service).

Il blocco di 72 ore, secondo una stima molto verosimile, avrebbe coinvolto circa 40/50 milioni di utenti sui 70 totali sparsi per il globo. Una class Action è stata formalizzata anche in Gran Bretagna ed Emirati Arabi, dove tuttavia i due operatori (Emirates Telecommunications ed Emirates Integrated) hanno già assicurato ai clienti un risarcimento. Da RIM, ancora nessun commento ufficiale. Stando alla BBC, pare che la multinazionale canadese non abbia ancora ricevuto la comunicazione ufficiale delle azioni legali, ribadendo tuttavia che «risponderanno formalmente sul merito quando sarà necessario». Proprio poche ore fa, un analista di “Informa Telecom & Media” ha dichiarato che, stando alle loro stime approssimative, potrebbe cadere su RIM una richiesta di risarcimenti pari a 18 milioni di euro complessivi. Certamente non una grande cifra, se comparata con le attuali entrate.

Il danno più grande, come prevede l’analista, è quello legato all’immagine dell’azienda: «Potrebbero volerci anni per risanarlo. Se fossi al posto di RIM, mettere immediatamente fine alla questione risarcendo rapidamente tutti gli utenti che hanno subito danni». Dagli analisti americani di JP Morgan Chase, arrivano però dati ben diversi. RIM rischierebbe infatti un conto ben più salato da saldare, attorno ai 100 milioni di dollari. Oltre ai costi di mero risarcimento per gli utenti, infatti, saranno gli altri aspetti ad incidere sul prezzo finale: danni d’immagine che richiederanno investimenti immediati per la ricostruzione e spese legali per le probabili cause giudiziarie intentate dai consumatori. La bufera si abbatte sul colosso tecnologico proprio nel momento meno adeguato.

Anche prima della bufera legata al blackout, la condizione di RIM era a dir poco di stallo: poca innovazione nei prodotti più recenti immessi sul mercato, meno vendite rispetto alle stime e valore delle azioni ridotte dal 60%. Unico aspetto positivo della storia, con amara ironia: durante il blackout di servizi, in molto Paesi è stata registrata una riduzione sensibile degli incidenti stradali.

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