L’approvazione definitiva della manovra non ha prodotto una significativa riduzione dello spread, ovvero del premio per il rischio richiesto dai mercati per sottoscrivere le emissioni di titoli sul nostro debito pubblico rispetto ai tassi richiesti sui titoli di debito tedesco, francese, persino spagnolo. Questo insuccesso è stato certificato dai due downgrading da parte di Standard and Poor’s il 20 settembre e di Moody’s ieri. Dall’approvazione dell’ultima manovra lo spread pagato sui BTP a 10 anni rispetto ai Bund tedeschi è rimasto stabilmente al di sopra dei 350 punti base, sfiorando in più occasioni quota 400. Forse è ancora più significativo notare che anche gli spread sulle emissioni a un anno hanno superato i 300 punti base, segno che le riserve degli investitori internazionali non si riferiscono soltanto alla sostenibilità di lungo periodo della nostra finanza pubblica, ma anche alla liquidità di breve termine del Tesoro.
L’entità del debito pubblico che deve essere rifinanziato nel prossimo futuro (VEDI INFOGRAFICA) è molto ingente. Nei quindici mesi fino alla fine del 2012, l’ammontare lordo delle emissioni è superiore ai 470 miliardi di euro. Anche senza prendere in considerazione il rollover dei BOT a 3 mesi, 6 mesi e 1 anno emessi nel periodo, si tratta comunque di almeno 380 miliardi da rifinanziare. Non bisogna dimenticare poi che a questi importi vanno aggiunte le nuove emissioni necessarie per finanziare il deficit, che dovrebbe attestarsi a circa 30 miliardi nel 2012.
Il profilo temporale delle emissioni previste è poi anche molto sbilanciato nella componente a più breve termine: ben 264 miliardi (oltre la metà del totale) sono infatti rappresentati da BOT, la cui durata massima è di un anno, mentre altri 46 miliardi sono costituiti da CTZ a 18/24 mesi. Questo elemento accentua la necessità di ripristinare in tempi rapidi l’affidabilità del nostro Paese sui mercati finanziari internazionali, dal momento che rende necessario rinnovare frequentemente tali emissioni: qualora gli spread non diminuissero, l’effetto sugli oneri del servizio del debito sarebbe rapido, pesante e diretto.
Queste cifre confermano anche un’altra fragilità che spesso non viene considerata, ossia la forte dipendenza del nostro Paese dagli acquisti da parte degli investitori internazionali per far fronte a questo fabbisogno. La capacità di risparmio degli italiani, infatti, per quanto ancora significativa, è in rapida flessione: secondo l’Istat, il tasso di risparmio in rapporto al reddito disponibile è appena superiore all’11%. In valori assoluti, il flusso annuale di risparmio è pari a circa 130 miliardi di euro (circa 160 miliardi in un arco temporale di 15 mesi): troppo poco quindi per poter sottoscrivere interamente il nuovo debito. Lo stock attuale è detenuto infatti in maniera sostanzialmente paritetica da investitori domestici e internazionali, quindi ipotizzando il pieno rollover dei titoli detenuti dai residenti italiani, sarebbero necessari almeno 190 miliardi per coprire le eventuali mancate sottoscrizioni da parte degli investitori esteri. In altre parole la strada del collocamento forzoso, a tassi di interesse contenuti e sostenibili per il Tesoro, non risulterebbe solo impopolare ma anche non percorribile proprio in virtù di un flusso di risparmio interno insufficiente.
È quindi imprescindibile per l’Italia poter continuare a contare sull’assorbimento dei mercati finanziari internazionali: in mancanza di provvedimenti volti a ricostituire la piena credibilità della nostra finanza pubblica – tramite il rigore, non meno che stimolando la crescita – i mercati continueranno a esigere spread più elevati rispetto a quelli del passato, con effetti perversi proprio sulla solidità dei nostri conti pubblici. Il mantenimento dei livelli attuali di spread al di sopra dei 300 punti base, avrebbe infatti un impatto di circa 8 miliardi di oneri aggiuntivi per il servizio del debito già nei prossimi 15 mesi e di circa 15 miliardi entro il 2014. Un aggravio che da solo potrebbe rendere necessaria una nuova, ed ennesima, manovra correttiva.
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